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Animati dallo Spirito che dà la vita. Celebrata la Cresima con 15 giovani-adulti della diocesi

Lo Spirito Santo è presenza di Dio nella vita e nella storia delle persone, è presenza viva e vivificante che si manifesta in molte maniere, facendo fiorire continuamente le vite di coloro che lo accolgono.

È con queste parole che il Vescovo Michele ha invitato l’assemblea della comunità parrocchiale di Santa Maria Ausiliatrice a Treviso – che quest’anno ha accolto la celebrazione della Cresima degli adulti della nostra diocesi – a considerare la presenza e l’azione dello Spirito Santo.

Durante la messa, 15 giovani e adulti hanno celebrato il sacramento dell’iniziazione cristiana manifestando così il loro desiderio di vivere una relazione più stretta con il Signore Gesù, di animare la propria esistenza dello Spirito dell’amore, di provare ad essere vivi lasciando agire in sé lo Spirito della vita e collaborando alla sua azione per il bene del mondo.

La celebrazione della Pentecoste è una solennità liturgica che permette di esprimere in maniera profonda il significato della Confermazione. Il dono dello Spirito sulla Chiesa nascente riempie l’esistenza, apre alla missione, crea comunione. La Confermazione si colloca proprio in questa prospettiva. Volendo confermare il dono del battesimo essa appella, in particolare chi la celebra da adulto, ad orientare in maniera più consapevole la propria vita al Signore Risorto, ad assumere personalmente la missione della Chiesa e nella Chiesa, a lavorare per costruire la comunione.

I 15 giovani-adulti che nei mesi scorsi hanno camminato, in compagnia delle loro comunità parrocchiali o all’interno dell’itinerario AMEN proposto dall’Ufficio Diocesano per l’Annuncio e la Catechesi, non si sono limitati a preparare il sacramento. Più in profondità, si sono messi in cammino per riscoprire quanto la fede in Gesù Cristo, l’adesione la Vangelo, la scelta del Signore Gesù come orientamento della propria vita sia una proposta e una prospettiva di pienezza esistenziale.

Limitarsi a “preparare un sacramento” è infatti un atteggiamento riduttivo. Lo è per ogni battezzato ma in particolare per un adulto. I sacramenti sono sicuramente esperienza fontale di incontro

con la Grazia che ci salva continuamente. Ma la vita cristiana non si riduce alla “vita sacramentale”. Essa si sviluppa grazie e attorno alla relazione con il Signore che nei sacramenti vive dei momenti forti. Quello che è in gioco, negli itinerari degli adulti, è proprio questo: accompagnarli all’incontro col Signore, offrire loro argomenti validi per fare del Vangelo una prospettiva antropologicamente significativa. Si tratta di iniziarli alla fede, alla vita cristiana. In altre parole, si tratta di accompagnarli a diventare sempre più discepoli-missionari del Risorto, far loro intuire che vivere del Vangelo riempie l’esistenza e accompagnarli a pronunciare il proprio amen consapevole al Signore, giocandosi per Lui.

Questi itinerari chiedono certamente un apporto significativo della catechesi ma la maternità della Chiesa impegnata a generare nella fede nuovi figli, non si limita a questo. Ascolto delle domande, preghiera condivisa, esperienze di carità, vita fraterna, relazioni calde e sincere sono solo alcuni elementi che compongono l’ossatura di un itinerario iniziatico “di ispirazione catecumenale”. La sartorialità dei cammini, la capacità di adattare forme, tempi e linguaggi alle persone è l’altra grande sfida alla quale le nostre comunità non sono spesso abituate. Farebbe però un gran bene alle nostre parrocchie comprendere se stessi come comunità materne, che generano figli nella fede: questo rigenererebbe anche loro, in chiave missionaria.

Portando con noi i resti di una “civiltà cristiana” in cui era necessario semplicemente istruire i fanciulli, esse faticano a pensare la propria maternità in maniera più amia, più dinamica, più iniziatica. Ma alcuni segni di speranza ci sono e questi 15 giovani-adulti lo manifestano.

Lo Spirito di vita alimenti quindi le nostre comunità cristiane perché riscoprano la loro vocazione materna. Offra stimoli e coraggio per progettare in maniera rinnovata le “gravidanze” nella fede di tanti suoi figli. Permetta di intuire le forme e gli stili per alimentare i credenti offrendo loro un volto credibile di Dio.

d. Marco Piovesan
Responsabile del Servizio Diocesano per il catecumenato


ILLUMINATI DA CRISTO. I SACRAMENTI DELL’INIZIAZIONE CRISTIANA A PASQUA 2024

Nelle nostre campagne, il canto del gallo è un suono familiare. I primi raggi di sole sono accompagnati dal suo verso che annuncia l’arrivo del nuovo giorno.

Nell’iconografia cristiana, trai suoi vari usi, il gallo rinvia proprio all’annuncio della Pasqua. Il giorno nuovo, il tempo nuovo che Cristo inaugura con la sua Pasqua di passione, morte e risurrezione, chiede di essere annunciato da tutta la Chiesa. Questa è infatti la missione fondamentale della comunità dei discepoli di Cristo: raggiunti dalla luce del Risorto, tutti sono chiamati a farsi missionari, annunciatori, con la vita e le parole, della novità che è Dio, della novità che porta il Signore Risorto.

La nostra Diocesi, quest’anno, accoglierà 15 nuovi fratelli e sorelle che la notte di Pasqua celebreranno i sacramenti dell’iniziazione cristiana: il Battesimo, la Confermazione e l’Eucaristia. I loro  cammini sono molto diversi, le loro storie di vita molto ricche. La maggior parte di loro è di origine italiana o comunque sono in Italia da molti anni. Altri provengono da alcuni Paesi del continente africano o dall’Albania. Affascinati dalla luce di Cristo, hanno camminato per anni, accompagnati e sostenuti da molte persone, cercando di intuire cosa significhi essere e vivere da cristiani. I sacramenti che celebreranno daranno loro la possibilità di fare un passo ulteriore e di essere inseriti, per grazia, nel mistero pasquale e nella comunità ecclesiale. Anche loro, con la loro vita e con le loro parole, diventano annunciatori, cantori del giorno nuovo, diffusori della
luce del Risorto. Diamo ad alcuni di loro la parola, perché risuoni in noi quanto il Signore sta compiendo nelle loro vite. Sia questo l’annuncio della Pasqua che ci raggiunge, il canto di lode per le meraviglie che il Signore Risorto compie in chi lo accoglie.

 

Bianca. “Nella mia esistenza sono certa che il Signore Gesù ha sempre camminato al mio fianco e la sua presenza ha permesso alla mia fede di rinforzarsi fino alla decisione gioiosa di intraprendere il percorso per diventare cristiana. Nella Chiesa, ho compreso il significato e l’importanza della comunità e sono consapevole che, nel proseguire il mio cammino, non sarò mai lasciata sola. Il Battesimo è un segno della fede cristiana, l’ingresso nella Chiesa cattolica;  pertanto, vivo con gioia, gustando tutta la bellezza dell’incontro con la Pasqua di Gesù, che sarà resa presente per me in maniera speciale. Sono grata a tutte le persone che mi sostengono nel mio percorso, in questa scelta consapevole e luminosa per diventare figlia di Dio”.

Luca. “Sto per celebrare i sacramenti dell’iniziazione cristiana e sono emozionato per questa tappa importante della mia vita. Sono felice di aver intrapreso questo percorso e di aver trovato persone splendide con cui condividerlo. Sono grato al mio parroco per tutto il supporto che mi ha dato e che continua a darmi, e sono grato a mia moglie e al mio padrino per avermi accompagnato passo passo. Intuisco che essere cristiano significa vivere in pienezza, ricevere, ma soprattutto dare. Ci si apre la possibilità di guardare dentro di noi e trovare un luogo sicuro, ed è proprio per questo che vale la pena ricambiare ed aprirsi al prossimo e alla comunità”.

Antonio. “Nella notte di Pasqua celebrerò i sacramenti dell’iniziazione cristiana, un percorso intrapreso per arrivare alla consapevolezza della mia fede e alla decisione di seguire i principi
e gli insegnamenti di Gesù Cristo. Sono grato di sentirmi parte di una comunità che mi ha aiutato a crescere spiritualmente e a riconoscere valori come l’amore e la solidarietà. Questo mio nuovo inizio sarà una rinascita interiore che influenzerà la mia vita quotidiana e le mie relazioni con il prossimo, aumentando il desiderio e la speranza di una connessione più profonda
con Dio”.

Maurizio. “Sono Maurizio, un uomo di 45 anni che sta per ricevere il Battesimo, la Cresima e la Comunione, i sacramenti dell’iniziazione alla fede cristiana, grazie ai quali entrerò finalmente a far parte della comunità della parrocchia di Santa Maria delle Grazie di San Donà di Piave e così, della Chiesa. In essa farò con gioia il mio cammino di fede, per imparare a conoscere Gesù e ad orientare la mia vita al suo Vangelo, insieme a mia moglie Alla e a mio figlio Nicola, già battezzati. Sono particolarmente grato alla mia sposa per avermi donato il suo amore e per avermi preso per mano e accompagnato fin qui, insieme al nostro vescovo Michele, al diacono Franco e al padrino Domenico, ai quali va anche il mio fraterno ringraziamento. Rendo Gloria a Dio per la suamisericordiosa bontà”.

Andrea “Fin da bambino sentivo il desiderio di essere battezzato. Ora la felicità che provo a sapere che mancano solo pochi giorni a quel momento mi rende come un bambino il giorno di Natale. Perché ho sempre saputo che questo dono mi apparteneva e ho sempre sentito qualcuno al mio fianco durante la mia vita, qualcuno che vegliava su di me. Sapere che, in questa Pasqua, questo dono mi verrà consegnato, riempie il mio cuore di gioia”.

Alteko  “Sto per celebrare i sacramenti dell’iniziazione cristiana e sinceramente non so cosa aspettarmi. Credo sia proprio questa la parte bella. Sicuramente la gioia e la felicità sono molte e so che sarà la fine di un percorso per me molto importante, che ho seguito con i miei catechisti. Tuttavia, il detto dice che «chiusa una porta si apre un portone» e credo che in questo caso mi stia avvicinando a un portone molto più grande di me: l’avvio di una nuova vita e un nuovo inizio stimolante, che mi porterà a crescere molto come persona e allargare i miei orizzonti. Mi
consola sapere che, nonostante tutto, in questo cammino non sarò mai solo. Per questo sono infatti molto grato ai miei catechisti, al mio padrino e a tutte quelle persone che mi hanno sostenuto in questo percorso. Ancora non so cosa voglia dire essere cristiano, anche se forse me ne sono fatto un’idea. Credo però che il modo migliore per rispondere a questa domanda sia vivere il momento e impegnarsi il più possibile per aiutare gli altri, cercando di portare un po’ di felicità nella loro vita come è stata portata nella mia”.

 

Leggi l’articolo dalla pagina del Settimanale Diocesano La vita del Popolo: 05_VdP13_31032024


Catechesi: costruire ad alta quota – Due giorni promossi dall’ufficio per l’Annuncio e la Catechesi 

Costruire in alta quota”. Non si poteva scegliere titolo di miglior auspicio per questo tempo di “ripartenza” (o forse sarebbe meglio dire di “nuovo inizio”) della catechesi. Una suggestione, quella della costruzione “in alto”, che ben rappresenta e abbraccia la “due giorni” organizzata dall’ufficio per l’Annuncio e la Catechesi e che ha conosciuto la ricchezza di molti stimoli laddove arte, riflessione teologica e biblica nonché momenti celebrativi, si sono succeduti dentro alla feconda dialettica tra il “dentro” del discernimento e il “fuori” dell’apertura al mondo che contraddistingue il cammino di Ninive 2021. In effetti, sebbene pensate come appuntamenti distinti, le due giornate – a cui hanno partecipato complessivamente più di duecento tra catechisti, animatori di pastorale familiare, giovani educatori, gruppi liturgici e missionari – hanno conosciuto una evidente continuità, richiamata da alcune parole chiave: «accettazione», «fragilità », «leggerezza» e «rinnovamento » “Stiamo vivendo un tempo di discernimento nel quale siamo chiamati a dare un nome a ciò che le nostre comunità hanno vissuto e, in qualche modo, stanno ancora vivendo”. Queste le parole di don Alberto Zanetti, direttore dell’ufficio per l’Annuncio e la Catechesi che hanno aperto la prima giornata. Una tappa in qualche modo storica, che, se si eccettua la ricorrenza del 50° del Biennio catechisti del 22 aprile scorso, ci auguriamo segni un nuovo tempo di incontri “in presenza”. Per cogliere appieno la sfida di questo nuovo inizio che non può prescindere dal considerare l’Iniziazione cristiana un compito che coinvolge l’intera pastorale e, dunque, l’intera comunità cristiana, come segno dell’apertura al dialogo con il mondo, ci si è inizialmente affidati alla testimonianza dell’architetto Simone Gobbo, responsabile della progettazione “in alta quota” del Bivacco Fanton (2667 mt) sulla Forcella Marmarole. Nella sua narrazione sono emersi spunti che, sebbene afferenti alla sua esperienza professionale, sono risultati assai significativi per l’analogia con le sfide pastorali che abbiamo di fronte come, ad esempio, il fatto che tutto sia iniziato nel 2014 partendo da un fallimento: nel 1967 la prima installazione del bivacco non andò a buon fine.

Leggerezza fondata sulla roccia

La nuova progettazione non è nata dal nulla, ma ha preso le mosse dai problemi evidenziati nella prima e ha richiesto la pazienza di ben cinque anni di lavoro a cui se ne sono aggiunti altri due di realizzazione. Il tutto ha preso spunto dalla decisione di accettare le condizioni ambientali (l’inclinazione del sito, il vuoto dell’alta quota, la consapevolezza della fragilità della costruzione rispetto alla potenza del contesto ambientale) senza per questo modificare il paesaggio ma, al contrario, affrontandone le sfide, trovandosi così, nella necessità, a riscrivere i codici sui quali, per anni, si è fondata l’architettura. Da qui la scelta della “sospensione” del bivacco, progettandolo senza un suo diretto contatto col suolo, optando sì per una “leggerezza” ma, comunque, fondata sulla roccia. Tutto ciò è stato possibile perché, come ha puntualizzato Gobbo, “si è «rubato» da altri mondi” (come, ad esempio, l’ingegneria nautica) sollecitando un “lavoro di comunità”. Le provocazioni alla pastorale lanciate dall’esperienza di Gobbo sono state raccolte da don Alberto che ha sottolineato come la crisi che stiamo vivendo debba essere vista sia come uno stimolo per rinnovarci, ma anche occasione per interrogarci su ciò che è stato costruito prima di noi: è tutto da lasciare o c’è qualcosa che, invece, va tenuto e valorizzato? Così come va colta la suggestione dell’alta quota che fa pensare a una evangelizzazione che va ancorata sulla «Roccia» che porta a chiederci: l’Iniziazione cristiana va vista solo in funzione dei sacramenti o va anche intesa come “elevazione” dell’umano? Non di meno va sottovalutato il richiamo all’adattamento all’ambiente che va ritradotto in “ascolto” e “rispetto” delle persone che nel nostro cammino incontriamo. D’altro canto le varie fasi nelle quali il progetto si è articolato ci suggeriscono pazienza e gradualità.

Una comunità missionaria a servizio dell’annuncio

La seconda parte della giornata ha visto l’intervento del Centro Missionario diocesano che, secondo lo spirito di Ninive 2021 e come è già avvenuto il 4 giugno con l’apporto dell’Ufficio Liturgico, ha contribuito ad allargare la sinergia della catechesi con l’intera pastorale. “Una comunità missionaria a servizio dell’annuncio”, il tema sviluppato dai quattro relatori coordinati dal direttore dell’ufficio, don Gianfranco Pegoraro, che ha tracciato un netto parallelismo tra “rinnovamento missionario” e necessità di una consapevolezza della complessità dell’attuale contesto culturale, il che implica pazienza e accoglienza. Richiamandosi ad Evangelii Gaudium 27, don Gianfranco ha sottolineato la necessità di una pastorale che, secondo lo spirito missionario, sappia trasformarsi accettando e ripensando “gli orari”, vale a dire l’ordine e la gerarchia delle cose. Tali aspetti sono stati ulteriormente declinati negli interventi successivi: la necessità di “imparare la lingua”, ossia entrare in empatia con l’altro (don Giovanni Kirschner), la situazione del catecumenato in Ciad (don Mauro Fedato). Poi è stata la volta di Mirella Zanon che ha raccontato la sua esperienza in Russia con la comunità Giovanni XXIII, e, infine, della cooperatrice pastorale Germana Gallina che ha dato conto del suo vissuto in Paraguay con gli animatori laici di comunità. Se il 17 settembre con il suo carico di riflessioni e stimoli è stato il giorno del “dentro”, quello successivo, intriso del linguaggio della “bellezza”, con la celebrazione del Mandato ai catechisti a San Nicolò ha segnato quello del “fuori”.

Tre immagini per questo tempo

Bella, a tratti poetica, è stata la narrazione ad opera di Marco Sartorello di un testo di fr. Enzo Biemmi sulle sfide lanciate alla Chiesa dalla pandemia, nel quale il catecheta si è soffermato su tre immagini: la piazza «vuota» di san Pietro ha richiamato la necessità di imparare a custodire i vuoti per poter permettere al bene di fiorire; la «bassa marea» che, facendo emergere le sporcizie del fondo ci dà modo di fare pulizia e, infine, «la bara del rabbino» legata all’esperienza storica di Jochanan ben Zakkaj che, fingendosi morto, poté uscire in una bara dall’assedio dei romani nel 68 d.C. a Gerusalemme portando con sé la Torah, e diede la possibilità al giudaismo di rifondarsi come popolo della Torah: un popolo senza terra, senza re, senza tempio ma fondato sulla Parola. In questo modo, secondo Biemmi, siamo provocati ad “alleggerirci” cioè a riandare a ciò che, per la fede della Chiesa, è essenziale. Negli 8 laboratori, decentrati in altrettante chiese di Treviso e animati da 16 guide sotto la supervisione di don Antonio Scattolini ed Ester Brunet del progetto pastorale Ar- Theò di Verona, si è riflettuto sulle ferite e sulla possibilità di cura a cui questo tempo ci ha messo di fronte. Il ritorno a San Nicolò ha coinciso con la bella riflessione sulle ferite dell’umanità che, partendo da «Il clown ferito» opera di Georges Rouault, don Antonio ed Ester hanno offerto ai presenti e poi con l’intensa cerimonia del Mandato presieduta da mons. Mario Salviato. Il Vicario episcopale per il Coordinamento della Pastorale,, partendo da Ef 4,1-11 nonché richiamando le parole di papa Francesco, ha invitato i catechisti a rimanere in Colui che è la sorgente della nostra vita e, così, abbattendo qualsiasi muro di separazione, divenire veri artigiani e generatori di comunità. Dimorare in Cristo, ecco cosa significa “Costruire in alta quota”! (Vincenzo Giorgio)

 

(tratto da La Vita del popolo di domenica 26 settembre 2021)