Sono stati molti i giovani che hanno voluto prendersi una serata, sabato 15 maggio, per riflettere e per pregare per le vocazioni, per la propria vocazione, durante la veglia diocesana. Lo hanno fatto insieme al Vescovo, presenti in cattedrale, ma anche collegati da diverse chiese della diocesi, “lasciandosi provocare dalla ricchezza della Chiesa, che nel suo grembo accoglie e genera una multiformità di vocazioni” ha sottolineato don Giancarlo Pivato, direttore del Centro diocesano vocazioni, don Paolo Slompo, direttore dell’ufficio di Pastorale giovanile, anche a nome di don Giancarlo Pivato, direttore del Centro diocesano vocazioni, le due realtà che hanno promosso la veglia. Giovani che si sono messi in ascolto dello Spirito e di alcuni fratelli e sorelle che hanno raccontato la propria storia.
A guidare la serata l’ascolto della lettera di san Paolo ai Romani che esalta la diversità delle vocazioni nell’unità dell’unico corpo in Cristo e come membra gli uni degli altri. E a rappresentare l’unità nella diversità o, come diceva il titolo della veglia, la “sinfonia” di Dio, le voci di quattro testimoni, tutti accomunati dalla passione per la musica. Ciascuno ha proposto una condivisione della propria ricerca vocazionale e un brano musicale suonato con strumenti diversi.
Don Mario Da Ros, parroco di San Leopoldo e Vetrego a Mirano, ha raccontato l’intuizione e poi la scoperta della propria vocazione, grazie ad esperienze di servizio in parrocchia e all’amicizia con alcuni seminaristi, tra il sogno di un mondo senza muri e il desiderio di camminare su strade di speranza, di fraternità, di unità, nella gioia per “una melodia che stava per manifestarsi e che non immaginavo potesse essere stata scritta per me”, nella coralità della Chiesa, nella quale “la melodia della mia vita ritrova di giorno in giorno tutto il suo significato”, ha concluso don Mario, prima di sedersi all’organo e di suonare “Mio dolce Signore”, Corale da G. Böhm
Il coraggio di dar voce alla prima nota è quello che ha cercato Elena Vial, che presto farà la prima professione tra le Discepole del Vangelo, quando cantava in un’orchestra. Lo stesso coraggio che riconosce nelle piccole e grandi scelte che l’hanno spinta a lasciare il controllo della propria vita, “perché fosse tenuta in mano solo dal Signore”, sostenuta dalla fiducia in Lui e nelle persone che l’hanno accompagnata a fare passi verso una vita piena e di felicità. Elena ha suonato e cantato, insieme ad Agnès, giovane francese in formazione nella fraternità di Castelfranco, il brano “Più si ama”, da un testo spirituale di Charles de Foucauld.
E’ stata poi la volta di una coppia di sposi, Anna Perandin e Roberto Luban, che abitano a Camposampiero, genitori di tre figli: hanno raccontato come nel loro cammino di fidanzati prima e di sposi poi hanno vissuto esperienze di Chiesa, soprattutto nelle relazioni, e si sono sentiti accompagnati e custoditi dalla Chiesa, che “ci ha permesso di sperimentare la vicinanza di Gesù, nella gioia e nelle fatiche, attraverso le tante persone incontrate”. Sposi che hanno compreso che, “come successe alle nozze di Cana, il nostro impegno è riempire le nostre giare della nostra umanità, fecondità, unità e diversità. Dio saprà trasformare quell’acqua in vino buono”. Un canto che invita a danzare la vita al ritmo dello Spirito, accompagnato dalla chitarra, è stato il loro messaggio a due voci consegnato ai giovani presenti.
Nel suo intervento, il vescovo Michele, riprendendo le parole di san Paolo, ha ricordato che “l’unica domanda che dobbiamo farci è quanto mi fido di Cristo, qual è la misura della mia fede in Lui, l’importanza che ha nella mia vita”. La chiamata, dunque, è a riconoscere di essere creatura di Dio, “scegliendo di mettermi nelle sue mani e di dire a Lui che è il mio tutto. Ecco che Lui mi farà vedere la mia strada, che è la mia posizione nella Chiesa e nel mondo, che è quello per cui sono stato pensato fin dall’eternità. E troverò accanto a me la persona che amo e che condividerà la mia vita, la famiglia religiosa che sentirò come casa mia, il servizio di sacerdote, di missionario, di professionista, lavorerò onestamente e con passione nella politica, nell’economia. Allora la diversità dei doni si farà davvero sinfonia, perché la voce di ciascuno troverà il suo posto e sarà canto di gioia e bellezza senza fine”, proprio come il brano nel quale strumenti e voci di don Mario, Elena, Agnès, Anna e Roberto si sono armonizzati, a rappresentare quella sinfonia di Dio che appartiene alla Chiesa e di cui gode l’umanità tutta.