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Veglia per i cristiani martiri venerdì 11 aprile nella chiesa di San Martino a Treviso

La preghiera ecumenica, presieduta dal Vescovo, e promossa dalla comunità di Sant'Egidio, farà memoria di quanti hanno dato la loro vita per il Vangelo, come il giovane Floribert

Una storia breve e piena di fede, che è divenuta un modello di resistenza al male: questa è stata la vita di Floribert Bwana Chui, la cui testimonianza sarà ricordata in occasione della Veglia di preghiera per i cristiani martiri di venerdì 11 aprile (nella chiesa di San Martino a Treviso, alle 20.45), presieduta dal vescovo Michele e promossa dalla Comunità di Sant’Egidio e dall’Ufficio diocesano per l’Ecumenismo, con la collaborazione dell’ufficio Migrantes.
Nato il 13 giugno 1981 a Goma, nella Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire), Floribert cresce in una regione devastata dalla guerra civile e dalla povertà. La sua educazione cristiana e la fede profonda lo spingono a unirsi alla Comunità di Sant’Egidio, impegnandosi in attività di sostegno per i giovani e i poveri, in particolare i ragazzi di strada.
Dopo la laurea in Economia, Floribert riesce a trovare lavoro nell’ufficio della dogana per la verifica della qualità delle merci. Un posto di una certa importanza per una città di frontiera come Goma. Il suo arrivo segna per l’ufficio una profonda svolta, perché si rifiuta di lasciarsi corrompere. Suor Jeanne-Cécile Nyamungu, che aveva raccolto le sue confidenze, racconta: “Avevano cercato di corromperlo perché non distruggesse del cibo avariato. Ma lui aveva rifiutato: in quanto cristiano non poteva accettare di mettere in pericolo la vita di tanta gente. «Il denaro presto sparirà – mi disse -. E invece, quelle persone che dovessero consumare quei prodotti, cosa sarebbe di loro? Vivo per Cristo oppure no? Ecco perché non posso accettare. È meglio morire piuttosto che accettare quei soldi»”. Le pressioni e le minacce sono continuate fino al 7 luglio 2007, il giorno in cui uscendo da un negozio qualcuno lo costringe a salire su un’auto senza targa. E due giorni dopo il suo corpo viene ritrovato in un terreno fuori città, con addosso i segni di atroci torture, che testimoniano il prezzo del suo coraggio. Papa Francesco il 24 novembre scorso ha riconosciuto il martirio di Floribert.
In questo tempo con poca speranza di pace e di liberazione dal male, Floribert è una luce che brilla nell’oscurità e dà speranza. La sua vita e il suo sacrificio risuonano come un invito a resistere al male e a credere nel potere trasformativo del bene nei contesti vicini come in quelli più difficili. Floribert sarà ricordato insieme ai nomi dei tanti discepoli di Gesù sconosciuti o noti, canonizzati o meno, che ancora oggi, in numerosi luoghi del mondo sono perseguitati e privati della libertà religiosa e della vita. Nel secolo scorso e in quello attuale sono numerosissimi i cristiani di ogni confessione che hanno dato la loro vita per il Vangelo: secondo l’Agenzia Fides, 608 solo nel primo quarto di questo secolo.
A Treviso celebreremo la loro memoria nella Veglia dell’11 aprile. Anche quest’anno si uniranno alla preghiera alcuni sacerdoti delle Chiese ortodosse presenti in diocesi, a testimonianza del fatto che “questi martiri, appartenenti alle diverse tradizioni cristiane, sono semi di unità perché esprimono l’ecumenismo del sangue” (“Spes non confundit”, 20)

(Paola Brugnotto – Comunità di Sant’Egidio)


Giornata per il dialogo tra cattolici ed ebrei: per riscoprire ciò che sempre vale e sempre ci unisce

“Mi sento la testa piena e confusa. Ho letto, ascoltato, trascritto testi e appunti di ogni genere sul tema dell’educazione. […] Ho mal di capo e non so da che parte cominciare. Ma ecco un lampo: perché sono qui e scrivo? Perché mi sto interessando di queste cose? Perché mi sta a cuore comunicare qualcosa sul tema dell’educare? Perché Tu, o Signore, mi hai educato, [..] Sei Tu, o mio Dio, il grande educatore, mio e di tutto questo popolo. Sei Tu che ci conduci per mano, anche in questa nuova fase del nostro cammino pastorale. Infatti «Uno solo è il vostro Maestro» (Matteo 23,8)”.
Così, quasi con una confessione autobiografica, cominciava una celeberrima lettera pastorale del card. Martini, quella per il biennio 1987-1989, dal titolo “Dio educa il suo popolo”. Lasciandosi guidare da questa intuizione, l’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso della nostra diocesi ha deciso di celebrare quest’anno la 36ª Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, lo scorso 15 gennaio, nella bellissima cornice dell’ex refettorio domenicano nel Seminario Vescovile.
La nostra fede, infatti, al di là della complessità della grande storia e di quella dei nostri percorsi esistenziali asserisce con forza che Dio non smette mai di educarci, di prendersi cura del suo popolo, costituito dai credenti nel Primo e nel Secondo Testamento, perché «i doni e la chiamata di dio sono irrevocabili» (Rm 11,29). Questo suo agire è segno di amore e fonte di Speranza. Tema caro ai cattolici soprattutto in quest’anno giubilare. La domanda che sorge spontanea e che potrebbe sembrare solo in apparenza banale è come educhi Dio. Egli ha tanti modi per farlo, ma lo “strumento principe” rimane il dialogo che Egli intesse con i credenti grazie alla sua Parola eterna. Si tratta di un “patrimonio” che nella maggior parte è condiviso da cristiani ed ebrei. È perciò naturale per entrambi ritrovarsi alla “scuola della Parola”, seppur – rimanendo nella metafora – occupando banchi diversi, e riscoprirsi così fratelli e figli dell’unico Dio.
Riconoscere che Dio ci parla non è scontato in questo nostro mondo, anche perché ammetterlo pone immediatamente il tema dell’ascolto da parte nostra e di “come” esso possa avvenire, perché la relazione educativa sia feconda. Attraverso l’intreccio inestricabile tra Parola proferita, ascolto e azione educativa, i due relatori della serata, don Angelo Dal Mas, biblista della nostra diocesi e padre spirituale della Comunità Giovanile del Seminario e il prof. Nathan Neumann, appartenente alla Comunità ebraica di Trieste e direttore dell’Istituto comprensivo delle scuole ebraiche della città “Morpurgo Tedeschi”, hanno guidato con competenza i partecipanti. Le registrazioni dei lori interventi e il testo della relazione del prof. Neumann sono disponibili sulla pagina dell’Ufficio ecumenico nel sito diocesano.
La disponibilità all’ascolto è stata favorita dall’esecuzione al violino di alcune composizioni della tradizione ebraica eseguiti dalla maestra Luisa Bassetto, collaboratrice dell’ufficio ecumenico, che hanno scandito i vari momenti della serata. Il Vescovo, nel suo intervento conclusivo, ha ricordato come la celebrazione di una Giornata decisa dal “calendario della Cei”, sia diventata occasione per porre nuovamente l’attenzione su di un elemento costitutivo della nostra fede – l’azione educatrice di Dio – come sapientemente e autorevolmente avevano già riconosciuto i “Padri della Chiesa contemporanea”, cioè coloro che fecero il Concilio Vaticano II, nella Dichiarazione “Nostra Aetate”, di cui ricorre il 60° della promulgazione. (don Luca Pertile)



la Relazione di Nathan Neumann:
Nathan Neuemann – Le Scritture e l’arte di educare – Dialogo tra parola, lingua ed educazione

 


Il programma della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani

Un Credo che unisce: Veglia diocesana il 21 gennaio a Montebelluna

Le iniziative nell'anno in cui ricorrono i 1700 anni del Concilio di Nicea e del Credo

Anche quest’anno gli appuntamenti ecumenici del mese di gennaio aprono il nuovo anno dove celebrazione del Giubileo e dimensione ecumenica hanno diverse occasioni per intersecarsi, a partire dalla Veglia ecumenica diocesana, che si celebrerà martedì 21 gennaio alle ore 20.45 in Duomo a Montebelluna, dove – ed è una particolarità della nostra diocesi – si ritroveranno a pregare insieme tutte le Chiese presenti sul nostro territorio che lo desiderino e con le quali la nostra diocesi mantiene rapporti ufficiali.
La celebrazione, presieduta dal Vescovo, costituisce il vertice della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio) e quest’anno, seguendo le indicazioni del Sussidio internazionale redatto dalla Comunità di Bose, pone al centro il tema della fede riecheggiando la domanda che Gesù rivolge a Marta di Betania parlando della Resurrezione di quanti credono in lui: “Credi tu questo?” (cfr. Gv 11,26). Alla domanda di Gesù, l’informale gruppo di lavoro ecumenico che ha preparato la veglia ha proposto di rispondere con l’incipit del Credo di Nicea: “Noi lo crediamo”.
Il Credo di Nicea. Il rimando al primo concilio ecumenico dell’era cristiana è giustificato dal fatto che quest’anno ricorrono i 1700 anni dalla sua convocazione, appunto, a Nicea in Turchia nel 325. L’Assemblea conciliare allora elaborò e adottò ufficialmente il primo Simbolo della fede condiviso da tutti i cristiani, ripreso successivamente nel Concilio di Costantinopoli (381) e divenuto il Credo niceno-costantinopolitano, professato in ogni eucarestia e ancor’oggi condiviso dalla quasi totalità delle Chiese. La commemorazione propria dell’evento sarà celebrata il 20 maggio prossimo in cattedrale.
L’intreccio con il Giubileo. Andando oltre le ricorrenze storiche, il colloquio ideale tra la domanda evangelica e la risposta ecclesiale, ha dato forma all’intera Veglia perché costituisce il dialogo fondamentale che attende ciascun uomo che voglia diventare discepolo di Gesù, in ogni tempo e in ogni luogo. L’interpellanza del Signore – che più volte ritorna in forme diverse nei Vangeli – nel dialogo con Marta ha, però, la particolarità di porre al centro della confessione di fede che Lui è la Resurrezione e la vita per tutti i credenti, rivelando così “l’intreccio” con il Giubileo, perché sottolinea chiaramente come sia il Signore Gesù Cristo il fondamento della Speranza che impregna l’anno giubilare.
Il “noi” ecclesiale. A questa fede, però, non si arriva se non attraverso la mediazione ecclesiale, come è ben espresso dal Credo niceno dove si dice al plurale: “Noi crediamo” (e non “io credo” come nel Simbolo niceno-costantinopolitano). La professione del Simbolo niceno costituirà l’apice della celebrazione, proprio a ricordarci che l’intima adesione di ciascuno al Fondamento della Speranza, non si realizza nella sua pienezza se non nella Chiesa voluta dal Signore Gesù, come strumento necessario per un discepolato autentico e pieno.
In un tempo come il nostro segnato quasi irreversibilmente da una privatizzazione della fede, che sembra rendere superflua l’appartenenza ecclesiale, ribadire il legame intrinseco tra l’atto di fede personale e la sua necessaria dimensione ecclesiale è fondamentale soprattutto in un’ottica di evangelizzazione, in particolare se questo è fatto nella preghiera comune, condivisa dai fratelli che, pur non cattolici, condividono la stessa risposta affermativa alla domanda che Gesù rivolge a Marta. La sfida per arrivare a una fede matura e quindi a una Speranza che non delude non riguarda, infatti, solamente i cattolici, impegnati nel Giubileo, ma tutte le Comunità cristiane che vivono questo territorio e questo tempo.
Collaborazione e dialogo. La realizzazione della Veglia a cura dell’Ufficio diocesano per l’ecumenismo è possibile grazie alla collaborazione della parrocchia del Duomo di Montebelluna, della Comunità di S. Egidio e col patrocinio dell’Issr Giovanni Paolo I. I sacerdoti ortodossi e pastori protestanti e i preti cattolici del vicariato di Montebelluna (muniti di alba) sono pregati di presentarsi 20 minuti prima dell’inizio della celebrazione nella sacrestia del Duomo.
Altre veglie ecumeniche saranno celebrate in varie zone della diocesi: giovedì 23 gennaio a Loreggia nella chiesa Ortodossa Romena (in via dell’Artigianato 8) alle 20.30 e venerdì 24 a Castelfranco nella chiesa di san Giacomo sempre alle 20.30, frutti dei buoni rapporti tra le nostre parrocchie o Collaborazioni e le parrocchie ortodosse romene locali.

(don Luca Pertile, direttore ufficio diocesano per l’Ecumenismo)

 

Unità dei cristiani: messaggio per la Settimana di preghiera porta “molte più firme del solito”, testimonianza in tempi sempre più conflittuali

“Che il nostro incontrarci provenendo da strade diverse possa anche essere una testimonianza in tempi sempre più conflittuali”. È l’auspicio che chiude il Messaggio che per la prima volta, tutti insieme, i rappresentanti delle Chiese cristiane in Italia rivolgono alle loro comunità per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che come ogni anno si celebra dal 18 al 25 gennaio. La novità è che quest’anno il tradizionale messaggio porta “molte più firme del solito” e la decisione è stata presa nella seconda “Conversazione spirituale tra Chiese cristiane in Italia”. Oltre, infatti, alle firme “tradizionali” di mons. Derio Olivero, vescovo di Pinerolo e presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della Cei, del pastore Daniele Garrone, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, e del metropolita Polycarpos, della Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia, il testo è stato sottoscritto anche dal vescovo anglicano della diocesi in Europa (Chiesa d’Inghilterra), dai responsabili della Chiesa armena, della Chiesa copta di Roma e di Milano, dell’Esercito della Salvezza, dalla moderatora della Tavola valdese e dall’amministrazione delle parrocchie della Chiesa ortodossa russa (Patriarcato di Mosca) in Italia. Ci sono anche le firme del Decano della Chiesa evangelica luterana in Italia, del presidente dell’Unione Cristiana evangelica battista d’Italia, del Coordinatore della Comunione delle Chiese libere, del vescovo della diocesi ortodossa romena, del presidente dell’Opera per le Chiese evangeliche metodiste in Italia, del rappresentante della Chiesa serbo ortodossa e del vescovo Chiesa evangelica della Riconciliazione.

A Napoli – si legge nel messaggio –, il 21 gennaio, tutte le Chiese firmatarie si uniranno in un incontro ecumenico nazionale che, nel 2026, avrà la forma di un Simposio nazionale. I rappresentanti delle Chiese cristiane ricordano inoltre che quest’anno ricorre l’anniversario della formulazione del Credo di Nicea (325). “Questo ci ricorda che a monte delle nostre storie, diverse e spesso divise, delle nostre diverse prospettive, c’è la stessa vocazione da parte dell’unico Signore Gesù Cristo, che tutti chiama all’obbedienza della fede. La comunione che viviamo, il dialogo che promuoviamo e l’unità che cerchiamo non sono dunque basate sui nostri buoni propositi, ma sulla comune chiamata a ricevere e testimoniare l’amore di Dio in Cristo”.

Leggi il Messaggio integrale

“Potrei descrivere questo messaggio con uno slogan: un segno per un sogno”. Così in un videomessaggio diffuso oggi, 13 gennaio, dalla Cei, mons. Derio Olivero, vescovo di Pinerolo e presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo, presenta il messaggio che tutti gli anni per tradizione i leader delle Chiese cristiane rivolgono alla vigilia della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio).

Quest’anno, però, oltre alla Cei, alla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e alla Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia, il testo porta le firme dei responsabili di altre 14 Chiese cristiane che sono in Italia. “Qual è il segno?”, chiede nel videomessaggio il vescovo di Pinerolo: “Il segno è che a differenza degli altri anni, il messaggio di quest’anno porta in calce tantissime firme. Sono le firme di tutti i leader delle chiese che sono in Italia e dei vari responsabili”. “È un segno che ci dice che questo messaggio è stato costruito, scritto insieme ed è stato firmato da tutte le chiese. E questo è un segno per un sogno. Il sogno è l’unità nella diversità, un cammino comune, un cammino di fraternità. Credo di questo ci sia un urgente bisogno in questa nostra società: riuscire a testimoniare il cristianesimo in una società, l’Occidente, dove non è più così scontato e semplice dire il cristianesimo. Sicuramente un modo fondamentale è quello di dirlo insieme, in modi diversi”. “È sicuramente una bella chance per il futuro del cristianesimo” ma anche un “aiuto alla pace e alla coesione sociale”. “Ne abbiamo un immenso bisogno”, dice mons. Olivero, perché “è solo camminando insieme che possiamo essere operatori di pace in questo nostro contesto”. L’appuntamento – annuncia il presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della Cei – è per martedì 21 gennaio a Napoli, dove tutti i responsabili delle Chiese che sono in Italia si riuniranno per una veglia di preghiera ecumenica nazionale.

 

 


Veglia ecumenica diocesana a Fontane il 24 gennaio: in preghiera per l’unità dei cristiani

I giorni che stiamo vivendo fanno parte della settimana tradizionalmente dedicata alla celebrazione di preghiere per l’unità dei cristiani. Questo tempo speciale, che va dal 18 al 25 gennaio, fu proposto nel 1908 da padre Paul Wattson, in quanto compreso tra la festa della cattedra di san Pietro e quella della conversione di san Paolo, e assume un forte significato simbolico legato a queste due celebrazioni. Dal 1975 la preghiera per l’unità si basa su un testo preparato da un gruppo ecumenico locale, la cui scelta è legata al tema biblico proposto dalla commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese e dal Dicastero per la Promozione dell’unità dei cristiani.
Il tema scelto per quest’anno è “Ama il Signore Dio tuo… e ama il prossimo tuo come te stesso” (Lc 10, 27) e il sussidio per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2024 è stato preparato da un Gruppo ecumenico locale del Burkina Faso, coordinato dalla Comunità locale di Chemin Neuf. Il Burkina Faso sta vivendo una grave crisi che mina la sicurezza personale e sociale e che coinvolge tutte le comunità di fede. Le chiese cristiane, in particolare, sono state oggetto di attacchi armati da parte di gruppi estremisti: sacerdoti, pastori e catechisti sono stati uccisi. In questa situazione particolarmente delicata, sta però crescendo una certa solidarietà tra le religioni cristiana, musulmana e tradizionali, i cui leader si stanno impegnando per trovare soluzioni durature a favore della pace, della coesione sociale e della riconciliazione. La domanda che il dottore della Legge, nel brano evangelico scelto per la Settimana, pone a Gesù (“Ma chi è il mio prossimo?”) e l’invito a lavorare insieme per la redazione dei testi per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani sfidano le diverse chiese del Burkina Faso a camminare, pregare e lavorare insieme nell’amore reciproco durante questo periodo difficile per il Paese. L’amore di Cristo che unisce tutti i cristiani è più forte delle divisioni e i cristiani del Burkina Faso si impegnano a percorrere la via dell’amore per Dio e per il prossimo.
In questi mesi, in diocesi, ha lavorato una commissione straordinaria locale, composta da alcuni sacerdoti delle parrocchie ortodosse, moldave e rumene presenti in diocesi, i pastori della chiesa battista Agape di Fontane di Villorba e dai membri dell’ufficio per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso della nostra diocesi, con la collaborazione dell’Azione cattolica e della Comunità di Sant’Egidio. L’obiettivo era preparare la veglia diocesana per l’unità dei cristiani che si svolgerà mercoledì 24 gennaio. Anche grazie al notevole supporto della Collaborazione pastorale di Villorba, la veglia, presieduta dal Vescovo Tomasi, avrà uno svolgimento itinerante, partendo con un primo tempo di preghiera nella chiesa battista Agape di Fontane di Villorba (Largo Molino 36), per poi procedere, processionalmente, verso la chiesa parrocchiale di Fontane dove, dopo un secondo tempo di preghiera, troverà la sua conclusione con un momento di agape fraterno.

Oltre al momento diocesano, ci saranno anche le veglie locali: il 22 gennaio nella chiesa di San Giacomo (20.45) per la Collaborazione pastorale di Castelfranco Veneto e nella cripta del duomo di Montebelluna (20.45) per il vicariato di Montebelluna, il 23 nella chiesa di S. Michele arcangelo a Mirano (20.30), per il vicariato di Mirano e il 25 nella chiesa di Massanzago (20.30) per il vicariato di Camposampiero.

(Stefano Vescovi – da “La Vita del popolo” del 21 gennaio 2024)


Dietro a Cristo, insieme: partecipata veglia diocesana a Fontane

Un clima di comunione e di valorizzazione reciproca: è quello che emergeva lo scorso 24 gennaio, durante la veglia diocesana per l’unità dei cristiani, che si è svolta a Fontane di Villorba. Una sintonia data, probabilmente, anche dal lavoro comune, fatto in questi mesi per pensare e realizzare la celebrazione, da parte dei referenti delle diverse Chiese ortodosse, evangeliche e cattolica presenti nel nostro territorio. La veglia è stata divisa in tre momenti, che riprendevano le tre parti del brano scelto come icona per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (Lc 10,25-37): il dialogo tra Gesù e il dottore della Legge su come ereditare la vita eterna, con la parabola del buon samaritano.
L’inizio, ospiti della comunità Battista, con il saluto del vescovo, Michele Tomasi, e il saluto e la preghiera curata dal pastore Alessandro Sanfelici, cui sono seguite la lettura del Vangelo da parte di padre George Mihai, parroco della parrocchia ortodossa romena di Cittadella – Galliera Veneta, e la riflessione di un giovane della comunità Battista. I canti, curati dal coro della Comunità, hanno sottolineato e accompagnato i testi e la preghiera.
La processione verso la chiesa parrocchiale di Fontane ha permesso di riflettere, sulla scorta del brano che descrive l’aggressione dei briganti all’uomo “che scendeva da Gerusalemme a Gerico”, sulle situazioni di sopraffazione e violenza che caratterizzano il nostro tempo, ma anche sulle scelte di carità e di aiuto fraterno, che non mancano nelle nostre comunità. Diverse le realtà sottolineate con preghiere e canti, o con le parole di papa Francesco: dall’attenzione ai fratelli nella stessa fede, alla cura delle persone fragili, a partire dagli anziani; e poi l’impegno di tante persone in servizi pastorali, di evangelizzazione, di educazione, di carità. E ancora, la preghiera per i giovani, per la fraternità e per la pace, per i poveri, i migranti, i rifugiati e le vittime di ogni guerra, affinché si compiano scelte di dialogo e di riconciliazione, e l’invito a percorrere con coraggio vie nuove di evangelizzazione, consapevoli che la prima testimonianza è la nostra vita quotidiana. Prima di entrare in chiesa a Fontane, l’offerta di un the caldo. Il brano del Buon Samaritano è stato, poi, commentato da padre Dusan Djucanovic, della chiesa ortodossa serba di Fiera, che ha riflettuto sul fatto che non si tratta tanto di capire chi è il Buon samaritano, ma di diventare il Buon Samaritano, un impegno per ciascuno, in vista dell’incontro più importante della nostra vita, quello con il Creatore. Il coro delle parrocchie di Lancenigo, Catena e Fontane ha accompagnato la celebrazione. Il Vescovo ha concluso sottolineando che l’invito di Gesù al giovane ricco, “Va’ e anche tu fa’ lo stesso”, è rivolto anche a noi. “Oggi stiamo facendo un gesto semplice, ma importante: ci stiamo riconoscendo gli uni gli altri come seguaci di Cristo. Questo dà senso, sapore e bellezza alla nostra vita, dà respiro ai fiati corti di questi nostri tempi così faticosi e dolenti”.
Il congedo è stato affidato a un gesto semplice: i diversi ministri hanno unto le mani dei presenti con quell’olio che il Samaritano ha versato sulle piaghe del povero. “Perché possiamo a nostra volta diffondere questo buon profumo – ha detto il Vescovo – e tornare nelle nostre case portando la bellezza dell’amore di Cristo per noi. Lui è il Buon Samaritano che si piega sulle nostre ferite”.

Articolo tratto dalla “Vita del popolo” del 4 febbraio 2024

 


Veglia ecumenica diocesana mercoledì 24 gennaio a Fontane

Si terrà mercoledì 24 gennaio, alle 20.45 a Fontane di Villorba, la veglia ecumenica diocesana. Un momento importante, che si colloca all’interno della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio)

Il tema della Settimana quest’anno prende ispirazione dal versetto di Luca: “Amerai il Signore Dio tuo… e il prossimo tuo come te stesso” (Lc 10,37). La preparazione dei testi a livello internazionale è stata affidata ad un gruppo ecumenico del Burkina Faso. La situazione politica e sociale di quel Paese è instabile dal 2022. In questo clima la preparazione del Sussidio per la Settimana ha contribuito a far riflettere il gruppo di redazione ecumenico sull’amore di Cristo che unisce tutti i cristiani e a riconoscere che è più forte delle divisioni.

Come fedeli della diocesi di Treviso potremo pregare insieme ai cristiani appartenenti alle diverse Chiese Ortodosse ed Evangeliche presenti nel nostro territorio, che quest’anno tutte insieme hanno pensato la celebrazione del 24 gennaio.

La veglia inizierà con una piccola marcia: partenza dalla sede della Comunità Battista Agape (Largo Molino 36, a Fontane) e arrivo nella chiesa parrocchiale di Fontane.


“Continuiamo la missione nell’amata Amazzonia”: i nuovi progetti a Roraima dopo la conclusione dell’esperienza a Manaus

Con il saluto alla parrocchia S. Monica di don Claudio Trabacchin e don Roberto Bovolenta si è conclusa la presenza dei nostri missionari “fidei donum” nell’arcidiocesi di Manaus.

Don Roberto e don Claudio durante la mesa di saluto

La collaborazione con la chiesa di Manaus, diocesi inserita in una grande città con più di due milioni di abitanti, è iniziata nel 1996, accogliendo l’appello dei vescovi brasiliani che invitavano a “evangelizzare la città”. Destinati ad alcune aree missionarie della periferia cittadina ben presto la popolazione che lasciava la foresta si diffuse, si riversò quasi in intere zone costruendo piccoli ripari in cartone, sostituiti prima da pareti in legno e successivamente in vere e proprie abitazioni di mattoni. I nostri missionari – preti e laici – si dedicarono alla costituzione di piccole comunità, all’impegno sociale, alla formazione di catechisti e animatori di comunità. Hanno favorito la promozione umana con la difesa dei diritti umani attraverso il “Movimento comunitario Vida e Esperança” sostenuto dal “Gruppone missionario” presente nella nostra Diocesi. Nel tempo non sono mancati anche alcuni coinvolgimenti in servizi diocesani (Caritas, Seminario, Diaconato permanente…).

La Chiesa di Manaus in questi anni si è consolidata con 72 preti diocesani e 120 religiosi. Si tratta di un prete ogni ottomila abitanti (in diocesi di Treviso sono uno ogni 1.500) che a noi potrebbe sembrare molto poco, ma per la realtà dell’Amazzonia è una presenza significativa e preziosa.

Il lungo cammino condiviso con quella realtà diocesana è motivo di gratitudine per l’accoglienza ricevuta e per i legami che sono nati con il desiderio di mantenerli vivi. La nostra riconoscenza va a tutti i missionari e le missionarie che si sono messi a servizio delle persone e delle comunità.

La loro esperienza in Amazzonia ha arricchito anche la Diocesi di Treviso con la storia viva e fedele delle parrocchie in cui essi hanno operato e che stanno riportando all’interno della nostra vita pastorale, riversando l’esperienza della loro fede e del loro amore per Cristo e per la Chiesa, pur in condizioni di vita spesso difficili e precarie.

La messa di saluto ai due sacerdoti, con l’arcivescovo di Manaus, dom Leonardo Steiner e mons. Mario Pasqualotto, vescovo ausiliare emerito di Manaus

Papa Francesco, in seguito al Sinodo sull’Amazzonia ci ha invitati «non solo a promuovere la preghiera per le vocazioni sacerdotali, ma anche a essere più generosi, orientando coloro che mostrano una vocazione missionaria affinché scelgano l’Amazzonia» (Querida Amazonia n. 90). Per continuare la nostra presenza missionaria è in cantiere una collaborazione di tre diocesi – Padova, Vicenza e Treviso – per inviare dei missionari più a nord di Manaus ai confini con il Venezuela, nella diocesi di Roraima. È un territorio segnato da una forte migrazione dal Venezuela, con i problemi sociali che l’accompagnano. Vi è il desiderio di continuare lo scambio tra Chiese in un contesto culturale e sociale caratterizzato da comunità cristiane piccole, sparse in grandi territori, talora vivaci ma carenti di mezzi.

Con la scelta di inviare ancora dei preti e dei laici alle popolazioni dell’Amazzonia confermiamo l’importanza dell’apertura missionaria della Chiesa di Treviso, della ricchezza e bellezza dello scambio tra Chiese. Potremo essere aiutati a realizzare quella “conversione pastorale e missionaria” necessaria al rinnovamento delle nostre parrocchie. Invito tutti a sostenere i prossimi passi di questo progetto con la preghiera e coltivando un autentico spirito missionario a partire dalla nostra vita quotidiana.

+ Michele, Vescovo