Papa Pio X

Morto Leone XIII il 20 luglio 1903, il card. Sarto partì per Roma il 26 luglio. Ai veneziani che erano accorsi alla stazione per salutarlo assicurò: “o vivo o morto tornerò!”.I papabili erano il cardinale Mariano Rampolla del Tindaro, Segretario di Stato di Leone XIII, e il cardinale Gotti: ma i tempi erano ormai maturi per una scelta nuova. Al Rampolla si può applicare una salace considerazione riportata da Ernesto Vercesi, dello stesso Leone XIII, al quale fu domandato come mai il “Cardinale Consalvi non ebbe dei voti alla morte di Pio VII, dopo i grandi servizi che aveva reso alla Chiesa? Leone rispose: «Consalvi aveva durato anche troppo». Erano molti anche nel Sacro Collegio che desideravano un indirizzo nuovo. S’invocava un papa che permettesse un’evoluzione che si sentiva nell’aria”[1].Il card. Sarto entrò in conclave nel pomeriggio del 31 luglio e, dopo che le prime votazioni avevano evidenziato una radicale contrapposizione di schieramenti, fu sottoposto a pressioni sempre crescenti; dopo aver inutilmente cercato di non farsi eleggere, nel tardo mattino del 4 agosto fu eletto papa con 50 voti su 62 teoricamente possibili (80,6%). Assunse il nome di Pio, in ricordo dei papi con questo nome che “nel secolo passato hanno coraggiosamente lottato contro le sette e gli errori”, cioè Pio VI, Pio VII e Pio IX.Annunciò il programma del suo pontificato con l’enciclica E supremi apostolatus cathedra (4 ottobre 1903), nella quale è contenuto anche il motto Instaurare omnia in Christo[2].La realizzazione di tale programma ebbe subito inizio con un ritmo incalzante: dal motu proprio Tra le sollecitudini (22 novembre 1903) per la riforma della musica sacra, al motu proprio Fin dalla prima (18 dicembre 1903) per il riordinamento dell’Azione Popolare Cristiana, alla costituzione Commissum nobis (20 gennaio 1904) condanna del Veto in Conclave, cioè quell’anacronistico diritto delle potenze europee di opporsi alla elezione a papa di un cardinale non gradito: fu usato per l’ultima volta dal card. Puzyna di Cracovia proprio nel conclave da cui uscì eletto.Seguirono l’enciclica Ad diem illum (2 febbraio 1904) per il cinquantesimo anniversario della definizione del dogma dell’Immacolata Concezione, la lettera Quum arcano (11 febbraio 1904) con la quale indiceva la visita apostolica alla città di Roma[3], seguita in breve tempo dal decreto Constat apud omnes (7 marzo 1904), in cui prendeva un’analoga iniziativa per la visita apostolica alle diocesi italiane.Cinque giorni dopo era la volta dell’enciclica Iucunda sane (12 marzo 1904) per il XIII Centenario di S. Gregorio Magno e, 12 giorni dopo, quella del motu proprio Arduum sane munus (19 marzo 1904) per la compilazione del nuovo Codice di Diritto Canonico: non vedrà ultimata questa immane impresa, che verrà presentata alla Chiesa dal suo successore, Benedetto XV, il 25 maggio 1917, giorno di Pentecoste.Sul fronte politico italiano, il nuovo papa iniziò con cautela e circospezione ad attenuare il Non expedit e ad aprirsi alle correnti politiche moderate per evitare l’elezione di esponenti radicali o socialisti. Di fronte alla crisi dell’Opera dei Congressi, prese la decisione del suo scioglimento; secondo un disegno strategico improntato all’azione del laicato sotto un rigido controllo ecclesiastico, con la lettera La lettera circolare (1 marzo 1905) riprovò la Democrazia Cristiana Autonoma e con l’enciclica Il fermo proposito (11 giugno 1905) favorì la riorganizzazione dell’Azione Cattolica in Italia. Conscio dell’importanza del laicato cattolico nella riconquista cristiana della società, vedeva nella sua azione un prolungamento dell’azione del clero, in una visione confessionale nella quale emergeva la pragmaticità pastorale di antico parroco di Salzano.Il 1905 fu anche l’anno dell’enciclica Acerbo nimis (15 aprile 1905) sull’insegnamento del catechismo, uno dei primi interventi in questo ambito, per i quali sarà chiamato il “papa del catechismo”. Ma, a fianco di questo titolo, si trova anche quello di “papa dell’eucaristia”, perché l’eucaristia fu il tema fondamentale del decreto Sacra Tridentina Synodus (20 dicembre 1905), riguardante la comunione frequente e quotidiana.Sul fronte della politica internazionale era intanto scoppiata la questione francese: dopo le vicende legate alle “leggi inique” votate in Francia contro la Chiesa fra il 1880 ed il 1903, e le controversie che avevano seguito la visita al Quirinale del presidente francese Émile Loubet (1838-1929), avvenuta nel 1904, il 9 dicembre 1905 il parlamento francese votò la legge di separazione fra Stato e Chiesa. La risposta di Pio X non si fece attendere e si concretizzò in due encicliche contro il governo francese: nell’enciclica Vehementer condannò la separazione della Chiesa dallo Stato in Francia (11 febbraio 1906), e nella Gravissimo officii munere condannò le leggi cultuali proposte dal governo francese (10 agosto 1906).Non furono questi gli unici atti legati a controversie fra Chiesa e Stato. In altri paesi, come in Ecuador e, qualche anno dopo in Portogallo, lo stato aveva emanato “leggi persecutrici” nei confronti della Chiesa: Pio X espresse il “suo dolore” con la lettera Acre nefariumque bellum (14 maggio 1905) contro le leggi votate nell’Ecuador e, sei anni dopo, con l’enciclica Jamdudum in Lusitania, per quelle votate in Portogallo (24 maggio 1911).E a coronamento di un’opera efficace ed attenta, durata almeno 30 anni, non mancò un progetto di riforma dei seminari d’Italia, realizzato con un provvedimento autorevole il 16 gennaio 1906.Dello stesso anno sono due interventi, uno sul clero ed uno sul sacramento dell’eucaristia: l’enciclica Pieni l’animo sull’educazione del giovane clero (28 luglio 1906) ed il decreto Post editum sulla comunione ai malati non digiuni (7 dicembre 1906).Dopo avere ancora una volta manifestato la posizione della Santa Sede nei confronti del governo francese, con l’enciclica Une fois encore (6 gennaio 1907), Pio X condannò 65 proposizioni moderniste nel decreto Lamentabili sane exitu (3 luglio 1907) ed il movimento modernista con l’enciclica Pascendi dominici gregis (8 settembre 1907), etichettandolo come la sintesi di tutte le eresie ed aprendo una stagione della storia della Chiesa contemporanea non ancora compresa a fondo. Il 1907 fu l’anno in cui culminò in modo virulento questa lotta: per i fatti successi si rese necessario un supplemento d’indagine alla soglia della beatificazione, per rispondere ad una ridda di sospetti e di “veleni” propalati sull’operato e sulle effettive responsabilità del papa[4], che intervenne con estremo vigore, sempre con un pugno di ferro dentro ad un guanto di velluto, dato che la sua formazione intransigente non gli permetteva altri modi di agire, ed i tempi in cui visse non permettevano di distinguere tra “errante” ed “errore”. I testimoni ai processi canonici concordano che, se dimostrò “una energia inesorabile, pienamente giustificata dalla gravità del pericolo che incombeva sulla Chiesa, con i Modernisti dimostrò sempre una carità insuperabile ed una misericordia senza misura. […] voleva che si sperimentassero tutti i mezzi umanamente possibili per ammonirli e persuaderli dei loro errori, raccomandando vivamente che non si mancasse alla carità. […] non li abbandonava a se stessi: li seguiva con occhio paterno, tentava ogni via per richiamarli e se si fossero trovati in ristrettezze economiche provvedeva anche al loro sostentamento”[5]. Nella parte dispositiva dell’enciclica le misure previste erano mirate, e culminarono con l’imposizione di un giuramento antimodernista (1 settembre 1910), a riprova della costante sollecitudine di Pio X per l’integrità del Depositum Fidei[6].Dall’atteggiamento antagonistico di fronte alle nuove idee ed ai nuovi fermenti interni ed esterni alla Chiesa, è nata la convinzione che papa Sarto sia stato un papa “retrogrado” e “reazionario”.Non sono però mancati anche interventi di originale portata riformatrice e di respiro universale: come la costituzione apostolica Sapienti consilio, che riformava la curia romana (29 giugno 1908), la lettera Quidquid consilii sull’unione delle chiese orientali (8 luglio 1908), e la lettera apostolica ai vescovi d’oriente sull’unione delle chiese del 26 dicembre 1910, che sottolinea uno degli aspetti ecumenici più interessanti del pontificato di Pio X.Di influenza particolarmente efficace fu l’esortazione al clero Haerent animo, scritta per la celebrazione del suo giubileo sacerdotale (4 agosto 1908).Il 29 settembre 1908, con la costituzione apostolica Promulgandi pontificias, fondò il periodico Acta Apostolicae Sedis, unico organo di stampa ufficiale della Santa Sede per i problemi dottrinali e disciplinari, che sostituiva il precedente Acta Sanctae Sedis, istituito da Pio IX nel 1865.Seguirono poi le encicliche Communium rerum, nel VIII Centenario di Sant’Anselmo d’Aosta (21 aprile 1909), la lettera Vinea electa riguardante la fondazione dell’Istituto biblico (7 maggio 1909), Editae saepe, nel III Centenario di San Carlo Borromeo (26 maggio 1910) e Quam singulari Christus amore sulla comunione dei fanciulli (8 agosto 1910), una delle sue più famose encicliche eucaristiche, quella per la quale ebbe a dire: “questo documento mi è stato ispirato da Dio stesso”.In ambito sociale gli interventi di papa Sarto furono di certo non altisonanti come quello del suo predecessore Leone XIII: sono da segnalare l’intervento per l’inaugurazione della Scuola Sociale Cattolica di Bergamo il 15 agosto 1910, e la lettera Notre charge apostolique del 25 agosto 1910, nella quale condannò le teorie della rivista Sillon di Marc Sangnier (Parigi, 1873-1950), il quale prontamente si sottomise in modo pieno ed incondizionato al volere del papa. Altro fatto da sottolineare è che durante il pontificato di Pio X si assistette ad una maggiore sensibilizzazione ed organizzazione delle attività della Chiesa a favore dell’emigrazione.Altri atti pontifici di Pio X furono la costituzione apostolica Divino afflatu, che riformava il breviario romano (1 novembre 1911), la costituzione apostolica Etsi nos, che prevedeva la riforma del vicariato di Roma (1 gennaio 1912), l’enciclica Lacrimabili statu sulle disumane condizioni degli indios nell’America Latina (7 giugno 1912), l’enciclica Singulari quadam sui sindacati operai in Germania (24 settembre 1912) e la lettera apostolica Universis Christifidelibus dell’8 marzo 1913, per il XVI Centenario Costantiniano.Dall’esame degli atti di papa Pio X può sorprendere il fatto che papa Sarto non sia mai intervenuto a riguardo di argomenti scientifici, anche se quelli in cui visse erano anni che registravano lo scardinamanto di secolari fondamenti della fisica con la formulazione della teoria dei quanti (1900) di Max Planck (1858-1947), della teoria della relatività ristretta (1905) di Albert Einstein (1879-1955) e dell’interpretazione atomistica della realtà fisica (1903-1913) ad opera di Joseph John Thomson (1856-1940), Ernest Rutherford (1871-1937) e Niels Bohr (1885-1962).È un fatto strano, perché Giuseppe Sarto ha sempre coltivato studi scientifici, con speciale riguardo alla matematica e all’astronomia: è sempre riuscito bene in questo tipo di studi, ha espresso la sua versatilità scientifica nella costruzione di meridiane e, da papa, ha seguito l’attività della Specola vaticana fondata dal suo predecessore[7].Il progressivo declino della salute e le condizioni politiche che si deterioravano sempre di più in Europa lo portarono alla tomba. Angosciosamente il 2 agosto 1914 inviò l’esortazione Dum Europa a tutti i cattolici del mondo per implorare la cessazione della guerra europea appena scoppiata, che poi sfocerà nella prima guerra mondiale: è un accorato appello a porre fine alle ostilità e ad esperire ogni strada per la composizione del conflitto nell’interesse superiore dell’umanità e della pace. È un testamento di pace dei più alti che siano stati consegnati alle future generazioni.Morì alle 1.16 del 20 agosto 1914, giovedì. Fu sepolto nelle grotte vaticane e sulla sua tomba furono scritte le parole: PIUS P.P. X – DIVES ET PAUPER – MITIS ET HUMILIS CORDE – REIQUE CATHOLICAE VINDEX FORTIS – INSTAURARE OMNIA IN CHRISTO – SATAGENS – PIE OBIIT DIE XX AUG. A. D. MCMXIV, che riassumono una vita ed un pontificato vissuti all’ombra della croce e all’insegna della povertà più rigorosamente vissuta[8]. [1] VERCESI E., Tre Papi, Edizioni Athena, Milano, 1929, p. 175.[2] Il motto si trova in Efesini 1, 10, ma molte sono le traduzioni ed i significati attribuiti. Ad esempio, una di esse è: Il disegno di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra. Nella sua benevolenza lo aveva in lui prestabilito per realizzarlo nella pienezza dei tempi (BELTRAME QUATTROCCHI P., I salmi preghiera cristiana Salterio corale, IX edizione, Benedettine, S. Agata sui due Golfi (NA), 1986, p. 409). A queste parole fa eco, in Coloss. 3, 11, un analogo concetto paolino. Vi si legge: Qui non c’è più Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o Scita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti (La Sacra Bibbia, Edizione ufficiale della CEI, Ed. Conferenza Episcopale Italiana, UECI, 1974, pp. 1175).Il motto di Pio X Instaurare omnia in Christo è sempre sempre tradotto, con una non malcelata sorta di compiacimento e di contrapposizione alla cultura del mondo, nell’accezione Restaurare in Cristo tutte le cose, ed è sempre stato inteso esclusivamente in senso integrista, integralista e reazionario, di restaurazione appunto. Se rapportato ai tempi in cui fu pronunciato, va invece inteso in una significazione molto più moderna, secondo una logica per molti aspetti anticipatrice dell’ultimo Concilio Vaticano II, come Rifondazione di tutto in Cristo, con un significato più profondo ed ampio, colto con lo spirito dei “tempi maturi” solo dal citato Concilio, che ha invitato i cristiani ad essere veramente tali solamente se fonderanno, ogni giorno e in ogni occasione, la propria vita sulla parola di Cristo. Ora si traduce anche ricapitolare, unificare, riunire, fondare, rifondare. In Germania si traduce Alles in Christi erneuern, cioè Rinnovare ogni cosa in Cristo.[3] Nessun papa prima di Pio X aveva “mai eseguito le prescrizioni del Concilio di Trento di fare una Visita Pastorale alla città di Roma” in quanto vescovo di quella città. Si veda l’ampio intervento di Gianpaolo Romanato e di Silvio Tramontin in AA. VV., Quaderni della Fondazione Giuseppe Sarto, 1, gennaio 1990, pp. 19-45, in particolare p. 32.[4] [ANTONELLI F.], Sacra Rituum Congregatio Sectio Historica n. 77 Romana Beatificationis et Canonizationis Servi Dei Pii Papae X Disquisitio circa quasdam obiectiones modum agendi Servi Dei respicientes in Modernismi debellatione una cum Summario Additionali ex Officio compilato, Typis Polyglottis Vaticanis, 1950, p. 303.[5] DAL-GAL G., Il papa santo Pio X Vita ufficiale della Postulazione per la Causa di Canonizzazione, Il Messaggero di S. Antonio, Padova, 1954, pp. 185-186.[6] ZAMBARBIERI A., Voce Pio X, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia. Vol II: I protagonisti, Marietti, Torino, 1982, pp. 486-95.[7] DANIELE I., San Pio X alunno del seminario vescovile di Padova (13 novembre 1850- 14 agosto 1858), Istituto per la Storia Ecclesiastica Padovana, Padova, 1987, p. 17-41; MAFFEO S. S. J., Nove papi una missione Cento anni della Specola Vaticana, Pontificia Academia Scientiarum, Città del Vaticano, 1991, pp. 52-56.[8] Queste parole bene si adeguano a quanto scritto nel suo testamento olografo: “Nato povero, vissuto povero e sicuro di morir poverissimo” (ROMANATO G., Pio X La vita di papa Sarto, Rusconi, Milano, 1992, pp. 289-90) e, nonostante fosse assolutamente alieno dall’accettare onori umani, dovette accettare che la famiglia fosse nobile: “La famiglia, in virtù della Bolla Benedettina Urbem Romam del 1746, è stata aggregata alla nobiltà romana, ed in conseguenza è iscritta nell’El. Nob. Ital. col titolo di nobile romano (mf.), in persona dei discendenti dai fratelli di Pio X” (SPRETI V., Enciclopedia storico-nobiliare italiana, vol. II, Forni Editore, Bologna, 1969 (Rist. anastastica dell’ed. di Milano, 1928-35, p. 447).