Messa del giorno di Pasqua
“Per il cristiano Gesù non è solo colui che visse, ma è colui che vive. La fede del cristiano è una fede pasquale: una fede cioè che trova nella morte e risurrezione di Gesù – il “mistero pasquale” – la sua origine, il suo senso più profondo, il suo sguardo pieno di speranza. Fin dall’inizio è apparso chiaro che non c’è cristianesimo senza risurrezione di Gesù”: il vescovo Gianfranco Agostino ha ricordato così, nell’omelia della messa di Pasqua in cattedrale, ilfondamento della fede cristiana. “Paolo ricorderà ai cristiani di Corinto: «A voi ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici» (1Cor 15,3-5). Questa verità Paolo dichiara di averla ricevuta: dunque, fin dall’inizio della predicazione del Vangelo essa si colloca come l’evento decisivo per la fede”.
Non si tratta, però,solo di una vicenda che riguarda Gesù, ha ricordato il Vescovo, perché tutti noi, siamo già dei risorti, in forza del Battesimo. “Dobbiamo riconoscere che la consapevolezza di essere, grazie al nostro battesimo, morti e risorti con Cristo, è talora piuttosto flebile nella nostra vita; e che non siamo soliti interrogarci su che cosa significa vivere da “risorti” dentro la nostra esistenza quotidiana” ha ricordato mons. Gardin, soffermandosi sui diversi atteggiamenti di Pietro e Giovanni al sepolcro. “La comprensione della risurrezione non è il risultato di uno studio accurato di prove che la attestano. Per essere compresa ha bisogno che vi sia una conoscenza di Gesù che va oltre un conoscere o un vedere esteriore e superficiale. Ha bisogno che si sia stabilito un incontro personale con Cristo; ha bisogno della scoperta e della consapevolezza del suo amore. Una consapevolezza che non raggiunge mai veramente una chiarezza definitiva o una sua compiutezza. Per questo ha bisogno di alimentarsi sempre alla Scrittura: ascoltare e riascoltare il vangelo. E così cresce quell’accostamento, quella familiarità, quella relazione con Cristo che consente di entrare dentro la grandezza e la bellezza del suo amore, riconosciuto come più forte della sua e anche della nostra morte. (…) Fratelli, abbiamo bisogno di non lasciare Gesù ai margini della nostra esistenza, ma di conoscerlo e di scoprirne la vita, la bellezza, il significato che Egli rappresenta per la nostra storia personale, familiare, comunitaria, per il mondo intero. Accogliere la sua vita può davvero cambiare la nostra esistenza”.
In allegato l’omelia integrale