“Proseguire nel percorso avviato, rafforzando l’esercizio del discernimento a partire dai temi e dalle domande proposte nelle Linee guida e indicando decisioni possibili, impegni, aspetti ancora da sviluppare”. E’ l’obiettivo delle Linee guida del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, diffuse nei giorni scorsi. Cinque i macro-temi che raggruppano le istanze raccolte nel biennio dedicato all’ascolto: la missione secondo lo stile di prossimità; il linguaggio e la comunicazione; la formazione alla fede e alla vita; la sinodalità e la corresponsabilità; il cambiamento delle strutture. Ogni macro-tema si articola in alcuni sotto-temi che esplicitano le questioni emerse. Una sola domanda per ciascun tema sollecita la riflessione e chiama le comunità al discernimento. Nelle prossime settimane seguiranno alcune schede operative. “Queste Linee guida, facendo tesoro del biennio narrativo – sottolinea il Consiglio Episcopale Permanente nell’introduzione al documento – gettano un ponte verso la fase profetica, incamminando le Chiese in Italia verso un discernimento operativo che prepari il terreno alle decisioni, necessariamente orientate a un rinnovamento ecclesiale e mai introverse; anche quando l’attenzione è puntata sulla vita interna delle nostre comunità, il pensiero è sempre quello estroverso della missione: rendere più agili alcune dinamiche ecclesiali (dottrinali, pastorali, giuridiche, amministrative) per rendere più efficace l’incontro tra il Vangelo, energia vivificante e perenne, e l’umanità di oggi”. Soprattutto in un tempo in cui “i lavori sinodali si intrecciano con i problemi e i drammi di ciascuno, che sono i problemi e i drammi del mondo: gli strascichi sanitari, economici e sociali della pandemia, il clima di guerra tragicamente ravvivatosi, le crisi ambientali, occupazionali, esistenziali. Un senso di precarietà e di smarrimento avvolge molte persone e famiglie nel nostro Paese”. Il testo – che si arricchisce di alcune infografiche – contiene infine il Cronoprogramma con l’agenda delle tappe e degli appuntamenti che condurranno all’apertura della fase profetica nel maggio 2024.
“Si sente il bisogno di un nuovo discorso cristiano che si lasci sollecitare, in una vera fraternità culturale, dal con testo contemporaneo. In questo compito devono essere convocate le competenze della teologia, dell’elaborazione culturale cristiana, nonché dei molti strumenti di comunicazione della Chiesa, su cui si chiedono riflessioni attente”, è quanto si legge ancora. “Come camminare al fianco dei giovani?”, una delle domande fondamentali da porsi, a partire dalla presa di coscienza del “clamoroso distacco delle giovani generazioni dal ‘sentiment’ religioso e della vita della Chiesa”. “Non basta, per entrare in sintonia, insistere su una dottrina, magari resa pop da nuovi stratagemmi mediali”, argomenta la Cei: “Le giovani generazioni, invece, hanno bisogno di scoprire nell’incontro con Gesù nella Chiesa una causa in cui vale la pena coinvolgersi. Questo tratto non può essere solo un argomento retorico per riconquistare i giovani, ma la reale conversione di una comunità che vuole ritrovare sé stessa”. Di qui la necessità di riflettere su “quali siano le pratiche possibili per coinvolgere le nuove generazioni e per costruire con loro spazi di riflessione sui temi esistenziali e teologici”, nonché “sui modi in cui i linguaggi parlati dai giovani, con le loro forme spesso mediate tecnologicamente, possono esprimere certe fragilità, un reale desiderio di comunità, un autentico bisogno di orientamento”. “Riscoprire la bellezza della liturgia, la necessità di affinare l’arte del celebrare e l’urgenza di un’autentica formazione liturgica di tutto il popolo di Dio”, l’altra urgenza segnalata nel testo, in cui si auspica anche “un dibattito” sulla religiosità popolare.
“Aprire strade da percorrere perché tutti abbiano posto nella Chiesa, a prescindere dalla loro condizione socio-economica, dalla loro origine, dallo status legale, dall’orientamento sessuale”. E’ uno degli obiettivi della fase sapienziale del cammino sondale delle Chiese in Italia. “Condividere le buone pratiche già attive nei territori ed emerse con i Cantieri di Betania e, dall’altro, di avviare processi di approfondimento sul piano antropologico e teologico, per integrare meglio le istanze del rispetto totale per le persone e della loro crescita nella verità”, le indicazioni di rotta delle Linee guida. “Nelle narrazioni del biennio di ascolto – si legge a proposito dei primi due anni del Cammino sinodale – è emersa la necessità di un impegno attivo in alcuni ambiti cruciali: la costruzione della pace, la cura dell’ambiente, il dialogo tra le culture e le religioni, l’inclusione dei poveri, degli anziani, delle persone ammalate o con disabilità”. In tutti questi ambiti, per la Cei, è “necessario il contributo delle persone laiche: impegnate in prima persona nella vita professionale, civile e sociale, la loro testimonianza matura concretizza nel mondo lo stile della prossimità”. Altra questione “particolarmente evidenziata dal popolo di Dio”, quella del dialogo e del confronto con le altre realtà sociali e culturali del nostro tempo: “si sente il desiderio di atteggiamenti ecclesiali che sappiano ascoltare con rispetto la realtà dell’altro, il cui valore è ben più grande dell’idea professata”. “Questa convinzione è apparsa in ogni dibattito, con il desiderio di sottrarsi alle polarizzazioni che spesso compromettono un vero stile ecclesiale”, si sottolinea nel testo, in cui si afferma che la Chiesa “è chiamata a dare testimonianza di un’altra modalità possibile di confronto”. “Un tempo funzionava il modello delle scuole sociopolitiche, che hanno accompagnato generazioni di laiche e laici impegnati”, ricorda la Cei: “occorre riflettere su quali vie sperimentare per offrire laboratori di formazione di pensieri e azioni ispirati ai valori cristiani. La dottrina sociale della Chiesa richiede di essere affiancata dalla prassi sociale dei cristiani, che da sempre sono in prima fila nella costruzione di un mondo più conforme alle esigenze del regno di Dio. L’esistenza è intessuta di incontri con gli altri e la comunità si forma mediante la partecipazione di ciascun individuo: quali vie percorrere per la costruzione di una Chiesa davvero inclusiva, propositiva, responsabile, testimone di verità”.
“Coinvolgere di più e meglio i laici nella gestione, con deleghe specifiche e procure efficaci”, in modo da alleggerire “il grande carico che grava sui parroci, oberati da responsabilità amministrative crescenti”. E’ una delle proposte, in cui si suggerisce di affidare ad un diacono l’amministrazione di parrocchie prive di parroco residente (diaconia pastorale), secondo il can. 517 §2 del Codice di diritto canonico. Altre figure da valorizzare, per la Cei, quelle dell’animatore di comunità (laici, consacrati, diaconi) o di zone pastorali (tema sviluppato in vari Cantieri dell’ospitalità e della casa), già presente in alcune diocesi, anche nella modalità delle équipe o dei gruppi ministeriali. Nel testo si auspica inoltre “una semplificazione delle certificazioni, ad esempio per i matrimoni, attualmente troppo complicata”, oltre al possibile accentramento di precise aree gestionali in capo alle diocesi. Passare da una “pastorale degli eventi” a una “pastorale della vita quotidiana”, l’indicazione concreta per “aprire una riflessione sulle parrocchie, sulle unità pastorali, sugli uffici di Curia, a tutti i livelli”, in modo da “chiarire le singole competenze e migliorare le interazioni sinergiche”.
Riconoscere la “ministerialità comune dei battezzati”, anche attraverso “nuove ministerialità”: è una delle richieste contenute nelle Linee-guida. ”I ministeri, a ogni livello (ordinati, istituiti, di fatto), non sono funzioni puramente ‘intraecclesiali’, ma servizi ‘missionari’ aperti al mondo”, si fa notare nel testo, in cui si prone di “immaginare dei ministeri di ascolto, di accoglienza, di servizio caritativo, necessari soprattutto nelle metropoli dove maggiori sono le fatiche e i vuoti esistenziali. Ogni battezzato ha carismi che sono un dono per la comunità: vanno riconosciuti e tradotti in ruoli, compiti, ministeri”. “È urgente un riconoscimento reale del senso e del ruolo delle donne all’interno della Chiesa, già preponderante di fatto, ma spesso immerso in quella ufficiosità che non con sente un vero apprezzamento della sua dignità ministeriale”, l’appello della Cei, che precisa: “Non si tratta di estendere prerogative, ma di ripensare in radice il contributo femminile in rapporto al senso stesso della ministerialità e al profilo dell’autorità nella Chiesa. La questione delle donne rappresenta un banco di prova fondamentale per la Chiesa chiamata a fare i conti con acquisizioni culturali che ancora la disallineano dalla comune vita sociale. In quest’ottica, diventa importante individuare forme operative che esprimano chiaramente la piena valorizzazione femminile nella corresponsabilità ecclesiale”.