Nei primi secoli della chiesa il vescovo era aiutato nella sua azione liturgica e pastorale da un gruppo di sacerdoti, i canonici, che andava a costituire appunto il “capitolo” della cattedrale.
Tali sacerdoti dovevano risiedere in locali adiacenti al vescovado. Così dopo la costruzione della “domus lapidea”, cioè dell’edificazione del primo vescovado, presumibilmente nell’ottavo secolo, saranno sorti anche i locali adibiti ad abitazione dei canonici, costruzioni passate alla storia come “canoniche vecchie”.
Attualmente non è praticamente possibile individuare il nucleo più antico dell’edificio che oggi ospita il museo diocesano di arte sacra, ma certamente, accanto agli appartamenti dei canonici, alcune sale saranno state dedicate alla conservazione dei documenti inerenti alla vita della curia, sia di tipo pastorale che economico.
Bisogna ricordare, anche, che in quel tempo non esisteva alcun tipo di scuola, se non quella attorno al vescovo, frequentata da quei giovani che intendevano farsi sacerdoti, per cui un primitivo nucleo di biblioteca doveva esserci.
La prima conferma storica dell’esistenza del capitolo ci viene fornita da Paolo Diacono che nella sua “Historia Langobardorum” cita un Callisto, arcidiacono della chiesa trevigiana, che diventa vescovo di Aquileia con il consenso del re Liutprando, re dei Longobardi che morirà nel 744 a Pavia.
Se questo è un documento estrapolato da un’opera storica, il primo documento ufficiale risale al 1135, una pergamena conservata nella biblioteca, che riporta, stilato dal bibliotecario di allora, un certo Joannis medicus, l’elenco dei libri conservati, da cui si capisce che, al di là dei libri liturgici , dottrinali e religiosi in genere, sono citate anche opere di autori classici come Orazio, Ovidio e Boezio, autore amatissimo nel Medio Evo.
Con il passare del tempo, le accresciute esigenze spinsero i canonici ad ampliare i propri edifici. In loro soccorso giunse l’aiuto del conte Giovanni, probabilmente un elemento della nobile famiglia dei Collato, che donò “vasta moenia theatri”, con ogni probabilità i resti del teatro romano.
La nuova costruzione fu terminata prima del 1215 perché una pergamena tuttora esistente riporta la richiesta fatta dal Capitolo al Comune di autorizzazione a costruire un ponticello che potesse unire le canoniche vecchie ai nuovi edifici, le canoniche nuove. Tale edificio fu espressamente dedicato alla conservazione dei documenti e dei libri propri del Capitolo.
La biblioteca divenne così, la prima istituzione culturale di Treviso al punto che nel 1800 servì, per alcuni lustri, anche da biblioteca civica.
Alla fine del 1700, il bibliotecario Rambaldo degli Azzoni Avogaro, su progetto di Giordano Riccati, ingrandì a sue spese la sede per poter accogliere i numerosi volumi accumulatisi nel tempo, frutto di donazioni e di acquisti.
L’ampliamento della struttura alterò l’impianto prevalentemente medievale delle canoniche nuove, che assunsero una fisionomia neoclassica.
Purtroppo, il tragico bombardamento del 7 aprile del 1944 provocò danni irrecuperabili anche alla Capitolare: un’ala intera crollò e l’incendio sviluppatosi dalle case vicine colpì furiosamente libri e armadi, trasformando in cenere volumi e codici preziosissimi.
Nel dopoguerra, si procedette al restauro degli ambienti dilaniati, recuperando, per quanto possibile, l’aspetto originario medievale grazie all’opera di Mario Botter.
E tale aspetto è rimasto fino ad oggi.