Frutto maturo di una lunga storia e risposta agli appelli del Sinodo e del Papa.
E’ stato celebrato l’invio missionario lo scorso ottobre e con ciò è iniziata anche la collaborazione e lo scambio con la Chiesa di
Roraima nel cuore dell’Amazzonia;
Si è scelto di entrare piano piano, quasi in punta di piedi, in questa realtà.
E’ una nuova esperienza missionaria che si colloca, anzitutto, in continuità con una lunga storia di collaborazione vissuta in
Amazzonia, a Manaus; lì i fidei donum della nostra Diocesi giunsero provenendo dal Nord-est brasiliano (Pernambuco), alla fine degli anni ’90. Era il tempo in cui i vescovi brasiliani lanciavano l’appello ad accompagnare i grandi spostamenti umani, le grandi migrazioni interne verso le metropoli e i centri urbani. La presenza della Chiesa di Treviso, allora, si spostò seguendo le rotte dei contadini nordestini costretti a migrare, a lasciare le loro terre usurpate dai grandi latifondisti, durante anni di oppressione e dittatura.
Dopo decenni di presenza nella periferia di Manaus, dove la precarietà, la violenza, la cultura dello scarto feriscono la dignità della
persona, è giunto l’appello del Sinodo per l’Amazzonia e dello stesso papa Francesco.
Sono appelli a non lasciare quella terra, a farsi presenti per cogliere in essa quel “particolare” capace di dare un grande contributo
all’”universale”. Lì, in Amazzonia, ricorda il Pontefice, sono in qualche modo racchiuse le sfide globali a cui siamo chiamati tutti a rispondere: la questione ecologica integrale; la questione sempre più forte dei fenomeni migratori, dell’accoglienza di popoli
diversi; la questione della bellezza e della problematicità di una convivenza umana fatta di diversità di culture, di tradizioni, di religioni; la questione dei diritti della persona specie degli ultimi, dei più vulnerabili come le popolazioni originarie; la questione della Chiesa alla ricerca di un volto proprio, sempre più “amazzonico”, ma in comunione con la Chiesa universale, in cammino
sinodale.
La nostra Diocesi, forte anche della sua grande “storia missionaria” e in risposta all’appello del Sinodo per l’Amazzonia, riparte ancora una volta: dalla periferia urbana di Manaus verso nuove prospettive in Amazzonia, in terre di “frontiera”, specchio delle
grandi sfide mondiali che stiamo vivendo.
In vista di tale passaggio, si è vissuto un lungo tempo di discernimento, di ascolto, di confronto, di preghiera, che ha visto anche il
coinvolgimento di vari missionari/e rientrati e in missione fino ad arrivare al Consiglio presbiterale del giugno 2021. Lì si è
riconosciuto che, se la Chiesa non può che essere missionaria, diversa può diventare la modalità con cui oggi le viene chiesto di
esprimerla e di viverla. La sinodalità stessa, del resto, chiede oggi di vivere la missione “non più da soli”, ma insieme. La missione è della Chiesa e non di alcuni, della chiesa tutta, e non solo di una diocesi… “Non più da soli” allora si declina in varie espressioni. Anzitutto la nostra Diocesi insieme ad altre Diocesi o Istituti religiosi; inoltre sacerdoti insieme a consacrati e laici e sposi, coinvolgendoci comunque tutti affinché il “partire” sia espressione di una Chiesa che, mentre invia, si percepisce pure a sua volta
inviata. Pertanto, unirci per Roraima con le Chiese di Padova e Vicenza, già presenti nel cuore dell’Amazzonia, inviando un
sacerdote e una coppia di sposi, risuona come una positiva risposta allo Spirito che ci spinge, ancora una volta, “alle lontane periferie”. (don Gianfranco Pegoraro)
da TERRE & MISSIONI del mese di novembre (VdP di domenica 13.11.2022)