Parlano di gioia le letture proposte dalla liturgia oggi, nella giornata mondiale del malato – festa della Madonna di Lourdes -. “Ma possiamo davvero parlare di «gioia» di fronte alla sofferenza, al peso della malattia, alla fatica di vivere che essa comporta?” si è chiesto il vescovo Michele Tomasi nell’omelia della messa, da lui presieduta nella basilica di Santa Maria Maggiore (la “Madonna granda” dei trevigiani).
Sembra davvero fuori luogo parlare di gioia “nelle condizioni del nostro tempo, in cui alla fatica dell’essere ammalati si assommano tutti i disagi, le difficoltà e le incertezze di questo tempo di pandemia, che mette tutti sotto pressione, ma in modo particolare chi abbia problemi di salute, che continuano ad essere molti, spesso molto gravi – ha sottolineato il Vescovo -. Eppure, è proprio in queste condizioni, eppure è proprio chi più soffre e vive condizioni di disagio che sente che nel profondo di sé quella promessa di felicità sta sussurrando una parola di speranza. Eppure, sono i momenti ordinari delle nostre vite che chiedono di essere vissuti come luoghi di incontro vero, di incontro straordinario con la pace e la serenità cui da sempre aspiriamo”. E questo è possibile soprattutto grazie alla presenza di “persone amiche e pazienti”, con l’aiuto delle quali si riesce “ad affrontare molto di quanto la vita ti chiede (talvolta anche drammi di un dolore indicibile). Scopri che è possibile un amore che affianca, accompagna, sostiene, pian piano aiuta a guarire” ha ricordato il Vescovo, citando la sua ultima lettera pastorale, nella quale condivide alcune riflessioni sulla sofferenza, sulla vicinanza e la cura, scaturite anche dalla propria personale esperienza in seguito all’infortunio della scorsa estate.
Ed ecco, allora, il grazie a “quanti si prendono cura degli altri, della loro salute, della loro vita: i medici, gli infermieri e tutti i professionisti sanitari e sociosanitari che operano nelle strutture, così come i medici di medicina generale, i pediatri, gli operatori dell’assistenza domiciliare, i farmacisti, chi lavora nei centri vaccinali. Ecco anche chi, nel mondo della sanità svolge compiti direttivi, amministrativi e gestionali. Ecco i ricercatori, i tecnici, gli scienziati che continuano a ricercare farmaci e cure, mettendo in gioco come gli altri competenza e passione. Ecco i familiari e gli amici, che sanno riordinare le priorità della loro vita per accompagnare, accudire, consolare e donare serenità a quanti sono ammalati ed infermi”.
“Prima o poi riesci a guardare alla croce del Signore: amore e dolore. Da lì puoi traguardare verso uno spiraglio, dal quale si insinua la luce della risurrezione. E l’amore torna a donare un respiro, un nuovo passo. Per imparare di nuovo a vivere. Per imparare di nuovo a camminare” ha ricordato il Vescovo, che ha sottolineato il valore della preghiera di tante persone, di intere comunità.
Mons. Tomasi ha ricordato che la Giornata mondiale del malato è stata istituita da Giovanni Paolo II, un papa santo, che “anche nel limite della malattia ha testimoniato la fiducia nel Dio della vita”. A lui e a santa Bertilla, suora infermiera proprio all’ospedale di Treviso, della quale ricorrono i 100 anni della morte, mons. Tomasi ha chiesto di intercedere “perché possiamo incontrare anche noi questo amore e vivere questa gioia”.
Al termine della celebrazione, la preghiera del Vescovo a Maria, di fronte all’immagine della “Madonna granda” conservata nel santuario: “Madre di ogni consolazione, ti affidiamo ogni nostra lacrima e ogni nostro dolore, ogni dubbio ed ogni fatica, ogni fallimento, ogni difficoltà”.
Hanno concelebrato il direttore dell’ufficio di Pastorale della salute, mons. Antonio Guidolin, il vicario per la Pastorale, mons. Mario Salviato e padre Ottavio Bolis, parroco di Madonna Granda, insieme ad altri sacerdoti della comunità somasca.
In allegato la preghiera e l’omelia integrale
XXX Giornata Mondiale del Malato
Preghiera a Maria
recitata dal Vescovo Michele Tomasi in Santa Maria Maggiore – Treviso
Santa Maria, Madre del Signore e Madre nostra,
veniamo a te e osiamo speranza,
noi figli smarriti,
noi viandanti, sperduti
ma consolati dal tuo sguardo
che vede la gioia quando sta per finire
e la Fonte che, sola,
la può rinnovare.
“Fate quello che vi dirà”, ci dici,
e l’acqua delle nostre fatiche
diventa il vino
di sguardi che si incontrano,
di vite che tornano a fiorire,
di storie che – interrotte –
non sono finite per sempre,
di strade che – impervie –
conducono ancora a casa.
Santa Maria, Madre di ogni consolazione,
ti affidiamo ogni nostra lacrima e ogni nostro dolore,
ogni dubbio ed ogni fatica,
ogni fallimento, ogni difficoltà.
Portali tu al Figlio tuo, Signore e Fratello nostro:
noi faremo come tu dici, faremo ciò che Lui ci dirà:
ameremo come Lui vuole,
perdoneremo come Lui perdona,
saremo servi gli uni degli altri.
Santa Maria, Madre di ogni premura
e di ogni cura,
prega per noi.