“Come spesso viene osservato, viviamo in un tempo in cui non risulta del tutto chiaro se ciò che vediamo è l’aurora di un giorno che sta iniziando o il tramonto di uno che sta finendo”. Inizia con questo efficace immagine dell’aurora l’ultimo paragrafo dell’Introduzione dello Strumento di Lavoro n. 3 (“Agire”). Il testo, che prepara i lavori dell’Assemblea Sinodale di sabato 21 ottobre, offre una rilettura complessiva del percorso svolto finora, richiamando le coordinate del contesto in cui stiamo vivendo. E’ su questo sfondo che i membri del Cammino Sinodale sono invitati ad individuare le scelte più opportune per questo tempo di Chiesa.
Un tempo di transizione
Lo Strumento di lavoro si richiama alla Visita pastorale e più ampiamente ad un’analisi della realtà condivisa da più parti: «I cambiamenti in atto indicano una trasformazione profonda del modo di credere, ma non è ancora chiara la direzione da intraprendere per un nuovo annuncio del Vangelo. L’immagine dell’aurora era stata utilizzata da papa Giovanni XXIII (tantum aurora est: è soltanto un’aurora) all’inizio del Concilio Vaticano II per indicare l’inizio di un tempo nuovo per la Chiesa, caratterizzato dal discernimento. Ciò evidenzia perché il discernimento diventi un atteggiamento da assumere in modo permanente nella vita della Chiesa in questo tempo, in cui i confini tra il credere e il non credere sono più labili (la famosa “terra di mezzo”) e un agire pastorale “uguale per tutti” appare inefficace».
Agire come “uscire”
A fronte di questa analisi, da cui ha preso le mosse il Cammino Sinodale (momento del “Vedere”), l’imperativo richiesto apertamente da papa Francesco alla Chiesa universale è l’ingresso in un “processo” di discernimento: «Esorto ciascuna Chiesa particolare ad entrare in un processo di discernimento, purificazione e riforma» (EG 30). Per entrare in questo processo il primo passo da compiere e la prima e fondamentale direttrice verso cui incamminarsi è “uscire” da una mentalità ristretta alla pastorale delle “cose da fare”. La fase conclusiva dell’agire si presenta quindi come l’inizio di un cambiamento che dovrebbe portare anche le comunità della nostra Diocesi ad uscire da un certo ripiegamento intraecclesiale, teso all’autopreservazione, e a farsi più vicine alle esigenze delle persone e delle famiglie, con un atteggiamento semplicemente più missionario. «Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo» (EG 20).
Uno stile di evangelizzazione sinodale
Lo Strumento indica alcune esigenze concrete: «L’uscire esige di essere poi declinato in scelte, capaci di «trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli orari, il linguaggio e ogni struttura diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione nel mondo attuale, più che per l’autopreservazione» (EG 27). Perché la Chiesa sia «più evangelizzata e più evangelizzante» serve uno stile di evangelizzazione più sinodale, «che esprima una maggiore capacità di reciproco ascolto e di collaborazione tra laici, presbiteri e persone consacrate, tra presbiteri e presbiteri, tra famiglie e famiglie; uno stile più desideroso di “sinodalità”, capace di valorizzare l’apporto di tutti. Una proposta ricorrente, tra quelle formulate dalle Assemblee Sinodali Vicariali, è la “capacità di fare rete”, cioè di costruire insieme relazioni di fiducia e di collaborazione». E’ questo lo stile “sinodale” dell’annuncio del Vangelo che caratterizza il lavoro che la nostra Chiesa sta compiendo e che potrebbe divenire il modo di agire prossimo futuro. Le modalità concrete di questo cambiamento emergeranno nell’ultima fase del Cammino Sinodale.
don Stefano Didonè
Segretario generale del Cammino Sinodale