In ricordo di Padre Ernesto Balducci, a trent’anni dalla morte. Fu un profeta, un uomo di pace, anticipatore di importanti temi

Enrico Vendrame ne tratteggia la figura,  intervistando Andrea Cecconi, presidente della fondazione Ernesto Balducci

A 30 anni dalla morte di padre Balducci (1922-1992) il suo pensiero anticipatore di importanti temi come l’obiezione di coscienza, l’ecologia umana e l’accoglienza interpella ancora le coscienze su guerra e migrazioni.

Se vuoi la pace, prepara la pace”. E’ una delle frasi più significative del pensiero di padre Ernesto Balducci di cui il 25 aprile ricorre il trentennale dalla sua morte. Stravolgendo l’antico detto romano indica nella cancellazione della categoria del ‘nemico’ la via maestra per creare una vera cultura di pace. Pace tra gli esseri umani, ma anche pace con il pianeta.

Padre Sergio Sereni, superiore provinciale dei padri scolopi, così traccia la figura del suo confratello di cui quest’anno ricorre il centenario dalla nascita e il trentennale dalla morte. “Pensando a padre Balducci” – ci dice il provinciale – “si deve constatare come a distanza di tanti anni dalla sua vita in mezzo a noi la sua eredità di pensiero, e non solo, sia ancora ben presente in tante persone e realtà associative e istituzionali. E questo vuol dire, a prescindere dai legami affettivi e di conoscenza diretta, della persistente attualità dei temi da lui trattati e proposti con preveggenza e passione, come il tema della pace/disarmo in un mondo sempre più globalizzato e segnato da storiche ingiustizie sociali, il dialogo e ruolo delle religioni, il nuovo rapporto fra Chiesa e modernità, il confronto fra fede e cultura oggi. Senza dimenticare il fascino della parola/cultura che Balducci sapeva trasmettere da vero formatore di coscienze.” Continuando nel ricordo ci racconta come non sia stato soltanto “un grande maestro di pensiero, ma un testimone veritiero e appassionato, impegnato in un quotidiano confronto dentro “le mura della città degli uomini”: impegno che trovava il suo riferimento puntuale in una fede evangelica matura e aperta.

Balducci non era un pacifista, ma un uomo di pace.  Voleva dar voce ai poveri, alle istanze di giustizia degli ‘ultimi’, degli emarginati, dei migranti. Voleva dare eco a chi voce non ha. Per questo assunse spesso posizioni contrarie all’interno del mondo cattolico del suo tempo, venendo messo ai margini. Nel 1963 è condannato per apologia di reato, in seguito alla sua difesa dell’obiezione di coscienza. Lo stesso destino toccherà pochi anni dopo all’amico don Lorenzo Milani.

Ma Balducci è stato anche cittadino del mondo. La sua immagine dell’uomo planetario rimanda non ad un’indistinta omologazione, ma ad un nuovo rapporto fra identità e alterità e ad una nuova relazione fra le culture umane.

Per tratteggiare un ricordo di Balducci abbiamo posto alcune domande al presidente della Fondazione Ernesto Balducci, Andrea Cecconi, che ha avuto modo di collaborare per molti anni insieme con lui.

Prof. Cecconi, qual è il testamento spirituale di padre Ernesto Balducci a 30 anni dalla morte?

Promuovere la pace; non proclamarsi pacifisti ma testimoniare la pace in ogni modo. Naturalmente la pace congiunta all’impegno per la giustizia e per i diritti, ed alla convivenza pacifica tra diversi per etnia, cultura e religione, e cominciando ad educare i giovani a cancellare dalla mente la categoria del “nemico”…

L’attualità dei valori della disobbedienza civile e dell’obiezione di coscienza per i cristiani.

L’obiezione di coscienza resta sempre oggi, per laici e credenti, l’opzione prioritaria, per una coscienza laica e correttamente formata, secondo l’affermazione milaniana che “l’obbedienza non è più una virtù”…

Il percorso umano, intellettuale e religioso di Balducci ha contribuito la Chiesa sempre più esperta di umanità e attenta a scrutare i segni dei tempi. Una profezia che si è avverata?

L’impegno di Balducci è sempre stato teso ad un rinnovamento profondo della Chiesa che da una struttura gerarchica e verticistica avrebbe dovuto trasformarsi in una struttura avente al suo apice il popolo dei credenti. Balducci purtroppo era giunto alla conclusione che la Chiesa non fosse in grado di autorinnovarsi se non si fosse profondamente rinnovata in senso conciliare. Cosa avvenuta solo in parte…

Come risuonano oggi le parole del suo più famoso libro, L’uomo planetario (1985), dinanzi alla minaccia nucleare russa?

La metafora dell’uomo planetario di Balducci è la visione dell’uomo inedito, dell’uomo del futuro ancora da venire ma ontologicamente possibile.. Quella figura è ben lungi da essere realizzata oggi, in una società planetaria ancora lacerata da ingiustizia, sfruttamento, povertà e guerre. Probabilmente Balducci si sarebbe oggi ritenuto sconfitto innanzi a tale realtà globale…