Il territorio che oggi comprende la diocesi di Treviso agli inizi del primo millennio dell’era cristiana era inserito nella X regione dell’impero romano in cui era suddivisa l’Italia: la Venetia et Histria. Un’antica tradizione fa risalire già al prim o secolo l’evangelizzazione delle terre venete per opera di Prosdocimo, discepolo di san Pietro e primo vescovo di Padova, che avrebbe costituito ed organizzato le chiese locali. Probabilmente la prima presenza cristiana a Treviso risale al secolo IV, anche se non ancora tale da divenire sede episcopale.
Ad una ventina di chilometri da Treviso esisteva l’importante municipio di Altino, il cui vescovo Eliodoro, formatosi alla scuola di Aquileia insieme agli amici Cromazio e Girolamo, partecipò colà al concilio del 381. Il tramonto di questo centro, devastato dalle invasioni barbariche, come pure quello della vicina sede episcopale di Oderzo, determinarono lo sviluppo di Treviso. Qui, provenienti da Altino, vennero trasferite le reliquie di san Liberale, discepolo laico di Eliodoro e confessore della fede autentica contro gli ariani, che divenne poi patrono della della città e della diocesi trevigiana.
Il primo vescovo di Treviso storicamente accertato è Felice: ad attestarlo sono l’amico e compagno di studi Venanzio Fortunato e lo storico dei Longobardi Paolo Diacono. Felice nel 569 andò incontro a Lovadina, presso il fiume Piave, ad Alboino, re dei Longobardi. Il gesto permise a Felice di veder risparmiata, a differenza di altre, la propria chiesa dalla devastazione ed anzi di vederne aumentare il territorio, inglobando parte delle diocesi di Altino e di Oderzo.
L’epoca medievale si caratterizzò per la diffusione e la strutturazione territoriale a partire dai primi quattro arcipresbiterati, nei quali la diocesi era suddivisa in periodo carolingio (Quinto, Cornuda, Godego, Mestre), dai qual i dipendevano pievi e cappelle. Il territorio diocesano si estese ulteriormente nel 969 quando l’imperatore Ottone I fece dono della diocesi di Asolo a Rozo, vescovo di Treviso.
Contemporaneamente, nel sec. VIII, iniziavano i primi insediamenti monastici benedettini: gli zeniani a Casier (monastero dei SS. Pietro e Teonisto) e i nonantolani (a Lanzago prima e a S. Maria e S. Fosca in Treviso poi) e andava pure prendendo forma il Capitolo della Cattedrale.
Nel X secolo sorsero in diocesi nuovi monasteri benedettini, tra cui quelli di S. Maria Assunta a Mogliano e S. Maria del Pero a Monastier; altre fondazioni monastiche, maschili e femminili, si aggiunsero nei sec. XI e XII.
A rivitalizzare la vita cristiana della città prima e poi della diocesi giunsero fin dai primi decenni del Duecento gli ordini mendicanti, i francescani prima, i domenicani e gli agostiniani a pochi anni di distanza, cui seguirono nell’arco di un secolo i secondi ordini femminili di clausura. Con il loro arrivo si svilupparono la predicazione, lo studio e la spiritualità laicale, con la nascita dei Terzi Ordini.
Il rinnovamento provocò una fioritura di santità che si espresse nelle figure del domenicano trevigiano Nicolò di Boccasio, divenuto il beato papa Benedetto XI (1303-1304), successore di Bonifacio VIII, già generale dell’ordine e cardinale; di san Parisio (1150 ca. -1267), monaco camaldolese originario di Bologna, inviato come confessore e direttore spirituale del locale monastero del ramo femminile dell’ordine a Santa Cristina, trasferitosi successivamente in città; e del beato Enrico da Bolzano, laico, coniugato, operaio e penitente (†1315).
Tra la fine del XII sec. e gli inizi del XIII la suddivisione territoriale in pievi e parrocchie aveva ormai raggiunto una st abile strutturazione capillare. Dal 1389 al 1797 il territorio diocesano fu ininterrottamente sotto il dominio della Serenissima. Alla fine del XIV secolo nacquero e si svilupparono in città e in diocesi le congregazioni del clero per diffondere lo spirito di fraternità sacerdotale; esse sorsero anche per contrastare, in tempi di stabilità politica e di progresso culturale ed economico, il clima di rilassamento e di degrado della vita cristiana. Un’azione di riforma venne intrapresa sotto la spinta di grandi vescovi, come Giovanni Benedetto (1418-1437), domenicano, e Ludovico Barbo (1437-1443), già abate di S. Giustina di Padova, iniziatore della riforma congregazionale, che si diffuse in tutto l’ordine benedettino. Nell’ultimo Quattrocento e nel primo Cinquecento la diocesi conobbe un nuovo periodo di decadenza anche per la scarsa residenza dei vescovi e dei parroci; questo consentì il sorgere di alcuni germi di eresia.
La partecipazione al Concilio di Trento del vescovo Giorgio Corner, in relazione con san Carlo Borromeo, inaugurò per la diocesi una nuova stagione pastorale, contrassegnata dalla fondazione del seminario diocesano, dalla convocazione di numerosi sinodi, da frequenti visite pastorali effettuate dai vescovi che si avvicendarono, tutti di origine veneziana sino alla fine del Settecento, tra cui emerge la figura di Augusto Zacco (1723-1739), che nel 1727 indisse un importante sinodo. La Chiesa di Treviso tra Sei e Settecento stava lentamente assimilando le scelte tridentine. Le novità pastorali introdotte dal concilio coesistevano con il lassismo morale e l’ ignoranza religiosa. Nella Chiesa tutto era fortemente sottoposto al controllo della Serenissima: dal conferimento dei benefici all’amministrazione delle confraternite; le immunità riguardanti persone, cose, luoghi non venivano rispettate; non vi era libertà di relazione con Roma. Tuttavia i sempre più forti segni di impegno e di rinnovamento spirituale, il costante e capillare impegno catechistico nei confronti di fanciulli ed adulti, lo zelo del clero e l’attività delle confraternite laicali irrobustirono la fede e la pietà nel popolo cristiano. Il Seminario, sorto tra i primi in Italia all’indomani del Concilio di Trento, accolse alla fine del 1566 i primi diciassette alunni. Subì numerosi trasferimenti di sede all’interno delle mura cittadine e molteplici interventi di ristrutturazione, dalla primitiva residenza alle Canoniche nuove fino all’attuale, situata dal 1841 presso l’ex convento domenicano di san Nicolò. Dalla fine del ‘600 fino ai primi del ‘900 oltre ai chierici il Seminario fu frequentato anche da alunni laici, contraddistinguendosi quale istituto cittadino di formazione superiore per la classe dirigente civile e per gli ecclesiastici . Alcuni tra i maestri provenivano dal clero diocesano, altri dagli ordini religiosi presenti in città. Dagli inizi del ‘700 venne dato maggiore impulso alla formazione intellettuale: cominciarono ad essere attivati i corsi teologici interni. A metà del secolo si accrebbe il numero e la qualificazione dei docenti, e gli insegnamenti si estesero alle discipline scientifiche e teologiche positive; anche il fondo librario della biblioteca cominciò a diventare significativo.
L’episcopato del veneziano Bernardino Marin (1788-1817) coincise con l’ultimo periodo della Serenissima. Ebbe appena il tempo di terminare la visita pastorale prima che dal 1797 al 1813 il territorio cambiasse per ben sette volte il governo politico, tra municipalisti, francesi e austriaci. Non preparato per affrontare tali eventi, si comportò in maniera non difforme dagli altri pastori delle diocesi vicine, proteggendo per quanto possibile, il suo clero, svolgendo una funzione di mediazione presso le differenti autorità politiche, perché attività pastorali da un lato, e situazione della popolazione dall’altro, ricevessero il minor numero di danni possibile. Il clero diocesano in questo periodo passò da quasi 900 componenti a 650, compresi gli ex religiosi incardinatisi dopo le soppressioni. Il seminario subì una grave crisi, pur continuando senza sospensioni la propria attività; minacciato di chiusura dall’autorità austriaca, conobbe una ripresa numerica e qualitativa durante la Restaurazione. Dopo il breve episcopato di Giuseppe Grasser (1823-1829), succeduto ad una vacanza di sede durata quasi sei anni la diocesi fu affidata per un ventennio alla guida di Sebastiano Soldati, proveniente dal clero diocesano. Se la stabilità politica creò le condizioni per un rinnovamento pastorale, come lo sviluppo delle parrocchie e l’inserimento in diocesi di nuovi ordini religiosi, soprattutto femminili (canossiane, dorotee), il controllo pressante, pedante e pesante dell’amministrazione austriaca su ogni atto ecclesiastico provocava nel clero, e persino nel vescovo, fastidio e irritazione. Si ritiene che un terzo del clero, tra cui molti parroci e cappellani, vicini ai sentimenti della popolazione, sia stato coinvolto negli eventi rivoluzionari del 1848. In città alunni e professori del seminario furono implicati, e altri fecero parte del governo provvisorio rivoluzionario. successivamente non fu facile ricondurre il clero trevigiano ad un atteggiamento legittimista.
Nella seconda metà dell’Ottocento la diocesi fu guidata da pastori eminenti: il vicentino beato Giovanni Antonio Farina (1850-1860), apostolo della carità e fondatore delle Suore Maestre di S. Dorotea Figlie dei Sacri Cuori, successivamente trasferito a Vicenza a causa di u grave dissidio con il Capitolo, e beatificato nel 2001, e il veneziano Federico Maria Zinelli (1861-1879), teologo illustre che al Concilio Vaticano I fu uno dei relatori in aula della Costituzione “Pastor Aeternus”. Gli ultimi decenni sono contraddistinti dallo sviluppo di un fiorente movimento cattolico, particolarmente attivo nel settore sociale ed economico tramite una rete di associazioni e di iniziative cattoliche ad indirizzo religioso e sociale, cresciute attorno all’Opera dei Congressi (organi di stampa, società di mutuo soccorso, casse rurali, assicurazioni, cooperative di consumo, latterie sociali): Treviso è la diocesi che ha il maggior numero di comitati parrocchiali dell’Opera nel Veneto.
Il secolo XX si apre con un trevigiano eletto alla cattedra di Pietro: è Giuseppe Sarto (1835-1914), Pio X (1903-1914), canonizzato nel 1954, grande riformatore della vita della Chiesa e coraggioso difensore della dottrina della fede, che nella diocesi fu cappellano a Tombolo, parroco a Salzano, cancelliere e direttore spirituale in Seminario, prima di diventare vescovo di Mantova e patriarca di Venezia.
A Pio X si deve la scelta nel 1904 per la guida della sua diocesi di origine il giovane provinciale dei cappuccini veneti, Andrea Giacinto Longhin (1904-1936), beatificato da Giovanni Paolo II il 20 ottobre 2002.
Attraverso un’intensa attività apostolica, le visite pastorali e il sinodo, Longhin intraprese una grande opera di formazione spirituale per il clero e il laicato. Durante la I guerra mondiale fu riferimento religioso, morale e civile per tutte le comunità travolte dal conflitto; provvide all’assistenza dei soldati, dei malati e dei poveri. La sua azione pastorale favorì il sorgere di figure significative tra i preti, i religiosi e i laici.
Tra di essi vanno ricordati: S. Maria Bertilla Boscardin, (1888-1922), religiosa dorotea canonizzata nel 1961, per 15 anni a servizio nell’ospedale di Treviso; la serva di Dio madre Maria Oliva Bonaldo (1893-1976), fondatrice delle Figlie della Chiesa; la serva di Dio Lucia Schiavinato (1900-1976), fondatrice dei Piccoli Rifugi per l’accoglienza dei disabili e dell’istituto secolare delle Volontarie della Carità; Giuseppe Corazzin (1890-1925), esponente del movimento cattolico, direttore del settimanale diocesano e organizzatore del sindacato veneto dei contadini; Luigi Stefanini (1891-1956), attivissimo organizzatore della Gioventù Cattolica, filosofo esponente dello spiritualismo e del personalismo cristiano. Se negli anni del fascismo la Chiesa trevigiana aveva dovuto limitarsi a svolgere solo un’ampia e diffusa opera catechetica e formativa, particolarmente attraverso l’Azione Cattolica, significativa fu la partecipazione dei cattolici alla lotta di liberazione. Durante la seconda guerra mondiale, dopo l’occupazione tedesca, il vescovo Mantiero fu un autentico defensor civitatis. La sua azione fu di tipo caritativo nei confronti dei sinistrati e degli sfollati di difesa presso i comandi germanici per strappare alla morte e alla prigione sacerdoti e vittime innocenti di ogni colore politico e di ogni condizione ; di sostegno ai sacerdoti in cura d’anime perché rimanessero strettamente uniti alle loro popolazioni.
Il periodo postbellico si caratterizzò per il contributo sostanziale dato alla ricostruzione morale, culturale e materiale, profuso a tutto campo nell’impegno sociale e politico dei cattolici nel partito e nel sindacato di ispirazione cristiana, nelle Acli e nella Coldiretti, delle quali il primo assistente e consulente ecclesiastico nazionale nel dopoguerra fu Pietro Pavan, poi cardinale. La pastorale diocesana, di forte impianto tradizionale, si fa attenta alla dimensione sociale, per essere in grado di far fronte alle trasformazioni in atto.
Notevole in questi decenni è pure l’impegno missionario della diocesi. Sono certamente oltre il migliaio i religiosi, le religiose, i laici e, a partire dall’enciclica di Pio XII “Fidei Donum” i sacerdoti diocesani, che nel sec. XX sono partiti per la missione; sei di essi vi hanno trovato il martirio.
Gli anni dell’episcopato del vicentino mons. Antonio Mistrorigo (1958-1988) accompagnano la preparazione, la celebrazione, l’applicazione e la recezione del Concilio Vaticano II. Il post-concilio rivela, con i fermenti di rinnovamento, una ricca vitalità pastorale.
Le settimane di aggiornamento pastorale, gli annuali convegni ecclesiali, gli organismi di partecipazione divengono manifestazioni della comunione ecclesiale ed insieme luoghi di programmazione e di verifica, a partire dai piani pastorali decennali della Conferenza Episcopale Italiana. Il Sinodo del 1983-1987 “Una Chiesa che cammina insieme” costituisce l’espressione più significativa del periodo post-conciliare.
L’attuazione del Sinodo, nelle tre dimensioni della vita cristiana: evangelizzazione, culto e carità, costituisce l’oggetto d ei primi piani pastorali dell’episcopato di mons. Paolo Magnani (1989-2003), originario di Pavia. Nel 1996, al termine della visita pastorale, egli indice un Convegno ecclesiale che individua nella formazione e nella missione, in particolare nell’ambito dei giovani, della famiglia e della parrocchia le priorità pastorali ed apre una nuova fase del rinnovamento conciliare. La preparazione al Grande Giubileo del 2000 è contrassegnata per la Diocesi di Treviso anche dalla preparazione del XIV Sinodo, che ha per tema: “La parrocchia centro di vita spirituale per la missione”, che viene celebrato nell’anno giubilare. Gli anni successivi vedono la diocesi trevigiana impegnata ad assimilare gli orientamenti sinodali per rinnovare la propria vita spirituale in vista di un annuncio e una testimonianza significativa per l’uomo d’oggi .
Bibl. Diocesi di Treviso; a cura di Luigi Pesce, Padova, Giunta Regionale del Veneto, Gregoriana Libreria Editrice, 1994; Treviso cristiana : 2000 anni di fede. Percorso storico, iconografico, artistico nella Diocesi; a cura di Lucio Bonora, Cornuda (TV) : Antiga, 2000; P. A. Passolunghi, Il Monachesimo benedettino della Marca Trevigiana, Villorba (TV), Grafiche Marini, 1980; L. Pesce, La Chiesa di Treviso nel primo Quattrocento, Roma, Herder, 1987; G. Liberali, Documentari sulla riforma cattolica pre e post-tridentina a Treviso (1527-1577) Treviso, Biblioteca del Seminario vescovile di Treviso, 1971-1975; La visita pastorale di Sebastiano Soldati nella diocesi di Treviso (1832-1838), a cura di Luigi Pesce, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1975; F. Ferreton, Annali del movimento cattolico in diocesi di Treviso dall’anno 1874 al 1906, Treviso, 1907; Scritti del Beato Andrea Giacinto Longhin Vescovo di Treviso (1904-1936). I. Le relations ad Limina. Parte Prima, a cura di Lucio Bonora, Treviso, Editrice San Liberale, 2002.