Papa Francesco ha accettato le dimissioni di monsignor Jean-Claude Bouchard dal governo pastorale della diocesi di Pala
Fianga, 9 ottobre 2020
Carissimi, carissime, come state?
Io sto bene. Con il ritorno di d. Mauro Fedato dalle vacanze in Italia, siamo ritornati ad essere in tre e, speriamo, che questa ‘stabilità’ possa durare nel tempo. I due d. Mauro stanno bene anche loro. La stagione delle piogge tende alla fine, anche se qui e là ci sono ancora precipitazioni. Nel nostro territorio abbiamo registrato una pluviometria inferiore rispetto a quella dello scorso anno, mentre nel resto dell’Africa subsahariana – da Dakar fino a Khartoum – le piogge sono state abbondanti e hanno creato problemi e allagamenti soprattutto nelle grandi città.
Con ottobre, inizia il mese che la Chiesa dedica alla preghiera, alla riflessione e alla sensibilizzazione di tutte le comunità cristiane e parrocchie alla Missione ad gentes, per mantenere aperto lo sguardo ed il cuore alle periferie del mondo, soprattutto là dove il Vangelo di Gesù non è ancora conosciuto, per aiutarci a vivere la cooperazione e l’aiuto fra le chiese e per non dimenticare gli ultimi e i poveri di questa nostra terra. Nel mondo Tupuri, questo tempo coincide con l’inizio della “Few Kague”, la “festa del pollo”, che dà l’avvio al nuovo anno del calendario tradizionale, dove si ringrazia Dio per la raccolta del miglio nuovo e per offrirgli il tempo che ci sta davanti. È una festa tipica della Religione Tradizionale Africana, e cioè di quelle culture e tradizioni che hanno plasmato, condotto, accompagnato e ritmato la vita di numerosi popoli di questo continente da molti secoli. E da essi generate. È il mondo con il quale siamo costantemente in relazione perché la maggioranza dei nostri cristiani è appunto nata e cresciuta in questa realtà. Non va dimenticato il fatto che l’evangelizzazione in questi territori è piuttosto recente. I missionari Oblati di Maria Immacolata infatti, arrivarono per la prima volta a Séré, provenienti dal territorio tupuri del vicino Camerun, solamente nel 1954. Nel 2024 festeggeremo dunque e ricorderemo i primi 70 anni dell’evangelizzazione del popolo Tupuri del Tchad.
La nostra vita missionaria si snoda tra due parrocchie, quella di Fianga e di Séré. Facciamo parte di una delle cinque zone pastorali della diocesi di Pala, assieme alle parrocchie di Tikem e di Koupor. In tre di queste parrocchie la lingua parlata dalla maggior parte della popolazione è il tupuri – Fianga, Séré et Tikem -, mentre a Koupor si parla il ‘kera’, che è un’altra lingua, completamente differente dal tupuri. Siamo anche la zona pastorale con più preti e suore stranieri, originari dall’India, dal Bangladesh, dalla Papuasia, dal Brasile, dal Messico, dal Senegal e dall’Italia. Lo sforzo per imparare le lingue, per dialogare con la cultura e le tradizioni locali, deve essere continuo e costante, pena un annuncio del Vangelo superficiale perché non attento al vissuto personale e comunitario di questi popoli. D’altronde, se a noi venisse annunciato l’amore di Dio in una lingua altra che l’italiano, che cosa capiremmo?
Un altro fatto importante è che papa Francesco ha accettato le dimissioni di monsignor Jean-Claude Bouchard dal governo pastorale della diocesi di Pala (vedi Vita del Popolo, n° 37 in allegato – era stato eletto vescovo di Pala nel 1997 a soli 37 anni ). In questo momento dunque siamo in ‘sede vacante’, nell’attesa della nomina prima e dell’arrivo poi del nuovo vescovo. Vi invito a pregare per questo momento importante della vita di questa porzione del Popolo di Dio che è in Tchad.
A partire dal prossimo 18 ottobre d. Mauro Montagner (dMM) diventerà ufficialmente responsabile della parrocchia di Séré, mentre io mi stabilirò in maniera permanente a Fianga, assieme a d. Mauro Fedato (dMF). Fianga è una cittadina amministrativa a pochi chilometri dal Camerun, sede di varie realtà civili, sociali ed economiche (prefettura, dogana, prigione, polizia, ospedale, grande mercato regionale, scuole primarie e licei, ecc.) e, pur essendo parte del mondo tupuri, le lingue che si incontrano qui sono tante. Per questo anche le attività legate alla missione cattolica sono numerose. Séré invece è una tipica parrocchia di “brousse” (campagna, rurale), dove le attività sono minori a fronte però delle grandi distanze e del tempo maggiore necessario per spostarsi da una comunità all’altra. La moto è il mezzo migliore per percorrere questo vasto territorio e un missionario più giovane di me è quello che ci vuole (dMM ha 37 anni). A Séré la lingua maggiormente parlata è il tupuri (99 %) e questo ci permette di poter confrontarci giornalmente e incessantemente con la cultura e le tradizioni locali. È un osservatorio unico per vivere l’ad gentes, con tutte le sfide, le gioie, le sconfitte e le provocazioni dell’annuncio del Vangelo nell’incontro con altre culture. Comunque, insh’Allah!, spero di avere il tempo e la calma per parlarvi e raccontarvi di queste due realtà così centrali e belle della nostra vita qui in Tchad.
Ho notato con stupore e gioia che l’invio di questa “lettre aux amis” è un bel modo per rimanere in contatto e per tentare di comunicare qualcosa di quanto sto vivendo. Grazie anche per le provocazioni e le domande che qualcuno di voi mi rilancia. Taluno mi dice che racconto delle cose tristi, qualcuno mi ringrazia per quanto scrivo. Il fatto di scrivere è sempre qualcosa di soggettivo, però quello che tento di comunicare mettendolo per iscritto è ciò che mi colpisce, ciò che mi fa riflettere, ciò che mi fa gioire, ciò che mi fa soffrire, ciò che mi fa sperare, ciò che nutre la mia fede, in compagnia di questi fratelli e sorelle del Tchad. È la piccola tessera di un mosaico ben più grande fatto da tante altre tessere, che sono le nostre vite e le nostre storie.
In questo periodo, oltre alla “Few Kague”, altri avvenimenti riempiono le nostre giornate nelle quali, per il momento, vigono ancora le regole e l’obbligo dettati dal governo di rispettare le misure di distanziazione per ostacolare la diffusione del Covid-19, come l’uso della mascherina, lavarsi le mani quando si entra in un luogo pubblico (compresi i luoghi di culto), il divieto di salutarsi dandosi la mano e altre cose fra cui il coprifuoco (dalle 23.00 alle 5.00).
E ora vi presento Zacharie, un caro amico, tupuri e pastore protestante dell’Eglise Luthérienne Fraternelle du Tchad (ELFT). Recentemente è stato ufficialmente “ordinato” pastore dall’Assemblea degli anziani e dei responsabili di questa realtà ecclesiale. Va detto per inciso che le chiese protestanti d’America e d’Europa sono state le prime ad arrivare in questo territorio del Tchad, via il Camerun. Spesso le relazioni tra chiese cristiane non sono proprio semplici. Pregiudizi e incomprensioni coltivati nel tempo non rendono sempre facile e possibile l’incontro tra fratelli che hanno in comune lo stesso battesimo. Inoltre, può capitare che da alcune chiese ne nascano altre dando vita ad un cristianesimo dal volto africano che è molto interessante. Comunque Zacharie lo conosco fin dal 1995, perché sua nonna, Hélène, era cattolica. E così, un po’ alla volta, nel tempo, abbiamo coltivato un’amicizia fatta di dialogo e di rispetto e quando ci incontriamo è sempre un momento di gioia. Viviamo così quell’ecumenismo e dialogo religioso di base che ogni persona di buona volontà può avviare nella sua vita con chi è diverso da sé. Tale dialogo non ha bisogno di diplomi e di autorizzazioni speciali, se non quelli che vengono dal proprio cuore, dalla propria intelligenza e dalla propria esperienza di vita, fidandosi della persona che si ha davanti. E viceversa. Zacharie mi ha invitato alla sua ordinazione. Non ho potuto parteciparvi, e lui già lo sapeva, perché era di domenica mattina ed ero occupato con la celebrazione dell’eucaristia. Ma la Bibbia tutta nuova che gli ho regalato è lì pronta ad essergli data appena sarà possibile. L’anno scorso, prima di tornare a casa in Italia a causa della salute, Zacharie è venuto a salutarmi non sapendo della mia partenza. Abbiamo condiviso questa situazione, parlato della sua comunità cristiana, di sua moglie e dei suoi figli. E prima di lasciarmi, gli ho chiesto di fare una preghiera e di darmi la sua benedizione. Commosso lui, commosso io, dopo la benedizione ci siamo abbracciati. Piccoli passi dell’ecumenismo e dialogo religioso e umano di base. Scegliendo di appartenere ad una chiesa protestante, egli però continua a dirmi che una delle testimoni di fede della sua vita è stata proprio sua nonna cattolica. Hélène – che è morta da qualche anno –, è uno dei miei insegnanti di lingua tupuri a cui devo maggiormente perché nel 2003 dopo una confessione, ella ha recitato una preghiera di lode e, avendola capita con le mie povere orecchie, subito dopo averla salutata, sono andato a scriverla: “Pan bi, jam bi, diï Baa; hñrñge bi, diï Baa; coÄoÄre bi, diï Baa; ndi tñsge Baa de tñï, de cege, de law”, e cioè: “Mio padre, la mia pace, è Dio; la mia ricchezza, è Dio; ciò che dà gusto alla mia vita, è Dio. Io prego Dio il mattino, a mezzogiorno e alla sera”.
E con questo salmo-preghiera di santa Hélène di Nembagri (i ‘santi della porta accanto’ di cui parla papa Francesco in “Gaudete et Exsultate“), nonna di Zacharie, pastore protestante e amico caro, vi abbraccio e, riconoscente, vi saluto. Alla prossima.
Silvano