Trecentotrenta referenti del Cammino sinodale, provenienti da due terzi delle diocesi italiane si sono ritrovati a Roma, il 25 e il 26 maggio, per confrontarsi in vista dell’elaborazione delle Linee guida per la “fase sapienziale”, secondo step tra il biennio dell’ascolto e la cosiddetta “fase profetica”. Questo strumento, che sarà presentato al Consiglio episcopale permanente previsto per l’8 luglio, indirizzerà e sosterrà il discernimento operativo sul territorio, in raccordo con il livello nazionale.
La sfida è, infatti, quella di intrecciare il vissuto diocesano con le riflessioni nazionali, in una circolarità virtuosa che valorizzi l’apporto locale arricchendolo con il contributo di esperti e di rappresentanti del mondo ecclesiale, sociale e culturale. La rete consolidata dei referenti diocesani, che costituisce la grande novità dei primi due anni di ascolto, continuerà – spiega una nota – a operare in connessione con il Comitato nazionale e con i Vescovi. Con questa metodologia, tutte le componenti del popolo di Dio avranno voce e saranno partecipi delle scelte condivise che verranno prese nella “fase profetica”.
Nell’incontro di Roma, a cui sono intervenuti i Vescovi Antonio Mura, Claudio Giuliodori e Antonino Raspanti, i referenti diocesani hanno dunque lavorato per individuare alcuni dei temi principali emersi dai Cantieri avviati sul territorio e dal dibattito nei gruppi sinodali della 77ª Assemblea generale della Cei. “La Chiesa in Italia è viva. Non esercitiamo un ruolo, ma siamo una casa: abbiamo davanti un grande sforzo missionario”, ha affermato il card. Matteo Zuppi, presidente della Cei. “Ci sono delle condizioni di possibilità. Abbiamo preso consapevolezza che c’è una questione di stile: si deve adottare uno stile nuovo di essere Chiesa per la missione”, gli ha fatto eco mons. Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale. “Il cammino deve essere un percorso di fede e di evangelizzazione: dobbiamo aggredire i nodi critici senza paura”, ha concluso mons. Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei.
All’incontro a Roma hanno partecipato anche tre trevigiani: i referenti per il Cammino sinodale, Marialuisa Furlan e Andrea Pozzobon, e Ludovica Montesanto, giovane componente del Consiglio pastorale diocesano e componente del movimento “The economy of Francesco”.
“E’ stato molto stimolante il lavoro sui tavoli tematici che abbiamo fatto insieme ad altri delegati diocesani e ai Vescovi – sottolinea Marialuisa Furlan -, in una modalità nuova. E nuova è stata anche l’esperienza di ascolto di papa Francesco tutti insieme, vescovi e delegati. In maniera efficace e comprensibile, il Papa ha affidato a tutti alcune consegne importanti per continuare il cammino, indicando chiaramente una direzione. Tra le questioni che il Sinodo in qualche modo solleva, c’è quella relativa all’autorità. Ebbene, il Papa ha mostrato che si può essere autorevoli, dando un orientamento, senza essere prescrittivi in senso forte”. Il Cammino sinodale continua a essere un “processo aperto”, che tiene insieme tappe diverse, è emerso dall’incontro.
“Continuiamo ad ascoltare, infatti – spiega Furlan – pur iniziando a discernere su quanto si sta ascoltando. Il Papa, parlando della «confusione” e poi della «armonia”, create dallo Spirito santo a Pentecoste, ci ha invitati a fidarci di un percorso che non è progettato fin dall’inizio e che per questo non ha soluzioni preconfezionate”. Un percorso che ha già impresso uno stile. I vescovi stessi, nella loro assemblea, rileggendo il biennio narrativo, hanno rilevato alcuni punti acquisiti: la ricchezza della rete di referenti diocesani; l’acquisizione del metodo della “conversazione spirituale” come stile sinodale permanente e dei “cantieri” come esperienza laboratoriale da proseguire; la fecondità dell’icona biblica di Marta e Maria; la corrispondenza sostanziale tra il “sogno di Chiesa” emerso nel popolo di Dio e la Evangelii gaudium di Papa Francesco; le numerose difficoltà, dovute sia all’avvio del Cammino sinodale in piena pandemia, sia alle resistenze e obiezioni a volte espresse come “dissenso”, altre volte come disimpegno. Di tutto – sottolinea una nota – , anche delle tensioni, normali in un organismo vivo qual è la Chiesa, occorre tenere conto.
(Alessandra Cecchin – da “La Vita del popolo)