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 L’Anno Giubilare porta con se due preziosi doni che gli conferiscono una particolare caratterizzazione ecumenica: la celebrazione della Pasqua (20 aprile 2025) nella stessa data per tutte le Confessioni cristiane e l’anniversario per i 1700 Anni della celebrazione per primo  Concilio ecumenico della storia, quello di Nicea (325) riconosciuto da tutte le Chiese come l’evento che ha posto le basi per il Credo da tutti condiviso.
Per aiutare a cogliere il valore e l’attualità di questi appuntamenti in relazione al Giubileo, l’Ufficio per l’ecumenismo ha curato degli approfondimenti che compariranno nel sussidio liturgico La nostra messa a partire da domenica 22 dicembre, IV di Avvento.
Gli stessi saranno resi disponibili di settimana in settimana da questa pagina per poterli utilizzare come approfondimenti nella redazione dei foglietti parrocchiali o per qualsiasi altra attività, con la seguente scadenza:
  • da domenica 22.12.24 a domenica 19.01.25: approfondimento sul tema del Giubileo
  • nelle domeniche di Quaresima 2025:  approfondimento sull’importanza di celebrare la Pasqua nella stessa data
  • nelle domeniche del Tempo di Pasqua 2025: approfondimento sull’importanza del concilio di Nicea

IV domenica di Pasqua – 11.05.2025

Perché è importante ricordare il Concilio di Nicea (3)

Ai nostri occhi di cristiani occidentali e post-moderni abituati a pensare Stato e Chiesa come due entità “separate”, che devono restare autonome, pur collaborando in alcuni settori della vita civile e religiosa, lascia perplessi sapere che a giocare un ruolo decisivo per la convocazione del Concilio di Nicea e la sua conduzione sia stato l’imperatore Costantino, allora nemmeno battezzato. È vero che si tratta dello stesso Costantino che aveva concesso pochi anni prima (Editto di Milano del 313) la libertà di culto ai cristiani, ma come in quel caso, anche a Nicea le motivazioni che lo spingevano ad agire non erano principalmente di tipo religioso. Egli infatti sapeva bene che l’unità politica dell’Impero, veniva corroborata o indebolita dall’unità nella professione della stessa fede (per cui bisognava “sconfiggere” l’eresia ariana) e dall’uniformità celebrativa (da qui l’importanza di fissare una data comune festeggiare la Pasqua). Quale fu “l’intelligenza” di Costantino che non trasformò il suo ruolo al Concilio di Nicea in un’ingerenza? La comprensione che l’unità della Chiesa e l’ortodossia della fede non dovessero essere protette o imposte “dall’esterno” attraverso un’azione politica, ma “dall’interno” attraverso il confronto religioso. In questo senso il concilio ecumenico, come da lui pensato, cioè un concilio che interessasse l’intera Chiesa, era sia uno strumento conforme alla natura stessa della Chiesa, sia il luogo adatto per l’esercizio di un’autentica collegialità episcopale (a Nicea, infatti, discussero e presero le decisioni, circa 318 vescovi, in quanto “successori” degli apostoli nelle loro Chiese locali) che risolvesse questioni religiose, che inevitabilmente avrebbero avuto anche delle conseguenze politiche, quelle che stavano particolarmente a cuore all’Imperatore. S’intuisce così come la Chiesa non “alleggia” sulla storia, ma il legame tra le due sia profondo e riguardi da sua natura.

III domenica di Pasqua – 04.05.2025

Perché è importante ricordare il Concilio di Nicea (2)

Cosa è accaduto a Nicea? A Nicea la Chiesa, o forse più precisamente l’imperatore Costantino che lo ha convocato, ha inventato il “concilio ecumenico” come strumento di discernimento per regolare la sua vita. Concili e sinodi, infatti, sono sempre esistiti nella vita della Chiesa (cfr. At 15) proprio con questa funzione, non riguardavano, però, “tutta la terra” (ecumene), ma gruppi di Chiese della stessa regione, che insieme condividevano e formulavano una Professione di fede da sottoporre ai catecumeni che venivano battezzati (Simboli battesimali). Questa grande ricchezza e varietà però aumentava il rischio che all’interno di queste formule di fede s’inserisse in maniera più o meno velata l’eresia e comunque l’unità delle Chiese attorno alla stessa fede risultava sempre molto fragile.
Il pericolo divenne una certezza quando cominciò a diffondersi l’eresia ariana, dal nome del suo propugnatore, un brillante prete alessandrino di nome Ario. Ario, rielaborando altre dottrine e interpretando in maniera favorevole alle sue tesi diversi passi della Scrittura, arrivò a sostenere in buona fede che Gesù Cristo, il Verbo di Dio, non era uguale al Padre. Era certamente una creatura unica e speciale, ma non era Dio. Le sue tesi ebbero un’enorme diffusione dentro e fuori dai confini imperiali, conquistando anche intere popolazioni barbare. L’arianesimo, però, metteva in gioco l’essenza del cristianesimo, perché se il Figlio di Dio incarnato non era pienamente Dio, allora all’uomo non era riservata una vera salvezza, in quanto ciò che di umano non è fatto proprio dal Verbo non viene salvato mediante la Resurrezione. Se però il Figlio incarnato è veramente Dio, allora il rigido monoteismo dell’AT andava riletto, considerando nell’unica divinità il mistero della pluralità, approdando così dogma trinitario. La sfida posta dall’arianesimo appariva pertanto alla Chiesa in tutta la sua grandezza teologica, e all’Imperatore in tutti i disordini, le tensioni e le contrapposizioni che le dispute dottrinali causavano nell’impero.

II domenica di Pasqua – 27.04.2025

Perché è importante ricordare il Concilio di Nicea (1)

Riferendoci ad un avvenimento vecchio di 1700 anni – di cui praticamente la maggior parte dei cristiani forse conosce a stento l’esistenza e intuisce di cosa si tratti per la relativa chiarezza che la parola “concilio” porta in sé – è naturare e doveroso chiedersi: perché è importante fare memoria del Concilio di Nicea? Senza entrare in complicate questioni teologiche e storiografiche, si potrebbe cogliere l’importanza di questo lontanissimo evento ecclesiale in alcune ragioni. Anzitutto Nicea elabora quella formula di fede (Simbolo niceno) che sarà la base su cui costruire nei decenni successivi il Credo niceno-costantinopolitano, quello proclamato ogni domenica, la cui accoglienza è divenuta garanzia “formale” di una fede autenticamente cristiana e quindi di unità tra le Chiese cristiane. Inoltre – come si è visto nelle scorse settimane – il Concilio stabilisce la “regola generale”, tutt’ora utilizzata, per calcolare la data della Pasqua, che deve essere celebrata la prima domenica dopo il primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera. Infine, allargando un poco lo sguardo e considerando le vicende storico-teologiche che hanno provocato e seguito il Concilio, Nicea ricorda anzitutto quanto la nostra fede e la Chiesa – in continuità col mistero dell’Incarnazione del Figlio di Dio – siano impastate con i cambiamenti e le contraddizioni della storia degli uomini, che così ne risulta redenta dal “di dentro” e non “dall’alto” come per magia. Osservando il Concilio l’unità della Chiesa (professata proprio nel Credo) è sì un dono di Dio, ma diventa anche un compito quando si lotta per custodirla e costruirla con tenacia proprio a partire dalla fede autentica, come accaduto a Nicea. Nicea e il suo Credo diventano quindi una sorta di simbolo, che ci aiuta a prendere sempre più coscienza che il nostro credere di oggi è un dono che ci giunge attraverso il paziente e faticoso discernimento di chi è stato discepolo di Gesù prima di noi. Compito che, coi dovuti distinguo, tocca anche a noi nei confronti delle generazioni che verranno.

V domenica di Quaresima – 06.04.2025

Perché è importante celebrare Pasqua nella stessa data? (5)

La ragione più “recente” che sta all’origine del fatto che ancora oggi non tutti i cristiani celebrano la Pasqua nello stesso giorno, pur condividendo tutti la regola definita al Concilio di Nicea (e cioè che la Pasqua si celebri la domenica seguente il primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera), è dovuta al fatto che nel 1582 papa Gregorio XIII decise di modificare il calendario solare fino ad allora in vigore, detto calendario giuliano per il fatto che lo introdusse Giulio Cesare nel 45/46 a.C., con l’attuale calendario che da lui prende il nome. Il calendario giuliano, infatti, aveva accumulato dalla sua entrata in vigore un ritardo di 10 giorni rispetto all’anno astronomico che vennero soppressi nel 1582, quando al 4 ottobre seguì immediatamente il 15 ottobre. In questo modo l’equinozio di primavera tornò all’incirca a coincidere con quello astronomico. L’unità della Chiesa nel XVII sec. era però già stata compromessa, per cui la riforma promossa da un papa venne accettata molto lentamente e solo in parte dalle altre Chiese in particolare da quelle Ortodosse. Attualmente tutte le Chiese nate dalla Riforma e anche gran parte di quelle Ortodosse utilizzano il calendario gregoriano, tranne i Patriarcati di Mosca e di Serbia che nella liturgia rimangono fedeli al calendario giuliano. Questa scelta ha però fatto sì che tutte le Chiese Ortodosse per celebrare Pasqua nella medesima data abbiano deciso di continuare ad utilizzare il calendario giuliano. Per questa ragione tranne quando per ragioni astronomiche coincide, come quest’anno, la Pasqua ortodossa segue sempre quella cattolica, perché pur calcolata nello stesso modo in realtà è diverso il giorno che ciascun calendario considera come l’equinozio di primavera e, di conseguenza varia, il plenilunio considerato come il primo della nuova stagione. Nel 1997 il Consiglio Ecumenico delle Chiese nel documento di Aleppo, propose di mantenere la regola nicena di calcolare il giorno dell’equinozio utilizzando le moderne tecniche astronomiche e di sincronizzare così la celebrazione della Pasqua. L’altra ipotesi è quella di accordarsi per una data fissa. Entrambe le proposte sono state finora lettera morta.

IV domenica di Quaresima – 30.03.2025

Perché è importante celebrare Pasqua nella stessa data? (4)

La situazione di disagio e tensione generata dal mancato accorda tra Quartodemani e Domenicali, non sfuggì all’imperatore Costantino, che desiderando l’uniformità e la pace nell’Impero, mise all’ordine del giorno del Concilio di Nicea (325) non solo la questione ariana, ma anche quella del calcolo della data di Pasqua. Nel dibattito prevalse la tradizione domenicale e venne stabilito che la Pasqua doveva essere celebrata la domenica seguente il primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera fissato per il 21 marzo. Tuttavia, i problemi non erano terminati non solamente perché la decisione conciliare ci mise più di un secolo ad essere recepita, ma anche perché la “formula nicena” prevedeva di “sincronizzare” il calendario lunare con il calendario giuliano allora in uso nell’Impero, che era un calendario solare. Infatti, se il giorno del solstizio è fisso (21 marzo) non è facile prevedere in anticipo in quale fase la Luna si trovi all’equinozio e così calcolare dopo quanto tempo e in quale giorno della settimana ci sia il plenilunio e quindi nella domenica successiva la Pasqua. Per sapere in anticipo la data della Pasqua vennero compilate prima da Cirillo vescovo di Alessandria, poi dal monaco Dionigi il piccolo, tabelle pluridecennali, che riuscivano a prevedere la data della Pasqua ricorrendo alla sapienza ateniese che aveva scoperto che 19 anni solari corrispondono quasi esattamente a 235 mesi lunari (di 29 giorni ca.) e raccordando così il calendario solare a quello lunare.

 

III domenica di Quaresima – 23.03.2025

Perché è importante celebrare Pasqua nella stessa data? (3)

La tradizione domenicale, a cui erano invece fedeli i patriarcati di Roma e di Alessandria d’Egitto, seguendo le indicazioni dei sinottici, celebravano la Pasqua la domenica successiva al 14 di Nisan, perché la tomba vuota viene trovata il giorno dopo il sabato (cfr. Mc 16,2; Lc 24,1; Gv 20,1), l’Ultima Cena è fissata il «primo giorno degli Azzimi» (Mt 26,17; Cf. Mc 14,12; Lc 22,7) cioè la sera del 14 di Nisan (che il 30 a.C. era un venerdì) e la morte di Gesù il 15 di Nisan.

La sottolineatura viene così a cadere più sulla resurrezione che sull’immolazione dell’Agnello-Gesù. Essi, inoltre, intendono la derivazione del termine Pasqua dall’ebraico pesach, cioè passaggio. L’accento della celebrazione è così più di tipo antropologico: il passaggio dalla morte alla vita nuova di Cristo, con quanto questo implica dal punto di vista morale.

La celebrazione domenicale segnava anche un netto distacco rispetto alla religione giudaica.

Il diverso computo faceva sì che i Domenicali celebrassero Pasqua sempre dopo i Quartodecimani, che quindi finivano il digiuno quaresimale prima degli altri. Si creava quindi, specie nelle metropoli, tensioni tra Comunità che calcolavano in modo diverso la Pasqua, creando disagio, confusione e controtestimonianza. Inoltre, l’origine apostolica di entrambe le tradizioni e la loro genesi parallela impediva l’affermarsi di una sull’altra.

II domenica di Quaresima – 16.03.2025

Perché è importante celebrare Pasqua nella stessa data? (2)

A discapito dell’importanza simbolico-reale per la vita della Chiesa tutta, il calcolo della data della Pasqua, per addivenire ad una celebrazione nel medesimo giorno, è una vicenda che tormenta la Comunità cristiana fin dalle sue origini, fatta di ampi e anche virulenti contrasti, separazioni, ma anche di compromessi e di riconciliazioni bellissime, che possono ispirare anche l’odierna ricerca di una data comune a tutte le Chiese.

La questione si pone fin dal II sec. con lo scontro tra due grandi tradizioni entrambe capaci di rivendicare per sé un’origine apostolico-scritturistica: quella quartodecimana seguita dalle Chiese dell’Asia Minore, della Siria e della Mesopotamia e quella domenicale. I quartodecimani celebravano Pasqua in concomitanza con l’inizio della Pasqua ebraica (che durava otto giorni) il 14 di Nisan, Primo giorno degli Azzimi, in qualunque giorno della settimana cadesse. Infatti – secondo le indicazioni desumibili dal Vangelo di Giovanni, Gesù – che avrebbe celebrato l’Ultima Cena «prima della festa di Pasqua» (Gv 13,1) – sarebbe morto nell’ora in cui s’immolavano gli agnelli nel Tempio cioè al tramonto del 14 di Nisan; infatti la mattina di quello stesso giorno i suoi accusatori «non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare [alla sera] la Pasqua» (Gv 18,28).L’accento celebrativo cadeva così sul tema della morte, del sacrificio con una forte connotazione cristologica. A sostegno di questa interpretazione vi è il fatto che essi credevano che il significato della parola Pasqua provenisse dal greco paschein = patire. La tradizione domenicale, invece si rifaceva ad altre fonti, come si vedrà in seguito.

I domenica di Quaresima – 09.03.2025

Perché è importante celebrare Pasqua insieme?

Il cammino quaresimale in quest’anno giubilare si carica di un particolare significato ecumenico per l’intera cristianità: ci conduce infatti a celebrare la Resurrezione del Signore nella stessa data in cui tutte le Chiese cristiane, in particolare a quelle Ortodosse la celebrano. Perché questo avvenimento, attualmente frutto di una “coincidenza astronomica”, è così importante? Anzitutto perché ci ricorda che la Pasqua non è “cattolica” o “ortodossa” ma è il dono di Dio per la salvezza di tutti gli uomini. Celebrala quest’anno tutti nella stessa data mette al centro della vita liturgica di ogni Chiesa il “per primo di Dio”, che spinge ciascuna Confessione a non fissarsi nelle proprie tradizioni, per quanto autorevoli e sante esse siano, ma a volgere lo sguardo verso Colui che «imparò l’obbedienza dalle cose che patì». Inoltre la celebrazione comune ha un grande valore simbolico, soprattutto per noi cattolici che insieme agli Ortodossi cerchiamo unità visibile della Chiesa, cioè di una unità che interessi tutti gli aspetti essenziali della vita della Chiesa (i dogmi, la morale, l’azione di dikonia al mondo, la Liturgia e il suo calendario, ecc). Perseguire un obiettivo così alto implica anche rivedere criticamente le ragioni per cui vi sono diversità nel calcolare la data della Pasqua e capire che, per quanto importanti esse siano, non possono oggi giustificare date diverse per celebrare il dono che fonda la speranza di ogni discepolo di Gesù.

II domenica del Tempo Ordinario, domenica nella Settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani – 19.01.25

Oltre alla data comune per la celebrazione della Pasqua, vi è anche un altro elemento che concorre a dare all’Anno giubilare una connotazione ecumenica, a farne cioè un’occasione per rilanciare l’impegno per la ricerca dell’unità visibile della Chiesa: i 1700 anni dalla celebrazione del primo concilio dell’Era cristiana, a Nicea (130 km a sud-est di Istanbul) nel 325. Il Concilio, l’unico che vide la cristianità ancora unità, riconobbe contro l’eresia ariana la consustanzialità del Figlio con il Padre, ovvero che Gesù non era “solo” il Figlio di Dio, ma “anche” Dio come il Padre. Nacque così la prima formulazione al Credo che professiamo ogni domenica e vennero riconosciute le fondamenta di quella fede che ci fa essere tutti cristiani benché oggi divisi in diverse Confessioni. È, infatti grazie alla fede nella divino-umanità di Gesù possiamo essere resi partecipi della vittoria di Cristo sulla morte, comunicata nel battesimo in qualunque Chiesa viva il suo essere discepolo di Gesù. Per questa ragione la commemorazione del Concilio niceno sta al cuore della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che anche in questo Anno Santo, stiamo celebrando dal 18 al 25 gennaio.

Domenica del Battesimo del Signore – 12.01.25

La certezza vita eterna, cuore dalla Speranza cristiana, cioè sapere che «sono amato, dunque esito [ora], ed esisterò per sempre nell’Amore [di Cristo] che non delude e dal quale niente e nessuno potrà mai separarmi» viene rinvigorita e costituisce la base dei «segni» e degli «appelli di speranza» che il Giubileo c’invita porre come opere di conversione e di vita nuova. La certezza, infatti, la si sperimenta nel «cammino di speranza» che l’Anno Santo invita a compiere interiormente e fisicamente nel pellegrinaggio e che deve conoscere la tappa della Confessione sacramentale individuale, non come “condizione imposta” per ricevere l’indulgenza, ma come luogo esistenziale dove posso fare esperienza di quell’amore gratuito che mai mi abbandona, nonostante tutto.  Da questa certezza interiore trovano cristianamente senso le opere di misericordia spirituale e corporale che il papa invita a compiere a tutti i livelli per tessere «un’alleanza sociale di speranza» che abbia cura delle persone fragili (giovani e anziani, ammalati, detenuti, migranti e poveri, ecc), sorregga «il desiderio di trasmettere la vita», l’impegno per la pace come pure la tutela e la condivisione dei beni del Creato. Anche in questo caso l’essenziale è chiedersi: qual è l’opera che il Signore mi chiede di compiere per godere e far godere il suo Amore?