Costruire insieme il futuro di tutti: costruire con, non senza, e neppure soltanto per. Quindi oltre esclusioni e paternalismi. La provocazione di papa Francesco per la 108^ giornata mondiale del migrante e del rifugiato è forte e chiara: c’è bisogno dell’apporto di tutti per un futuro che sia davvero un buon futuro per tutti, e di un apporto che riconosca la dignità e il valore prezioso di ciò che ognuno, ognuna può portare. “Il Regno di Dio inaugurato da Gesù Cristo”, da un lato “senso ultimo del nostro «viaggio» in questo mondo (…), che troverà la sua piena realizzazione quando Lui tornerà nella gloria”, è però anche “già presente in coloro che hanno accolto la salvezza”, e richiede “un’intensa opera di costruzione nella quale tutti dobbiamo sentirci coinvolti in prima persona”. “Si tratta – prosegue il papa – di un meticoloso lavoro di conversione personale e di trasformazione della realtà,” per edificare “un mondo dove tutti possano vivere in pace e dignità”. E’ una prospettiva che è “essenzialmente inclusiva e mette al centro gli abitanti delle periferie esistenziali. Tra questi ci sono molti migranti e rifugiati, sfollati e vittime della tratta”. Afferma con decisione papa Francesco: “La costruzione del Regno di Dio è con loro, perché senza di loro non sarebbe il Regno che Dio vuole. L’inclusione delle persone più vulnerabili è condizione necessaria per ottenervi piena cittadinanza”. “Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati” comporta quindi, necessariamente, “riconoscere e valorizzare quanto ciascuno può apportare al processo di costruzione”, come singoli e come gruppi culturali e religiosi. Che sia dal punto di vista sociale e culturale, che si concretizzi nel sostenere filiere lavorative o classi scolastiche altrimenti a rischio, o nell’arricchire l’esperienza di comunità cristiane talvolta languenti, o nel confronto con prospettive religiose diverse, va man mano aperto uno spazio non solo esecutivo, ma certamente anche di elaborazione progettuale comune da condividere insieme con coloro che vengono da altrove. Altrimenti, lo ripetiamo, “senza di loro non sarebbe il Regno che Dio vuole”. Ma non sarebbe neppure possibile affrontare con efficacia le enormi questioni di questo nostro tempo: la sfida climatico-ambientale, una convivenza pacifica, i movimenti di popoli, gli squilibri demografici, la trasformazione energetica, l’accesso alle risorse, dall’acqua al suolo ai prodotti della terra…
Riflettendo su questa prospettiva che il papa ci offre in occasione della giornata mondiale, le comunità cattoliche di migranti presenti in diocesi hanno messo in evidenza alcune dinamiche e alcune considerazioni. Hanno fatto innanzitutto notare che il messaggio del papa conferma un impegno già presente da anni: il “lavorare con”, appunto. “Con” gli appartenenti alla stessa comunità, “con” le altre comunità di migranti, “con” le parrocchie della diocesi nelle quali sono ospitati per la celebrazione dell’eucaristia, “con” i percorsi diocesani, … L’animazione della messa dell’Epifania in cattedrale con il Vescovo, la partecipazione in alcune parrocchie alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, la partecipazione alla riflessione sinodale di tutta la Diocesi, il coinvolgimento in occasioni di socializzazione come la Festa dei popoli o altre iniziative locali … sono soltanto le situazioni più evidenti. C’è un lungo e quotidiano e diversificato impegno, pur fra contraddizioni e difficoltà, che ha come obiettivo l’interazione e che dà concretezza e forma all’integrazione. Nel quotidiano dell’esistenza: la partecipazione alle dinamiche della vita sociale, a partire dall’educazione dei figli e dal lavoro, fino alla proposta di occasioni di incontro in cui vengono valorizzate le proprie ricchezze culturali. Nel quotidiano del percorso religioso: la partecipazione ai cammini di iniziazione cristiana e alle relative celebrazioni, che coinvolgono i piccoli e le loro famiglie all’interno della parrocchia di residenza, la presenza della comunità di riferimento nella celebrazione in parrocchia di matrimoni, battesimi e funerali, la solidarietà in situazioni di bisogno …
E’ necessario rafforzare tutto questo.
Dopo le ferite della pandemia, che hanno costretto le comunità a ritrovarsi soltanto all’interno delle celebrazioni liturgiche e spesso con difficoltà, venendo da comuni diversi, si tratta di relazioni da ricostruire, progettualità da riprendere, in vista di un necessario cambio di mentalità della società diffusa, verso la prospettiva di un riconoscimento della dignità e delle capacità di ogni cultura, che vada oltre non solo il rifiuto, ma pure le accoglienze paternalistiche, che costringono le persone a rimanere di fatto escluse dai processi di costruzione del bene comune. Ma anche, ed è stato detto con forza, per non perdere tutti la comune umanità, messa a rischio dalla pandemia e dalle paure spesso agitate a sproposito nei confronti di coloro che vengono da altrove… Ciò chiede cammini impegnativi di reciproco riconoscimento.
La provocazione di papa Francesco cade in un contesto migrante che l’accoglie con riconoscenza, e chiede anche a tutte le altre comunità cristiane della Diocesi di aprire il cuore e la vita alle opportunità che il “costruire insieme” può apportare sia al comune cammino sinodale della nostra chiesa diocesana, sia alle impegnative prospettive che un contesto in rapidissimo mutamento ci pone di fronte. Sapremo rispondervi con responsabilità, sia come comunità cristiana, con l’impegno sinodale in cui siamo incamminati, sia come società civile, a partire dagli esiti della consultazione elettorale in atto?
don Bruno Baratto, direttore Migrantes diocesana, con le comunità cattoliche di migranti