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29 giovani-adulti hanno celebrato la Confermazione nella solennità di Pentecoste, lo scorso 8 giugno in cattedrale

Sono 29 le persone, giovani e adulti, uomini e donne, che domenica mattina, 8 giugno, nella celebrazione solenne di Pentecoste, in cattedrale, hanno ricevuto la Cresima dal vescovo di Treviso, mons. Michele Tomasi.

Gli apostoli e Maria ricevono lo Spirito santo, 50 giorni dopo la risurrezione di Gesù, mentre erano tutti insieme in preghiera. E proprio quell’essere insieme è stato sottolineato dal Vescovo: “Siamo parte di un corpo meraviglioso che è il corpo di Cristo, siamo membra della Chiesa. Insieme riceviamo il dono dello Spirito Santo”. Certo, è qualcosa che ciascuno riceve per sua adesione personale, per un convinto atto di fede, ma “mai solo per se stesso e mai solo con se stesso. Non siamo una somma di isolati che ogni tanto devono confluire in una chiesa per fare delle cose insieme – ha ribadito mons. Tomasi -. Siamo un popolo, siamo delle comunità, siamo persone legate gli uni agli altri dallo stesso amore che è Dio, perché Dio è comunione di tre persone, Padre, e Figlio, e Spirito Santo. Noi siamo fatti per la relazione, perché la gioia è la relazione: con Dio, tra di noi, con tutti coloro che incontriamo, creati dallo stesso amore del Padre, con tutti coloro che condividono il dono dello Spirito nel Battesimo”.

Ecco, allora, il “mandato” ai neo cresimati: “Tornate alle vostre comunità e lì siate membra vive di questo corpo. Da soli non funziona, siamo fatti gli uni per gli altri, siamo fatti dall’amore eterno di Dio, siamo fatti di amore, anche quando è faticoso, anche quando è impegnativo”. Un dono ricevuto e da trasmettere agli altri, che tutti capiranno, perché “parleremo la lingua dell’amore, la lingua del desiderio profondo che è in ciascuna persona, essere amato e amare. per l’eternità”. Un impegno “missionario”, dunque, quello che il Vescovo ha dato a ciascuno e a ciascuna: “Come fai a sentirti amato e a non gridarlo al mondo, e non voler dare, alle persone che incontri, la stessa gioia, la stessa possibilità di incontrare il Signore? Di annunciare che Gesù Cristo, crocifisso, è risorto ed è vivo e opera nella nostra vita. Lui non ci lascia mai da soli, ha vinto la morte e dà un senso anche alle situazioni più buie e più oscure della nostra esistenza. Siate annunciatori come foste una lettera vivente inviata alle persone che incontrate. Il contenuto è la vostra vita assieme a Gesù Cristo. Questo diventa un annuncio, prima coi fatti, poi anche con le parole, con la vita e con la testimonianza”.


8 adulti celebrano i sacramenti dell’Iniziazione Cristiana nella Veglia Pasquale 2025.

Il mattino di Pasqua, presso il sepolcro, le donne non trovarono il corpo di Gesù e “si domandavano che senso avesse tutto questo” (Lc 24,4). Dentro questa domanda di senso, la voce di due uomini in vesti sfolgoranti dischiude un significato nuovo, a tratti inaspettato: “Non è qui, è risorto” (Lc 24, 6).

L’annuncio della risurrezione di Cristo, da quel giorno, non ha mai smesso di diffondersi e di abitare le domande di senso degli uomini e delle donne di ogni tempo e di ogni cultura. Incontrando la storia degli uomini, questo evento annunciato, accolto e vissuto costituisce il significato, il senso profondo dell’esistenza: non siamo fatti per la morte, siamo fatti per la vita. Siamo pienamente uomini e donne quando entriamo nella logica pasquale dell’esistenza, che passa attraverso la croce per aprire porte di speranza, che trasforma le tenebre in luce, che abita la morte per donare sempre vita alla vita. Questo è il significato fondamentale della Pasqua di Cristo e della nostra, in Lui.

Questo annuncio ha toccato il cuore e la vita di 8 giovani/adulti residenti nel territorio della nostra diocesi e che, in questa solennità pasquale, celebrano i sacramenti dell’Iniziazione cristiana: il Battesimo, la Confermazione, l’Eucaristia.

Hilda, Hansah, David (Maria), Patience, Nayane Makelle (Maria), Elona (Elena), Stephen ed Emelia (ritratti qui a fianco, insieme al Vescovo, fuori dal Battistero) sono incorporati in Cristo e nella Chiesa grazie all’incontro sacramentale con la Pasqua del Signore Gesù.

Lasciamo risuonare le loro parole e permettiamo che, proprio attraverso alcune delle loro storie, l’annuncio pasquale, il Kerigma cristiano, ci raggiunga e faccia crescere in noi la speranza che viene dal Risorto.

La voce dei loro catechisti e catechiste e di coloro che hanno sostenuto e accompagnato i loro passi sia di stimolo per la nostra Chiesa diocesana e per le nostre comunità, per riscoprire lo slancio missionario dell’annuncio. È l’impegno in questo annuncio che ci fa Chiesa!

David Maria

“Quando ho iniziato il cammino del catecumenato non sapevo nulla della religione, ma fin da subito mi sono sentito accolto con grande affetto. La comunità e la Chiesa mi hanno aperto le braccia come una grande famiglia, facendomi sentire a casa. In particolare, la mia catechista Ines è stata per me una guida preziosa, accompagnandomi con amore e pazienza, quasi come una madre. Sono molto grato per tutto quello che sto vivendo: questo percorso mi ha cambiato dentro e mi ha fatto scoprire una luce nuova. Mi sento fortunato a far parte di questa esperienza e so che il mio cammino non finirà con il battesimo. Voglio continuare a crescere nella fede e nella conoscenza, perché ho trovato un tesoro che desidero custodire e approfondire ogni giorno di più”.

Ines, catechista di David Maria

“David mi è sembrato fin da subito un ragazzo molto interessato a tutto ciò che riguarda la nostra fede. Ha affrontato ogni incontro con un grande desiderio di conoscere Gesù. Durante questo percorso verso i sacramenti, il suo interesse, la sua gioia e il suo entusiasmo mi hanno coinvolta profondamente e arricchita nella fede, scopo per cui viviamo. Gli auguro di non perdere mai questo slancio nel cammino per diventare sempre più conforme a Cristo. Ringrazio di cuore per la fiducia che mi è stata data nell’assumere un compito così importante”.

Nayane Maria

“Sono grata a Dio per questo cammino, perché mi sta insegnando a conoscere la sua Parola e ad amare davvero il prossimo. Mi sta aiutando ad avere fiducia, come dice il Salmo 91: “Ti coprirà con le sue penne, sotto le sue ali troverai rifugio”. Quando tutto sembra crollare, sto imparando a fidarmi di Lui.

So che con il Suo amore può cambiare ogni cosa.

Essere cristiana significa anche perdonare, anche quando non c’è più speranza perché, alla fine, Dio arriva sempre con la sua luce”.

Sonia (moglie di Moreno), catechista di Nayane Maria

“C’è una giovane di origini brasiliane che, affascinata dal perdono cristiano, ha chiesto di conoscere di più Gesù. Tu e tuo marito potete accompagnare Nayane in questo cammino?. Con queste parole il mio parroco mi ha chiesto questo servizio che, col tempo, ho scoperto rivelarsi innanzitutto un dono per me e per il mio personale cammino di fede. Partendo dalla lettura continuativa del Vangelo di Marco, abbiamo condiviso intuizioni, scoperte, provocazioni e dubbi. Con forza è balzato ai miei occhi come la cultura brasiliana sia intrisa di fede nella presenza di Dio, mentre in Europa il mondo moderno ha «chiuso il cielo». Con stupore ho contemplato come Dio sta lavorando nell’intimo di Nayane e, grazie alla sua vita di fede, ancor oggi Gesù vive. Le auguro di continuare a coltivare la relazione con Gesù per «vivere da Dio» e per essere un riflesso giovane del suo Amore eterno”.

Moreno (marito di Sonia), catechista di Nayane Maria

“L’accompagnamento di Nayane è stata la prima esperienza da catechista per me… e di una persona adulta, poi! È stata sicuramente una nuova avventura, che mi ha portato indietro nel tempo a farmi immaginare come si diventava discepoli di Gesù nei primi tempi del cristianesimo! È stato ed è tuttora un cammino di crescita, per me e mia moglie: nei nostri incontri avevo la sensazione che nessuno fosse lì per «insegnare» o «imparare», ma tutti condividevano la propria vita e la propria fede. Un cammino che ci ha portati non a un traguardo, ma a un nuovo inizio.

Elona

“Sto per celebrare i sacramenti dell’iniziazione cristiana, frutto di un lungo percorso personale e comunitario dove ho scoperto che l’amore di Dio è infinito e incondizionato. Questo cammino mi ha emozionato, colpito e arricchito. Sono, inoltre, in attesa di diventare madre per la seconda volta e vorrei guidare i miei figli nella via della fede in Cristo Signore, insegnando loro a vivere una vita buona e trasmettendogli l’amore verso Cristo.

Sono grata ai catechisti e a don Paolo Marconato, parroco di Caerano di San Marco, per avermi dato l’opportunità di frequentare la Chiesa e così conoscere gli insegnamenti di Gesù. Loro mi hanno guidato e aiutato, mostrandomi cosa significa seguire Gesù, donare gratuitamente, leggere e riflettere sulla sua Parola e vivere da cristiani facendo comunità. Intuisco che essere cristiani significa seguire Gesù Cristo come figlio di Dio, morto e risorto, condividere la mia fede con gli altri e compiere buone azioni nella società e in tutte le relazioni.

Ho scoperto che solo in Cristo si trova la vera pace, la vera gioia e la luce. Lui è la nostra guida, la forza che ci accompagna ogni giorno della nostra vita”.

Matteo, marito di Elona

“Ho partecipato insieme a mia moglie al cammino che la porterà, durante la veglia pasquale, a ricevere i sacramenti dell’iniziazione cristiana. È stato un percorso importante e significativo per entrambi. «Rispolverare» l’essenza della fede e approcciarsi, anche fuori dalla messa, alla Parola, è stato arricchente e di aiuto per definire, anche come famiglia, la rotta e la direzione da seguire nel rapporto di coppia e nell’insegnamento che intendiamo impartire ai nostri figli.

Sono grato ai catechisti e a tutta la nostra comunità oltre che a don Paolo, don Marco e al Vescovo per aver accolto mia moglie e averci trasmesso la gioia di essere Chiesa. Gli incontri e i gesti di amore gratuito, oltre ai momenti di riflessione, hanno dato spessore e concretezza a ciò che vuol dire essere Comunità. Speriamo, a nostra volta, di poter portare un po’ di gioia e luce alle persone che incontreremo”.


Animati dallo Spirito che dà la vita. Celebrata la Cresima con 15 giovani-adulti della diocesi

Lo Spirito Santo è presenza di Dio nella vita e nella storia delle persone, è presenza viva e vivificante che si manifesta in molte maniere, facendo fiorire continuamente le vite di coloro che lo accolgono.

È con queste parole che il Vescovo Michele ha invitato l’assemblea della comunità parrocchiale di Santa Maria Ausiliatrice a Treviso – che quest’anno ha accolto la celebrazione della Cresima degli adulti della nostra diocesi – a considerare la presenza e l’azione dello Spirito Santo.

Durante la messa, 15 giovani e adulti hanno celebrato il sacramento dell’iniziazione cristiana manifestando così il loro desiderio di vivere una relazione più stretta con il Signore Gesù, di animare la propria esistenza dello Spirito dell’amore, di provare ad essere vivi lasciando agire in sé lo Spirito della vita e collaborando alla sua azione per il bene del mondo.

La celebrazione della Pentecoste è una solennità liturgica che permette di esprimere in maniera profonda il significato della Confermazione. Il dono dello Spirito sulla Chiesa nascente riempie l’esistenza, apre alla missione, crea comunione. La Confermazione si colloca proprio in questa prospettiva. Volendo confermare il dono del battesimo essa appella, in particolare chi la celebra da adulto, ad orientare in maniera più consapevole la propria vita al Signore Risorto, ad assumere personalmente la missione della Chiesa e nella Chiesa, a lavorare per costruire la comunione.

I 15 giovani-adulti che nei mesi scorsi hanno camminato, in compagnia delle loro comunità parrocchiali o all’interno dell’itinerario AMEN proposto dall’Ufficio Diocesano per l’Annuncio e la Catechesi, non si sono limitati a preparare il sacramento. Più in profondità, si sono messi in cammino per riscoprire quanto la fede in Gesù Cristo, l’adesione la Vangelo, la scelta del Signore Gesù come orientamento della propria vita sia una proposta e una prospettiva di pienezza esistenziale.

Limitarsi a “preparare un sacramento” è infatti un atteggiamento riduttivo. Lo è per ogni battezzato ma in particolare per un adulto. I sacramenti sono sicuramente esperienza fontale di incontro

con la Grazia che ci salva continuamente. Ma la vita cristiana non si riduce alla “vita sacramentale”. Essa si sviluppa grazie e attorno alla relazione con il Signore che nei sacramenti vive dei momenti forti. Quello che è in gioco, negli itinerari degli adulti, è proprio questo: accompagnarli all’incontro col Signore, offrire loro argomenti validi per fare del Vangelo una prospettiva antropologicamente significativa. Si tratta di iniziarli alla fede, alla vita cristiana. In altre parole, si tratta di accompagnarli a diventare sempre più discepoli-missionari del Risorto, far loro intuire che vivere del Vangelo riempie l’esistenza e accompagnarli a pronunciare il proprio amen consapevole al Signore, giocandosi per Lui.

Questi itinerari chiedono certamente un apporto significativo della catechesi ma la maternità della Chiesa impegnata a generare nella fede nuovi figli, non si limita a questo. Ascolto delle domande, preghiera condivisa, esperienze di carità, vita fraterna, relazioni calde e sincere sono solo alcuni elementi che compongono l’ossatura di un itinerario iniziatico “di ispirazione catecumenale”. La sartorialità dei cammini, la capacità di adattare forme, tempi e linguaggi alle persone è l’altra grande sfida alla quale le nostre comunità non sono spesso abituate. Farebbe però un gran bene alle nostre parrocchie comprendere se stessi come comunità materne, che generano figli nella fede: questo rigenererebbe anche loro, in chiave missionaria.

Portando con noi i resti di una “civiltà cristiana” in cui era necessario semplicemente istruire i fanciulli, esse faticano a pensare la propria maternità in maniera più amia, più dinamica, più iniziatica. Ma alcuni segni di speranza ci sono e questi 15 giovani-adulti lo manifestano.

Lo Spirito di vita alimenti quindi le nostre comunità cristiane perché riscoprano la loro vocazione materna. Offra stimoli e coraggio per progettare in maniera rinnovata le “gravidanze” nella fede di tanti suoi figli. Permetta di intuire le forme e gli stili per alimentare i credenti offrendo loro un volto credibile di Dio.

d. Marco Piovesan
Responsabile del Servizio Diocesano per il catecumenato


ILLUMINATI DA CRISTO. I SACRAMENTI DELL’INIZIAZIONE CRISTIANA A PASQUA 2024

Nelle nostre campagne, il canto del gallo è un suono familiare. I primi raggi di sole sono accompagnati dal suo verso che annuncia l’arrivo del nuovo giorno.

Nell’iconografia cristiana, trai suoi vari usi, il gallo rinvia proprio all’annuncio della Pasqua. Il giorno nuovo, il tempo nuovo che Cristo inaugura con la sua Pasqua di passione, morte e risurrezione, chiede di essere annunciato da tutta la Chiesa. Questa è infatti la missione fondamentale della comunità dei discepoli di Cristo: raggiunti dalla luce del Risorto, tutti sono chiamati a farsi missionari, annunciatori, con la vita e le parole, della novità che è Dio, della novità che porta il Signore Risorto.

La nostra Diocesi, quest’anno, accoglierà 15 nuovi fratelli e sorelle che la notte di Pasqua celebreranno i sacramenti dell’iniziazione cristiana: il Battesimo, la Confermazione e l’Eucaristia. I loro  cammini sono molto diversi, le loro storie di vita molto ricche. La maggior parte di loro è di origine italiana o comunque sono in Italia da molti anni. Altri provengono da alcuni Paesi del continente africano o dall’Albania. Affascinati dalla luce di Cristo, hanno camminato per anni, accompagnati e sostenuti da molte persone, cercando di intuire cosa significhi essere e vivere da cristiani. I sacramenti che celebreranno daranno loro la possibilità di fare un passo ulteriore e di essere inseriti, per grazia, nel mistero pasquale e nella comunità ecclesiale. Anche loro, con la loro vita e con le loro parole, diventano annunciatori, cantori del giorno nuovo, diffusori della
luce del Risorto. Diamo ad alcuni di loro la parola, perché risuoni in noi quanto il Signore sta compiendo nelle loro vite. Sia questo l’annuncio della Pasqua che ci raggiunge, il canto di lode per le meraviglie che il Signore Risorto compie in chi lo accoglie.

 

Bianca. “Nella mia esistenza sono certa che il Signore Gesù ha sempre camminato al mio fianco e la sua presenza ha permesso alla mia fede di rinforzarsi fino alla decisione gioiosa di intraprendere il percorso per diventare cristiana. Nella Chiesa, ho compreso il significato e l’importanza della comunità e sono consapevole che, nel proseguire il mio cammino, non sarò mai lasciata sola. Il Battesimo è un segno della fede cristiana, l’ingresso nella Chiesa cattolica;  pertanto, vivo con gioia, gustando tutta la bellezza dell’incontro con la Pasqua di Gesù, che sarà resa presente per me in maniera speciale. Sono grata a tutte le persone che mi sostengono nel mio percorso, in questa scelta consapevole e luminosa per diventare figlia di Dio”.

Luca. “Sto per celebrare i sacramenti dell’iniziazione cristiana e sono emozionato per questa tappa importante della mia vita. Sono felice di aver intrapreso questo percorso e di aver trovato persone splendide con cui condividerlo. Sono grato al mio parroco per tutto il supporto che mi ha dato e che continua a darmi, e sono grato a mia moglie e al mio padrino per avermi accompagnato passo passo. Intuisco che essere cristiano significa vivere in pienezza, ricevere, ma soprattutto dare. Ci si apre la possibilità di guardare dentro di noi e trovare un luogo sicuro, ed è proprio per questo che vale la pena ricambiare ed aprirsi al prossimo e alla comunità”.

Antonio. “Nella notte di Pasqua celebrerò i sacramenti dell’iniziazione cristiana, un percorso intrapreso per arrivare alla consapevolezza della mia fede e alla decisione di seguire i principi
e gli insegnamenti di Gesù Cristo. Sono grato di sentirmi parte di una comunità che mi ha aiutato a crescere spiritualmente e a riconoscere valori come l’amore e la solidarietà. Questo mio nuovo inizio sarà una rinascita interiore che influenzerà la mia vita quotidiana e le mie relazioni con il prossimo, aumentando il desiderio e la speranza di una connessione più profonda
con Dio”.

Maurizio. “Sono Maurizio, un uomo di 45 anni che sta per ricevere il Battesimo, la Cresima e la Comunione, i sacramenti dell’iniziazione alla fede cristiana, grazie ai quali entrerò finalmente a far parte della comunità della parrocchia di Santa Maria delle Grazie di San Donà di Piave e così, della Chiesa. In essa farò con gioia il mio cammino di fede, per imparare a conoscere Gesù e ad orientare la mia vita al suo Vangelo, insieme a mia moglie Alla e a mio figlio Nicola, già battezzati. Sono particolarmente grato alla mia sposa per avermi donato il suo amore e per avermi preso per mano e accompagnato fin qui, insieme al nostro vescovo Michele, al diacono Franco e al padrino Domenico, ai quali va anche il mio fraterno ringraziamento. Rendo Gloria a Dio per la suamisericordiosa bontà”.

Andrea “Fin da bambino sentivo il desiderio di essere battezzato. Ora la felicità che provo a sapere che mancano solo pochi giorni a quel momento mi rende come un bambino il giorno di Natale. Perché ho sempre saputo che questo dono mi apparteneva e ho sempre sentito qualcuno al mio fianco durante la mia vita, qualcuno che vegliava su di me. Sapere che, in questa Pasqua, questo dono mi verrà consegnato, riempie il mio cuore di gioia”.

Alteko  “Sto per celebrare i sacramenti dell’iniziazione cristiana e sinceramente non so cosa aspettarmi. Credo sia proprio questa la parte bella. Sicuramente la gioia e la felicità sono molte e so che sarà la fine di un percorso per me molto importante, che ho seguito con i miei catechisti. Tuttavia, il detto dice che «chiusa una porta si apre un portone» e credo che in questo caso mi stia avvicinando a un portone molto più grande di me: l’avvio di una nuova vita e un nuovo inizio stimolante, che mi porterà a crescere molto come persona e allargare i miei orizzonti. Mi
consola sapere che, nonostante tutto, in questo cammino non sarò mai solo. Per questo sono infatti molto grato ai miei catechisti, al mio padrino e a tutte quelle persone che mi hanno sostenuto in questo percorso. Ancora non so cosa voglia dire essere cristiano, anche se forse me ne sono fatto un’idea. Credo però che il modo migliore per rispondere a questa domanda sia vivere il momento e impegnarsi il più possibile per aiutare gli altri, cercando di portare un po’ di felicità nella loro vita come è stata portata nella mia”.

 

Leggi l’articolo dalla pagina del Settimanale Diocesano La vita del Popolo: 05_VdP13_31032024


L’Amore che fa rinascere a vita nuova

Nella veglia pasquale dello scorso 16 aprile, 11 fratelli e sorelle hanno celebrato il battesimo, la confermazione e si sono accostati per la prima volta alla comunione eucaristica

Rinascere a vita nuova! È questa l’esperienza che l’incontro con l’amore del Signore permette di fare a chi si lascia avvolgere da Lui, che è misericordia. La vita riprende vigore, le ferite sono guarite e sanate, la libertà si apre alla carità.

Questa esperienza profondamente umana, e per ciò profondamente spirituale, è donata in maniera speciale durante la celebrazione dei sacramenti, nella Chiesa. Sono segni e parole che significano la Grazia di Dio, che la rendono presente nel qui ed ora della storia degli uomini. L’amore del Cristo, già consegnato una volta per tutte nella sua passione, morte, risurrezione, è celebrato, vissuto, reso presente e accolto ogni volta che la Chiesa invoca il Padre, nel Figlio, per mezzo dello Spirito Santo.

Cuore dell’incontro sacramentale con la Grazia è propriamente la Veglia Pasquale, durante la quale la Chiesa, comunità dei salvati, celebra il mistero dell’amore del Signore.

In cattedrale a Treviso, in questa Pasqua, undici fratelli e sorelle provenienti dalle comunità della nostra diocesi, vivranno questa esperienza di rinnovamento e saranno incorporati in Cristo, diventando cristiani.

Undici storie diverse, undici cammini differenti che scelgono liberamente di consentire allo Spirito di soffiare nelle loro vite, di dare vigore alle loro scelte, per rinascere a vita nuova.

Il loro cammino di riscoperta della bellezza della fede in Cristo Gesù è iniziato molto tempo addietro. Hanno condiviso con le loro comunità l’entusiasmo della scoperta, la fatica della fedeltà, l’inquietudine della ricerca. Sono stati accompagnati dalla preghiera di tanti fratelli e sorelle che li hanno continuamente affidati al Signore.

All’inizio della quaresima, sono stati eletti per celebrare i Sacramenti dell’Iniziazione Cristiana. Nel tempo della purificazione hanno celebrato gli scrutini e hanno precisato e purificato il loro cuore e i loro desideri. Durante la Veglia Pasquale, in comunione con tutta la Chiesa, celebrano il Battesimo, la Confermazione e si accostano per la prima volta alla Comunione Eucaristica.

Se da un lato la loro iniziazione è compiuta, perché entrano a pieno titolo nella comunità dei salvati, dall’altro lato la loro vita cristiana inizia. Rinnovati dalla grazia di Dio, sono chiamati e chiamate a rientrare nel quotidiano delle loro vite facendo fiorire attorno a loro il giardino di Pasqua.

Ogni battezzato e ogni comunità, nel momento in cui lascia operare lo Spirito del Risorto e collabora liberamente alla sua azione, rinasce a vita nuova e diventa capace di trasformare il mondo, sotto il segno della Carità di Cristo.

Che questa Pasqua sia per tutta la Chiesa diocesana l’occasione per rinascere come Chiesa del Risorto. Celebrando il cuore della carità di Dio, le nostre comunità possano rinascere a vita nuova per essere capaci di continuare nel mondo a far fiorire la vita e la carità.

L’itinerario catecumenale di questi unici neofiti sia per tutta la Diocesi ispirazione e stimolo a riprendere con vigore la sua missione e a ricentrare la sua azione sull’unica cosa necessaria: far fiorire il Vangelo tra le pieghe della storia.

Don Marco Piovesan
Responsabile per il servizio diocesano per il catecumenato


L’omelia del Vescovo nella messa di Pasqua: “Se Cristo è davvero risorto, allora possiamo sperare”

Omelia del vescovo Michele Tomasi nella messa del giorno di Pasqua – cattedrale di Treviso – 17 aprile 2022:

Cari fratelli e sorelle in Cristo: «Buona Pasqua»!

Anche oggi siamo riuniti insieme per celebrare la vittoria sulla morte, la Risurrezione di Cristo, il Vangelo di una tomba vuota che sconvolge tutto ciò che siamo pronti ad accogliere e a credere.

È alla durezza e all’inevitabilità apparente del male, infatti, che nel concreto siamo abituati e disposti a credere. Vediamo il male, ne percepiamo la forza brutale, l’inesorabile presenza nella nostra vita.

Soprattutto in questi nostri tempi inquieti e dolorosi, non reggono più le sicurezze che ci eravamo costruiti, la fede ingenua in una bontà conquistata dall’umanità, nell’impossibilità del ritorno, anche nella nostra pacifica Europa, alla barbarie della guerra. Invece, ecco di nuovo irrompere la ragione irragionevole della forza bruta che porta all’arbitrio del più forte, la lotta di tutti contro tutti, e ancora risuonare la triste profezia come unica parola di apparente saggezza: «homo homini lupus»: l’uomo è lupo per l’altro uomo.

È doloroso, ma non ci sorprende: la guerra in Europa è solo l’ultima di una serie che continua ad insanguinare ogni parte del mondo; la violenza e la sopraffazione sono all’ordine del giorno a tantissimi livelli, la precarietà e la fragilità della vita ci sono ormai quotidianamente presenti attraverso le vicende della pandemia, la diseguaglianza sembra essere inevitabile corollario di ogni attività umana.

Niente di nuovo sotto il sole, dunque.

Ma ecco, ancora una volta, si ripresenta l’annuncio di una tomba vuota. Anche i tentativi di darsi una spiegazione plausibile, come il trafugamento del corpo, una prima teoria del complotto. E ci sono corse avanti e indietro tra il sepolcro ed il cenacolo, annunci non creduti, testimonianze ritenute poco attendibili, sguardi che non riescono a rendersi conto del senso di quanto stanno vedendo.

Ma quel sepolcro vuoto è lì.

Nulla nella storia sino ad ora è riuscito a cancellarne la presenza.

Il dato di fatto di un sepolcro vuoto.

E la testimonianza delle donne, degli apostoli, dei testimoni. Sono stati costretti ad accogliere l’impossibile, a credere l’incredibile e a darne testimonianza, con le parole e con il cambiamento di vita.

I testimoni hanno rimesso in gioco la loro vita non per un’invenzione, non per una teoria o una riflessione teologica, non perché incapaci di accettare la durezza della vita. Essi testimoniano perché hanno incontrato il Risorto:

E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti” (At 10, 39-41).

Noi siamo qui ora perché siamo in una tradizione ininterrotta di persone che hanno creduto a questo annuncio, e che vivendo a partire da esso hanno incontrato a loro volta il Signore: nella Parola, nei Sacramenti, nella comunità, nei poveri, nei piccoli e nei fragili, nelle vicende della vita.

Il nostro augurio di “buona Pasqua” diventa, allora, l’atto più forte e rivoluzionario che possiamo compiere, se è animato e mosso dalla fede nella vittoria di Cristo sul male e sulla morte.

Se Cristo è davvero risorto, allora possiamo sperare.

Allora c’è una forza di vita nella nostra esistenza, allora la speranza non è un’illusione. Allora ci si può impegnare a favore del bene, allora vince la vita. Anche se non sembra. Anche al cospetto di chi pensa di costruire, in un delirio di onnipotenza, la vita su lutti e macerie: anche se la violenza sembra forte, essa è sconfitta da se stessa, perché genera solamente atti di morte.

Il vero realismo diventa allora la fede nella vita, il perdono reciproco, la fraternità vissuta come dono e benedizione, l’impegno per prendersi cura gli uni degli altri, la fatica di rimanere fedeli nell’amore, il continuo sforzo di disarmare i cuori, le menti, le coscienze. La fiducia nella costruzione di un’Europa autentica casa di pace.

L’uomo non rimane allora nemico, non più avversario, ma amico, compagno di strada, fratello e sorella da accogliere e da amare.

«Homo homini amicus, frater”.

Conversione dello sguardo, della mente, del cuore, della vita.

Grazie alla forza donata da Dio.

Grazie alla Risurrezione di Cristo.

Grazie alla presenza qui, tra noi, del vivente, amante della vita.

 


Celebrata in cattedrale la solenne Veglia pasquale presieduta dal Vescovo

“Il dono della Pasqua è accettare il dono di Dio: diventare ogni giorno «nuovi», più luminosi e belli, più vivi”

“La proclamazione della Pasqua, che celebriamo in questa santa Notte, nella «madre di tutte le veglie» è davvero il centro di tutta la nostra fede, il fondamento di ogni nostra speranza, ed è il cuore che genera e sostanzia ogni nostro atto di amore”:  nella solenne Veglia pasquale in cattedrale, questa sera, il Vescovo ha iniziato così l’omelia, dopo la benedizione del fuoco e la preparazione del cero pasquale, all’esterno, e dopo la Liturgia della Parola che ha ripercorso e fatto rivivere le tappe della storia della salvezza. Nel corso della celebrazione undici catecumeni hanno ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana.

“Tutta la vita della Chiesa è un continuo celebrare la Pasqua, meditarne il senso e il significato, approfondirne il valore – ha ricordato mons. Tomasi -. Tutta l’esistenza della Chiesa e dei discepoli di Cristo è una celebrazione della vita nuova ricevuta in Cristo, risorto e vivo in mezzo a noi”.

E l’ingresso in questa vita nuova ci è donato nel Battesimo, nel quale siamo immersi in Lui, “nel dono di amore che è la sua morte, e siamo resi capaci di una “novità di vita”. Proclamare oggi la nostra fede nella Risurrezione di Cristo – ha sottolineato il Vescovo -, significa tornare alle sorgenti della vita nuova che ci è stata donata. Il cammino della nostra vita sarà allora un continuo ritorno a questa origine, disponibilità quotidiana a rinunciare al potere della morte, del sospetto, della paura”.

“Cari fratelli e sorelle in Cristo, e soprattutto voi, cari catecumeni che ora sarete inseriti in Cristo mediante il battesimo, questo è il dono della Pasqua: accettare il dono di Dio, diventare ogni giorno «nuovi», più luminosi e belli, più vivi. La continua conversione a ciò che il Risorto ci dona nel battesimo è quanto possiamo fare di più potente per il bene del mondo: credere in Dio, cercare la nostra guida soltanto in Cristo e rimanere saldi con Lui contro il male, la morte, la guerra, la violenza. Condividere la vita vera da Figli di Dio, fratelli e sorelle, tutti”.

 

L’omelia integrale del Vescovo:

Veglia pasquale – 16 aprile 2022

Cattedrale di Treviso

La proclamazione della Pasqua, che celebriamo in questa santa Notte, nella «madre di tutte le veglie» è davvero il centro di tutta la nostra fede, il fondamento di ogni nostra speranza, ed è il cuore che genera e sostanzia ogni nostro atto di amore.

Tutta la vita della Chiesa è un continuo celebrare la Pasqua, meditarne il senso e il significato, approfondirne il valore. Tutta l’esistenza della Chiesa e dei discepoli di Cristo è una celebrazione della vita nuova ricevuta in Cristo, risorto e vivo in mezzo a noi.

L’ingresso in questa vita ci è donato nel battesimo, esso “sancisce l’appartenenza dei cristiani a Cristo vivente” (Pino Stancari). Dobbiamo continuare a meditarlo e poi dobbiamo davvero continuare a crederlo: Cristo risorto, il principio della vita nuova è il Cristo crocifisso e morto sulla croce.

Dobbiamo ricordarlo sempre, perché come ci insegna San Paolo – e ci viene annunciato ogni anno, in questa liturgia della notte – se siamo battezzati in Gesù “siamo battezzati nella sua morte”, “siamo stati sepolti insieme a lui nella morte”.

Nel battesimo è morto ciò che siamo in quanto figli di Adamo, ciò che siamo come eredi di Caino, inizia una vita nuova, in Cristo.

Muore tutto ciò che ci fa mettere noi stessi al centro dell’esistenza, muore la nostra pretesa di essere noi stessi il dio della nostra esistenza, muore l’uomo vecchio che cerca con affanno di vincere la morte con le sue sole forze. E così non fa altro che continuare a generare morte.

E come la morte non ha più potere su Cristo Gesù, risorto dai morti, così anche noi, se lasciamo inchiodare l’uomo vecchio sulla croce, saremo “viventi per Dio, in Cristo Gesù”.

Non veniamo liberati dalla nostra condizione mortale, né dalla sofferenza, e nemmeno dalle prove. Dovremo essere sottoposti a prove, subiremo sofferenze, dovremo morire.  Ma non saremo più schiavi, non saremo più guidati dalla paura della morte. Il peccato non ci domina, la mortalità non ci contiene: siamo grandi della stessa vita di Dio, che ci è donata, completamente donata e mai costruita da noi stessi o conquistata dalla volontà o dalla forza.

La nostra vita è tutta racchiusa in questa tensione: tra l’essere morti, liberati dal potere della morte e ancora mortali, liberi dal male perché inseriti realmente in Cristo e ancora in un cammino che fa rivivere l’uomo vecchio, che vive cioè ancora il sospetto primordiale di Adamo verso Dio e la scelta omicida di Caino verso il fratello.

Ma il dono di Dio è irrevocabile: nel battesimo siamo immersi in Lui, nel dono di amore che è la sua morte, e siamo resi capaci di una “novità di vita”.

Proclamare oggi la nostra fede nella Risurrezione di Cristo, significa tornare alle sorgenti della vita nuova che ci è stata donata.

Il cammino della nostra vita sarà allora un continuo ritorno a questa origine, disponibilità quotidiana a rinunciare al potere della morte, del sospetto, della paura.

Ascoltiamo un padre della Chiesa a questo proposito:  “Non pensare che il rinnovamento della vita, che si dice avvenuto una sola volta, sia sufficiente; ma continuamente ogni giorno bisogna fare nuova, se si può dire, la stessa novità. Come infatti l’uomo vecchio continua ad invecchiare e di giorno in giorno si fa più senescente, così anche questo nuovo continua a rinnovarsi e non c’è mai un tempo in cui il suo rinnovamento non si accresca. Camminiamo in novità di vita, mostrandoci ogni giorno nuovi a colui che ci risuscitò con Cristo, e per così dire più belli, cercando in Cristo come in uno specchio la bellezza del nostro volto e, contemplandovi la gloria del Signore, trasformiamoci nella sua stessa immagine, poiché Cristo risorgendo dai morti dalle bassezze terrene è asceso alla gloria della maestà del Padre” (Origene).

Cari fratelli e sorelle in Cristo, e soprattutto voi, cari catecumeni che ora sarete inseriti in Cristo mediante il battesimo, questo è il dono della Pasqua: accettare il dono di Dio, diventare ogni giorno «nuovi», più luminosi e belli, più vivi.

La continua conversione a ciò che il Risorto ci dona nel battesimo è quanto possiamo fare di più potente per il bene del mondo: credere in Dio, cercare la nostra guida soltanto in Cristo e rimanere saldi con Lui contro il male, la morte, la guerra, la violenza.

Condividere la vita vera da Figli di Dio, fratelli e sorelle, tutti.

 

 


L’amore che fa rinascere: undici battezzati giovani e adulti nella veglia pasquale

Rinascere a vita nuova! E’ questa l’esperienza che l’incontro con l’amore del Signore permette di fare a chi si lascia avvolgere da Lui, che è misericordia. La vita riprende vigore, le ferite sono guarite e sanate, la libertà si apre alla carità. Questa esperienza profondamente umana, e per ciò profondamente spirituale, è donata in maniera speciale durante la celebrazione dei sacramenti, nella Chiesa. Sono segni e parole che significano la Grazia di Dio, che la rendono presente nel qui ed ora della storia degli uomini. L’amore del Cristo, già consegnato una volta per tutte nella sua passione, morte, risurrezione, è celebrato, vissuto, reso presente e accolto ogni volta che la Chiesa invoca il Padre, nel Figlio, per mezzo dello Spirito Santo.
Cuore dell’incontro sacramentale con la Grazia è la Veglia pasquale, durante la quale la Chiesa, comunità dei salvati, celebra il mistero dell’amore del Signore. In cattedrale a Treviso, in questa Pasqua, undici fratelli e sorelle provenienti dalle comunità della nostra diocesi, vivranno questa esperienza di rinnovamento e saranno incorporati in Cristo, diventando cristiani. Undici storie diverse, 11 cammini differenti che scelgono liberamente di consentire allo Spirito di soffiare nelle loro vite, di dare vigore alle loro scelte, per rinascere a vita nuova. Il loro cammino di riscoperta della bellezza della fede in Cristo Gesù è iniziato molto tempo addietro. Hanno condiviso con le loro comunità l’entusiasmo della scoperta, la fatica della fedeltà, l’inquietudine della ricerca. Sono stati accompagnati dalla preghiera di tanti fratelli e sorelle che li hanno continuamente affidati al Signore.
All’inizio della Quaresima, sono stati eletti per celebrare i Sacramenti dell’Iniziazione cristiana. Nel tempo della purificazione hanno celebrato gli scrutini e hanno precisato e purificato il loro cuore e i loro desideri. Durante la Veglia pasquale, in comunione con tutta la Chiesa, celebrano il Battesimo, la Confermazione e si accostano per la prima volta alla Comunione eucaristica. Se da un lato la loro iniziazione è compiuta, perché entrano a pieno titolo nella comunità dei salvati, dall’altro la loro vita cristiana inizia. Rinnovati dalla Grazia, sono chiamati a rientrare nel quotidiano delle proprie vite facendo fiorire attorno a loro il giardino di Pasqua.
Ogni battezzato e ogni comunità, nel momento in cui lascia operare lo Spirito del Risorto e collabora alla sua azione, rinasce a vita nuova e diventa capace di trasformare il mondo, sotto il segno della Carità di Cristo. Che questa Pasqua sia per tutta la Chiesa diocesana l’occasione per rinascere come Chiesa del Risorto. Celebrando il cuore della carità di Dio, le nostre comunità possano rinascere a vita nuova per essere capaci di continuare nel mondo a far fiorire la vita e la carità. L’itinerario catecumenale di questi neofiti sia per tutta la Diocesi ispirazione a riprendere con vigore la sua missione e a ricentrare la sua azione sull’unica cosa necessaria: far fiorire il Vangelo tra le pieghe della storia.

(don Marco Piovesan)


Dai Vescovi italiani

“Quando venne la pienezza del tempo (Gal 4,4)” – Messaggio per la Quaresima

“Un invito a una triplice conversione, urgente e importante in questa fase della storia, in particolare per le Chiese che si trovano in Italia: conversione all’ascolto, alla realtà e alla spiritualità”. È il Messaggio dei Vescovi italiani per la Quaresima, che comincia riferendosi alla prima fase del Cammino sinodale, dedicata all’ascolto. Ascolto, innanzitutto, della voce dei bambini, che in questo tempo di pandemia “colpiscono con la loro efficace spontaneità: ‘Non mi ricordo cosa c’era prima del Covid’;  “Arrivano al cuore anche le parole degli adolescenti”, si legge nel messaggio: ‘Sto perdendo gli anni più belli della mia vita’. Le voci degli esperti, poi, “sollecitano alla fiducia nei confronti della scienza, pur rilevando quanto sia fallibile e perfettibile”: “Siamo raggiunti ancora dal grido dei sanitari, che chiedono di essere aiutati con comportamenti responsabili”. Infine – si legge nel messaggio – “risuonano le parole di alcuni parroci, insieme con i loro catechisti e collaboratori pastorali, che vedono diminuite il numero delle attività e la partecipazione del popolo, preoccupati di non riuscire a tornare ai livelli di prima, ma nello stesso tempo consapevoli che non si deve semplicemente sognare un ritorno alla cosiddetta normalità”. “Ascoltare in profondità tutte queste voci anzitutto fa bene alla Chiesa stessa”, la sottolineatura della Cei: “Sentiamo il bisogno di imparare ad ascoltare in modo empatico, interpellati in prima persona ogni volta che un fratello si apre con noi”. L’ascolto, infatti, “trasforma dunque anzitutto chi ascolta, scongiurando il rischio della supponenza e dell’autoreferenzialità”: “Una Chiesa che ascolta è una Chiesa sensibile anche al soffio dello Spirito. Ascolto della Parola di Dio e ascolto dei fratelli e delle sorelle vanno di pari passo. L’ascolto degli ultimi, poi, è nella Chiesa particolarmente prezioso, poiché ripropone lo stile di Gesù, che prestava ascolto ai piccoli, agli ammalati, alle donne, ai peccatori, ai poveri, agli esclusi”.

“L’ancoraggio alla realtà storica caratterizza dunque la fede cristiana”. “Non cediamo alla tentazione di un passato idealizzato o di un’attesa del futuro dal davanzale della finestra”, l’invito: “È invece urgente l’obbedienza al presente, senza lasciarsi vincere dalla paura che paralizza, dai rimpianti o dalle illusioni. L’atteggiamento del cristiano è quello della perseveranza: Questa perseveranza è il comportamento quotidiano del cristiano che sostiene il peso della storia, personale e comunitaria”. “Nei primi mesi della pandemia abbiamo assistito a un sussulto di umanità, che ha favorito la carità e la fraternità”, si ricorda nel messaggio: “Poi questo slancio iniziale è andato via via scemando, cedendo il passo alla stanchezza, alla sfiducia, al fatalismo, alla chiusura in sé stessi, alla colpevolizzazione dell’altro e al disimpegno”. “Ma la fede non è una bacchetta magica”, avvertono i vescovi: “Quando le soluzioni ai problemi richiedono percorsi lunghi, serve pazienza, la pazienza cristiana, che rifugge da scorciatoie semplicistiche e consente di restare saldi nell’impegno per il bene di tutti e non per un vantaggio egoistico o di parte”. “Come comunità cristiana, oltre che come singoli credenti, dobbiamo riappropriarci del tempo presente con pazienza e restando aderenti alla realtà”, la proposta: “Sentiamo quindi urgente il compito ecclesiale di educare alla verità, contribuendo a colmare il divario tra realtà e falsa percezione della realtà. In questo ‘scarto’ tra la realtà e la sua percezione si annida il germe dell’ignoranza, della paura e dell’intolleranza. Ma è questa la realtà che ci è data e che siamo chiamati ad amare con perseveranza”. Di qui l’impegno “a documentarsi con serietà e libertà di mente e a sopportare che ci siano problemi che non possono essere risolti in breve tempo e con poco sforzo”.

“Il Cammino sinodale sta facendo maturare nelle Chiese in Italia un modo nuovo di ascoltare la realtà per giudicarla in modo spirituale e produrre scelte più evangeliche”. È quanto si legge nel Messaggio della Cei per la Quaresima, in cui si fa notare che “lo Spirito non aliena dalla storia: mentre radica nel presente, spinge a cambiarlo in meglio”. “Per il cristiano questo non è semplicemente il tempo segnato dalle restrizioni dovute alla pandemia”, scrivono i vescovi: “È invece un tempo dello Spirito, un tempo di pienezza, perché contiene opportunità di amore creativo che in nessun’altra epoca storica si erano ancora presentate”. “Forse non siamo abbastanza liberi di cuore da riconoscere queste opportunità di amore, perché frenati dalla paura o condizionati da aspettative irrealistiche”, l’esame di coscienza: “Mentre lo Spirito, invece, continua a lavorare come sempre”. ”Lo Spirito domanda al credente di considerare ancora oggi la realtà in chiave pasquale, come ha testimoniato Gesù, e non come la vede il mondo”, si ricorda nel messaggio: “Per il discepolo una sconfitta può essere una vittoria, una perdita una conquista. Cominciare a vivere la Pasqua, che ci attende al termine del tempo di Quaresima, significa considerare la storia nell’ottica dell’amore, anche se questo comporta di portare la croce propria e altrui”.

 

Leggi il Messaggio integrale


Messaggio: gli auguri del Vescovo

“Nel Natale di Gesù la radice di ogni nostro rinascere”

Per il Natale 2021, vi auguro di diventare voi stessi un augurio di Natale. Un augurio è l’espressione del desiderio che alla persona a cui viene rivolto accada qualcosa di bello (non voglio nemmeno prendere in considerazione auguri di male…). Ci auguriamo, quindi, semplicemente di passare bene la festa del Natale. È già molto, ci sembra quasi difficile da esprimere in tempi così complicati come i nostri, soprattutto se incontriamo persone che in vario modo vivono la precarietà dell’esistenza a causa della malattia, della solitudine, di qualche difficoltà o crisi familiare, sociale, economica. Sentiamo, a partire dalla nostra fede, che quello che si festeggia è veramente importante, e quindi desideriamo che il contenuto celebrato possa riverberarsi sull’esistenza di chi lo festeggia. A volte ci basterebbe un po’ di serenità e di quiete. Ma no, non basta ancora. Allora desideriamo per gli altri che i loro desideri più cari possano realizzarsi in quel giorno. Auguriamo in fondo che accada qualcosa che scaldi il cuore, che dia luce e calore, che regali alla vita un colore e una musica carichi di affetti, di pace, che aprano al sorriso le persone care, soprattutto quelle più provate dalla vita. Poi ci diciamo subito che la pace e la gioia non possono limitarsi ad un giorno solo.

Qualcuno ne trae la conseguenza di rinunciare del tutto agli auguri.

Andiamo invece avanti. Andiamo in profondità del nostro desiderio di bene, per noi e per gli altri. Andiamo alle radici della possibilità di questo bene: il Signore Dio prende parte alla nostra vita, diventa uno di noi, il bambino Gesù, l’uomo vero. Lui prende le nostre parti. Quelle dello scartato, del debole, del piccolo. Quelle di ciascuno di noi, di tutti. Non ci lascia più da soli, ci sostiene, ci accompagna, ci guida. Si dona. Diventa dono. Abbandonato in croce, abbraccia tutti. Risorto è veramente presente, per sempre, e apre la vita all’eternità. Lui si fa Natale, Lui si fa dono, Lui assume e realizza ogni desiderio. Lui è garanzia, fonte e meta di ogni augurio. Se metto il mio desidero di bene per chi riceve i miei auguri nel cuore del Signore Gesù, Lui è caparra di ogni mio augurio. Ed è Lui che raggiunge l’altro nel mio augurio, che non è più soltanto una formula consueta, ma diventa parola vera, che sgorga dal cuore.

E l’augurio non è più nemmeno soltanto parola, ma respiro dell’anima che mette in moto la mia disponibilità, il mio cuore e le mie mani, la mia fantasia e tutto il mio desiderio per vedere realizzato il tuo desiderio di bene.

E troverò il modo, magari semplice e discreto per farmi presente, veramente persona con te, con tutti, affinché ti possa accadere davvero qualcosa di bello, un’emozione, una luce calda, un sorriso nuovo ed insperato.

 

Nel Natale di Gesù di Nazareth, il Cristo, vero Dio e vero uomo, ci sia la radice di ogni nostro rinascere, ci sia il motivo di ogni sorriso, di ogni aiuto, di ogni gesto piccolo o grande di fraternità, ci sia il desiderio che si realizzi ogni desiderio di bene.

Auguro a noi tutti che possiamo diventare un augurio vero, incarnato.

Buon Natale!