BRASILE. Dibattito tra i missionari veneti. Il tempo più difficile

(da TERRE & MISSIONI di giugno 2021)

“Il prossimo anno, se il Signore vorrà, celebrerò cinquant’anni qui in Brasile, ma non ho dubbi nel dire che non ho mai visto un momento
così difficile”. Sono parole vibranti quelle di mons. Francesco Biasin, il fidei donum padovano, oggi vescovo emerito di Barra di Piraì-Volta Redonda.  “Oggi nel Paese stanno saltando tutti i parametri, vale tutto e il grande rischio è che le elezioni del prossimo anno polarizzino
le posizioni nella società civile, producendo anche scontri”.
Dom Francisco, com’è conosciuto in Brasile, è intervenuto il 24 maggio all’ultimo appuntamento con i Lunedì della missione. “Quale speranza per il Brasile? Voci da una terra al bivio” è il titolo scelto per la puntata speciale del format ideato da Centro missionario diocesano di Padova, Medici con l’Africa Cuamm e missionari Comboniani, con la collaborazione con i Centri missionari di Vicenza e Treviso, nella quale le testimonianze di missionari di lunga esperienza hanno messo a fuoco molte delle grandi questioni del Brasile
oggi.
Questioni che mons. Biasin ha ripreso, rifacendosi alla lettera scritta dai vescovi alla popolazione dopo l’incontro del 18 e 19 maggio per fare il punto sulla recezione del Sinodo panamazzonico del 2019 e dell’esortazione Querida Amazonia.
Una lettera dai toni netti e coraggiosi, nella quale i pastori ammettono che il Sinodo non è stato compreso fino in fondo, ma che dà la possibilità alla Chiesa cattolica di aprire strade nuove, di generare una Chiesa inculturata, vicina ai popoli amazzonici, che valorizzi i laici, le donne e i giovani. Un testo che non teme nemmeno di denunciare il “progetto genocida architettato sfacciatamente contro le popolazioni indigene”, smontando le politiche di protezione e sicurezza.
Il Paese sembra non essersi mai liberato della dinamica coloniale che ha attraversato la sua storia. “Le disuguaglianze tra ricchi e poveri, a causa della pandemia, si sta acuendo – ha spiegato padre Dario Bossi, provinciale dei comboniani –. Nonostante la situazione che stiamo vivendo, il bilancio preventivo del 2021 prevede una spesa sanitaria pari a un terzo degli interessi sul debito pubblico. Non solo, il presidente Bolsonaro ha sostenuto una legge che per vent’anni impone un tetto per le spese in politiche sanitarie, sociali ed educative,
quindi non può spendere di fronte al disastro. Per questo la Chiesa ha detto chiaramente che l’inefficienza del Governo federale è il primo colpevole per gli effetti della pandemia”, che ha toccato quota 16 milioni di contagi e 450 mila vittime. Le immagini dei cimiteri improvvisati – simili più a fosse comuni – di Manaus, assieme alla ricerca disperata di ossigeno, hanno fatto il giro delmondo e hanno colpito l’opinione pubblica internazionale.
Eppure, come ha raccontato il missionario fidei donum della Diocesi di Treviso don Roberto Bovolenta, la città oggi ha una preoccupazione maggiore del Covid: “In questo momento ci sono cittadine interne e parti di periferia sommerse dal Rio Negro
in piena, vicino al record dell’anno scorso. I più poveri cercano spasmodicamente del legname attraverso cui salvarsi”.
La campagna vaccinale procede, anche se non velocissima “La partenza era stata ottima – riprende don Bovolenta – ma una volta raggiunti i sessantenni abbiamo assistito a un rallentamento.
Oggi si tende a procedere per categorie abbandonando così il criterio «democratico » dell’età: la proposta del sindaco, le scorse settimane, di vaccinare i giornalisti appare come il tentativo di attirarsi le simpatie della stampa”.
Le parole di don Enrico Lovato, fidei donum della diocesi di Vicenza, e di suor Antonia Storti, orsolina, sono arrivate da Boa Vista, capitale
del Roraima, la porta attraverso cui sono entrati i 260 mila profughi venezuelani al momento in Brasile. “Dopo il picco di 2 mila ingressi
al giorno dal confine con il Venezuela, anche causa Covid, i flussi sono diminuiti, ma ancora adesso, seppur illegalmente,
si stima che cento persone arrivino attraverso i sentieri montani”, ha spiegato don Enrico, che ha descritto l’operazione “Accoglienza”,
che ha visto governo e Nazioni unite nella creazione di 14 rifugi. Grande apporto è stato offerto dalla Chiesa: “La Diocesi ha accelerato
la creazione della Caritas, la quale ha sostenuto molti piccoli progetti. Anche le congregazioni religiose hanno dato un grande apporto
– commenta suor Antonia – per esempio le suore scalabriniane, le suore di Madre Teresa e le suore della Consolata, che sono arrivate a distribuire 2 mila pasti al giorno.
Certo, non sono mancate le tensioni e i momenti di rifiuto da parte della popolazione, ma questo povero stato ha anche dato prova di
grande generosità, sfamando e spesso offrendo un tetto a intere famiglie che dormivano in strada sotto la pioggia”. (Luca Bortoli)