A Quinto la messa in ricordo di mons. Antonio Marangon a un anno dalla morte. Rizzo: “Fu uomo autentico, maestro, presbitero e pellegrino”

Sabato 8 giugno, nella chiesa parrocchiale di Quinto, è stato ricordato il primo anniversario della morte di mons. Antonio Marangon, morto il 6 giugno 2023. A presiedere la celebrazione eucaristica mons. Giuseppe Rizzo, che ne ha ricordato la figura nell’omelia, sottolineando l’importanza del ricordo nella sua parrocchia di origine. Mons. Rizzo ha ricordato il servizio alla Parola che don Antonio ha vissuto per tutta la vita: biblista preparato, esperto ricercato, per lui “la Parola di Dio fu un’avventura dell’anima, una vera e propria vocazione, un segno indelebile che portò per tutta la vita, e che fece di lui un artigiano instancabile, un servitore della volontà di Dio di dialogare con le sue creature”. E “mentre egli dispensava la Parola, la Parola entrava progressivamente nella sua vita e la trasformava”, ha ricordato mons. Rizzo, che ha messo in luce, grazie alle letture della messa, le caratteristiche di don Antonio, uomo, maestro, presbitero e pellegrino. “La prima cosa che ci veniva incontro era la sua umanità, fatta di finezza, discreta e sobria”. E ricordando il “suo” docente in Seminario, mons. Rizzo, ha raccontato: “Noi attendevamo un insegnante di Sacra Scrittura, e don Antonio fu molto di più: non solo un professore aggiornato, un esperto della Bibbia, ma un maestro, che consegna se stesso, che testimonia la disciplina che insegna con la passione della sua vita. Spezzò il pane della Parola nelle occasioni più solenni, ma anche in quelle feriali; parlò ai Vescovi, intervenne nelle assemblee, portò il suo contributo nelle convocazioni ecclesiali nazionali e diocesane, in Italia e all’estero, dialogò con le istituzioni universitarie pubbliche, con le facoltà di teologia… Possiamo dire che aiutò la nostra Chiesa a realizzare il Concilio nel dare verità al primato della Parola”.
“Noi presbiteri trevigiani avemmo la grazia di sentirlo un presbitero, un fratello autorevole, sia come docente, sia come responsabile della nostra formazione permanente”, ha testimoniato don Giuseppe, ricordando anche il contributo di don Antonio alla fondazione della comunità monastica camaldolese diocesana, ora a S. Maria in Colle, a Montebelluna.
Don Antonio, infine, è stato un pellegrino. “La Terra Santa è stata vissuta da lui come un grande sogno, anzi come il felice approdo della sua vita, la sua patria interiore”, anzitutto negli anni dei suoi studi all’Istituto Biblico di Gerusalemme e, successivamente, nei pellegrinaggi guidati in oltre 50 anni. Gli ultimi mesi “furono un pellegrinaggio nel quale egli non era più la guida, ma il discepolo che, come Pietro, veniva condotto al significato ultimo della propria vita, fino al Sì definitivo al Signore”.