> don Silvano Perissinotto, dal Ciad la “lettre aux amis” con i saluti di d. Mauro Fedato e d. Mauro Montagner
Le uova sono un simbolo pasquale, del passaggio verso la vita. Il Signore morto e Risorto ci aiuti a scoprirlo nella sua Parola e anche in quella storia ordinaria carica di umanità, di ferite, di attesa, di gioie e di ombre dove lo Spirito Santo sa ricamare episodi che hanno il sapore del Vangelo.
Fianga, 1° aprile 2021
Carissime, carissimi, come state?
Siamo nel pieno della Settimana Santa, una settimana che qui in Tchad stiamo vivendo senza quasi ormai nessuna restrizione dovuta al Covid-19. Anche il coprifuoco è stato tolto. Ogni tanto si sente parlare di qualche caso, ma quando ricordo ai miei fratelli e sorelle tchadiani i numeri dei decessi in Italia e in altre parti del mondo, subito ci si rende conto che qui da noi il Covid-19 – per quale motivo non lo so – non ha creato molti problemi. Da marzo 2020 ad oggi i morti a causa della pandemia hanno superato di poche cifre il centinaio di vittime. In questo momento tutto il paese si sta preparando alle elezioni presidenziali che avranno luogo domenica 11 aprile. Preghiamo e speriamo che tutto avvenga senza violenza. Per quanto riguarda la corruzione e il risultato scontato delle elezioni, questo è un altro discorso.
Noi tre stiamo bene. Personalmente, l’ultima malaria l’ho avuta nell’ottobre scorso. Sto godendo quindi di cinque mesi di tranquillità. Domenica prossima qui a Fianga, 130 sorelle e fratelli riceveranno il sacramento del Battesimo.
Vorrei condividere con voi due piccole storie dal sapore “pasquale”, sempre parlando della “mia gente” e degli incontri che il Signore mi concede di fare in questa terra africana drammaticamente bella e drammaticamente difficile, dove comunque e malgrado tutto i segni di speranza e di luce non mancano mai. Vi presento anzitutto Hamed e suo figlio Yousouf. Ho conosciuto Hamed e Yousouf qualche mese fa, prima di Natale. Abitano qui a Fianga da sempre, però i miei occhi si sono accorti di loro solo in quel momento: mistero. Mistero dello sguardo e della storia di ciascuno. Hamed è il papà di Yousouf ed ha all’incirca 40 anni. Yousouf il figlioletto, ha 8 anni e frequenta la scuola coranica e anche la scuola elementare. Quello che mi aveva colpito era stato vedere questo bambino spingere la carrozzina di suo papà per portarlo a casa nel tardo pomeriggio o per poterlo portare in centro in altri momenti della giornata. Hamed infatti non può camminare perché ha avuto la poliomielite e si serve di una carrozzina per spostarsi e per andare al lavoro. Nel tempo libero dalla scuola coranica e dalla scuola elementare, suo figlio Yousouf è sempre con suo papà. Gli sta accanto e si rende disponibile a fare quello che suo padre gli chiede. Hamed fa il calzolaio, nel senso che ripara scarpe, sandali e ciabatte, cinture e sacchi o borse. Questo lavoro gli permette di vivere in modo dignitoso e di poter portare a casa il necessario per sostenere la sua famiglia. Sta di fatto che un giorno, dopo aver osservato i loro spostamenti dall’osservatorio privilegiato che è la bottega del mio amico Songo, mi sono avvicinato a loro, mi sono presentato e loro si sono presentati a me. Da quel giorno il legame è andato crescendo piano piano. Se, passando in moto, in macchina o a piedi da quelle parti di Fianga mi dimentico di salutarli, sono loro che mi chiamano per nome, ricordandomi che sono lì, al loro posto, ogni santo giorno. Il dialogo è semplicissimo: come stai, come state, come va la famiglia, e la scuola, e il lavoro… Anche perché sono di etnia foulbé e parlano quindi un’altra lingua che non è il tupuri. Hamed parla anche un po’ il francese e con questo e quello (so condurre un dialogo estremamente semplice in foulbé) riusciamo a comunicare. Eppure ogni volta che vedo il piccolo Yousouf spingere la carrozzina del papà e il suo modo di restargli accanto, quando vedo il modo di Hamed di guardare e di parlare con suo figlio, il rispetto e l’amore che c’è tra di loro, mi sembra di poter dire che i due sono fortunati, che la loro complicità, quotidianità e semplicità mi spiazzano e mi interrogano. Hamed e Yousouf sono mussulmani. Questo dialogo fatto alla base credo sia necessario per poter incontrare chi ha un’altra storia rispetto alla
Hamed e Yousouf
nostra e ci chiama a contemplare chi ci parla di Vangelo attraverso altre strade. Anche questo è un mistero, il mistero dell’amore di Dio che si compiace della pluralità e non della monotonia.
E poi c’è la storia di Maygogo. Maygogo è una donna tupuri che abita a Nembagri, un villaggio che si trova a metà strada tra Fianga e Sere. L’ho conosciuta parecchi anni fa in un momento non proprio felice della sua vita. Eppure lei e suo marito sono rimasti indelebilmente scolpiti nella mia memoria e nel mio cuore. Ritornato in Tchad, mi sarebbe piaciuto incontrarla nuovamente anche se non mi ricordavo più del suo volto e del suo nome. Poi ancora una volta nel mistero della provvidenza, il dono è arrivato. Qualche mese fa mi fermai a salutare alcune donne davanti alla chiesa protestante di Nembagri. Una di loro si è fatta avanti, mi ha abbracciato e mi ha detto “sono io, Maygogo, la donna delle uova”. Già, le uova preziose di Maygogo. Ecco che cosa era successo tanti anni fa. Arrivai da Sere all’ospedale di Fianga per accompagnare un ammalato. Mentre stavo tornando a Sere, mi si avvicina disperata Maygogo (che non conoscevo) dicendomi “mon père, mio marito sta morendo e non ho nessun mezzo per portarlo a casa”. Nessun problema. Carico in macchina lei e suo marito, magrissimo ed esausto, probabilmente ammalato di AIDS nella fase terminale. Arrivati a Nembagri (8 chilometri da Fianga), apro le porte della macchina e lentamente come se il villaggio lo sapesse, la gente cominciò ad arrivare e due o tre uomini si fecero carico del marito di Maygogo (pesava pochissimo). Lei era corsa avanti per avvisare la sua famiglia dell’arrivo. Mi sono detto in cuor mio “voglio vedere dove viene portato quest’uomo”. Seguendo il gruppo dei due o tre cirenei, stando loro dietro, mi sono messo ad osservare i piedi dell’ammalato e mi è venuta in mente l’immagine di un quadro di Andrea Mantegna del Cristo morto con appunto i piedi davanti, ben evidenziati. Maygogo arrivata a casa ha avuto il tempo di ordinare la capanna, di pulirla e di preparare il letto tradizionale (fatto di sottili tronchi di legno). Lei si è seduta, il marito è stato adagiato sul letto, e lei lo ha accolto tenendo la testa fra le sue braccia. Mi sono fermato il tempo necessario per fissare questa scena, questa “pietà” africana e poi me ne sono andato in silenzio. Qualche tempo dopo le suore che ancora vivevano a Sere mi dicono “oggi è venuta una signora con delle uova per te, noi volevamo comprarle ma lei è stata categorica nell’affermare che erano solo per te, che non erano in vendita”. Non sapevano chi fosse questa signora. Nemmeno io. Il giorno dopo ecco che Maygogo arriva alla missione. Con lei il sacchetto di uova, le uova per me, il suo dirmi grazie per averla aiutata a portare a casa suo marito perché potesse morire in pace tra quelli della sua famiglia e con lei sua moglie. Maygogo mi raccontò che il suo sposo morì infatti la notte stessa dopo l’arrivo al villaggio, cullato e custodito da lei. Cullato e custodito fra le sue braccia. Le sue uova sono state per me uno dei segni più belli di un grazie ricevuto qui in Tchad, tra questi fratelli e queste sorelle, un grazie semplicissimo ma carico di vita, di gratuità, più prezioso dell’oro. Mi ha colpito infatti che anche lei ripresentandosi a me dopo tanti anni lo ha fatto dicendomi per aiutarmi a ricordare “sono Maygogo, quella delle uova”. Pensando alla sua maniera di “accompagnare” suo marito, sto pensando e pregando per quanti in Italia e nel resto del mondo a causa della pandemia, non hanno potuto dire una parola o fare un gesto di affetto nei confronti dei loro cari ammalati.
Le uova sono anche un simbolo pasquale, del passaggio verso la vita. Il Signore morto e Risorto ci aiuti a scoprirlo nella sua Parola e anche in quella storia ordinaria carica di umanità, di ferite, di attesa, di gioie e di ombre dove lo Spirito Santo sa ricamare episodi che hanno il sapore del Vangelo.
A te e alla tua famiglia i miei più sinceri, graditi e fraterni auguri di una Santa Pasqua. Auguri che ti invio in compagnia di d. Mauro Fedato, di d. Mauro Montagner, di Hamed e Yousouf e di Maygogo.
d. Silvano
Buona Pasqua 2021