Il mutamento d’epoca c’è. E va abitato. Senza nostalgie per i tempi passati e per la “cristianità perduta”. Reagendo, soprattutto, alla vera pandemia dei nostri tempi, che è quella dell’individualismo, della ricerca del benessere fine a se stesso, senza pensare all’esistenza dell’altro. “In questo senso, Il Covid-19, con il suo carico di sofferenza, ci ha provocato”. Il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, ha aperto con questo invito la trentacinquesima Settimana sociale dei cattolici trevigiani lunedì 4 ottobre. L’appuntamento – promosso dalla Vita del popolo, l’Azione cattolica di Treviso, il Meic, l’Ufficio diocesano di Pastorale sociale, con la collaborazione di “Partecipare il presente” e del Collegio Pio X – affronta quest’anno il tema “Transizioni – La sfida della sostenibilità in un mutamento d’epoca”. Un titolo che fa da sfondo anche al calendario del Network per il Bene comune, creato da varie realtà che nel territorio promuovono iniziative di formazione sociopolitica.
“La Dottrina sociale e la profezia di Francesco: strumenti per abitare il mutamento d’epoca” il tema affidato al card. Zuppi, dopo l’introduzione del vescovo di Treviso, mons. Michele Tomasi. “Mutamento d’epoca” è un’espressione che anche il Papa ha usato. Ci troviamo di fronte, ha ammesso il porporato, di fronte a un mondo complesso, rispetto al quale davvero, come ha detto Francesco, siamo tutti sulla stessa barca. “E questo vale sempre, non solo per la pandemia, non possiamo pensare, appunto, di vivere sani in un mondo malato”.
Il cambiamento d’epoca “è una cosa seria, ci chiede di essere all’altezza”. Ci chiede, appunto, di “abitare” questo tempo. Di “capire quello che sta succedendo, di scrutare i segni dei tempi”. Un esercizio che non si fa in modo accademico, ma con l’amore.
Uno dei segni che scorgiamo con nitidezza, ha fatto notare l’arcivescovo, è “la fine della cristianità, che non significa fine del cristianesimo o della Chiesa. È così, che ci piaccia o no, il Papa lo ha detto in un discorso alla Curia romana. Non è detto che sia una cosa solo negativa, perché con la cristianità finiscono alcune acquisizioni, alcune incrostazioni”.
Certo, questa situazione, che si è verificata in modo repentino, nell’arco di alcuni decenni, ha una causa profonda: “Non abbiamo capito la forza dell’individualismo, la ricerca del benessere individuale, mentre invece il cristianesimo ci provoca. Oggi tutti i diritti sono coniugati in modo individuale, senza il noi”.
Proprio qui entra in gioco la “profezia” di Francesco, delineata nell’enciclica Fratelli tutti, che mette in evidenza quello che oggi è il primo ruolo della Chiesa cattolica. Sfidare, appunto, profeticamente, questa deriva individualista, vivendo il Vangelo.
Il Vescovo Michele Tomasi, introducendo la serata, ha ricordato il primo anniversario dell’enciclica “Fratelli tutti”, pubblicata da papa Francesco il 3 ottobre 2020. I cattolici, dentro alle attuali molteplici transizioni, sono chiamati a un “amore per questo mondo”, senza fughe e chiusure – ha ricordato il Vescovo -, ma anzi portando il bene e la crescita, lo sviluppo pieno nella pasta in cui siamo. “Esserci per far crescere bene questa pasta. Vivere il nostro essere Chiesa amando il nostro essere di Cristo, in questa comunità che è la Chiesa universale. E amare questo tempo, queste persone, queste strutture, questo mondo, questa società in cui viviamo e fare di tutto, perderci dentro, perché diventi tutta bella. E lì ci ritroviamo”.
La Settimana sociale prosegue martedì 5 ottobre alle 20.30 (auditorium San Pio X) con l’intervento dell’economista di Ca’ Foscari Chiara Mio, presidente di Friuladria, su “Sostenibilità: sfida e compito necessario per gli attori sociali”.
Ampi servizi sulle prime due serate nel prossimo numero della “Vita del popolo”