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“Continuiamo la missione nell’amata Amazzonia”: i nuovi progetti a Roraima dopo la conclusione dell’esperienza a Manaus

Con il saluto alla parrocchia S. Monica di don Claudio Trabacchin e don Roberto Bovolenta si è conclusa la presenza dei nostri missionari “fidei donum” nell’arcidiocesi di Manaus.

Don Roberto e don Claudio durante la mesa di saluto

La collaborazione con la chiesa di Manaus, diocesi inserita in una grande città con più di due milioni di abitanti, è iniziata nel 1996, accogliendo l’appello dei vescovi brasiliani che invitavano a “evangelizzare la città”. Destinati ad alcune aree missionarie della periferia cittadina ben presto la popolazione che lasciava la foresta si diffuse, si riversò quasi in intere zone costruendo piccoli ripari in cartone, sostituiti prima da pareti in legno e successivamente in vere e proprie abitazioni di mattoni. I nostri missionari – preti e laici – si dedicarono alla costituzione di piccole comunità, all’impegno sociale, alla formazione di catechisti e animatori di comunità. Hanno favorito la promozione umana con la difesa dei diritti umani attraverso il “Movimento comunitario Vida e Esperança” sostenuto dal “Gruppone missionario” presente nella nostra Diocesi. Nel tempo non sono mancati anche alcuni coinvolgimenti in servizi diocesani (Caritas, Seminario, Diaconato permanente…).

La Chiesa di Manaus in questi anni si è consolidata con 72 preti diocesani e 120 religiosi. Si tratta di un prete ogni ottomila abitanti (in diocesi di Treviso sono uno ogni 1.500) che a noi potrebbe sembrare molto poco, ma per la realtà dell’Amazzonia è una presenza significativa e preziosa.

Il lungo cammino condiviso con quella realtà diocesana è motivo di gratitudine per l’accoglienza ricevuta e per i legami che sono nati con il desiderio di mantenerli vivi. La nostra riconoscenza va a tutti i missionari e le missionarie che si sono messi a servizio delle persone e delle comunità.

La loro esperienza in Amazzonia ha arricchito anche la Diocesi di Treviso con la storia viva e fedele delle parrocchie in cui essi hanno operato e che stanno riportando all’interno della nostra vita pastorale, riversando l’esperienza della loro fede e del loro amore per Cristo e per la Chiesa, pur in condizioni di vita spesso difficili e precarie.

La messa di saluto ai due sacerdoti, con l’arcivescovo di Manaus, dom Leonardo Steiner e mons. Mario Pasqualotto, vescovo ausiliare emerito di Manaus

Papa Francesco, in seguito al Sinodo sull’Amazzonia ci ha invitati «non solo a promuovere la preghiera per le vocazioni sacerdotali, ma anche a essere più generosi, orientando coloro che mostrano una vocazione missionaria affinché scelgano l’Amazzonia» (Querida Amazonia n. 90). Per continuare la nostra presenza missionaria è in cantiere una collaborazione di tre diocesi – Padova, Vicenza e Treviso – per inviare dei missionari più a nord di Manaus ai confini con il Venezuela, nella diocesi di Roraima. È un territorio segnato da una forte migrazione dal Venezuela, con i problemi sociali che l’accompagnano. Vi è il desiderio di continuare lo scambio tra Chiese in un contesto culturale e sociale caratterizzato da comunità cristiane piccole, sparse in grandi territori, talora vivaci ma carenti di mezzi.

Con la scelta di inviare ancora dei preti e dei laici alle popolazioni dell’Amazzonia confermiamo l’importanza dell’apertura missionaria della Chiesa di Treviso, della ricchezza e bellezza dello scambio tra Chiese. Potremo essere aiutati a realizzare quella “conversione pastorale e missionaria” necessaria al rinnovamento delle nostre parrocchie. Invito tutti a sostenere i prossimi passi di questo progetto con la preghiera e coltivando un autentico spirito missionario a partire dalla nostra vita quotidiana.

+ Michele, Vescovo


Venerdì 25 marzo due nuovi lettori e un accolito: i ministeri conferiti dal Vescovo

Venerdì 25 marzo, alle 19, nella chiesa Immacolata del Seminario, il Vescovo presiederà la celebrazione eucaristica con il conferimento del ministero del lettorato e dell’accolitato ad alcuni seminaristi del Seminario diocesano. Si tratta di Luca Fecchio, originario della parrocchia di Santa Maria di Sala, e in servizio pastorale a Montebelluna, che riceverà il ministero di lettore; di Matteo Mason, della parrocchia di Loreggia, attualmente in servizio pastorale a Postioma e Porcellengo, che riceverà il ministero di lettore; e di Luca Volpato, originario di Ballò di Mirano, in servizio pastorale a Scorzè, che riceverà dal Vescovo il ministero dell’accolitato. Siamo chiamati ad accompagnare nella preghiera questi giovani e tutti i seminaristi.


La preghiera per la pace: “Si fermi la guerra, sia fatta giustizia, ma non lasciamoci sfigurare dall’odio, viviamo da operatori di pace”

Una celebrazione davvero intensa quella che si è tenuta nel tempio di San Nicolò domenica sera, 13 marzo, la messa, presieduta dal Vescovo, per chiedere il dono della pace insieme a tutte le comunità dei migranti cattolici presenti in diocesi. Una celebrazione proposta proprio dal Consiglio pastorale di queste comunità, che hanno voluto far sentire la loro particolare vicinanza alla comunità ucraina, presente insieme al suo parroco, padre Ivan Ivaniv. A concelebrare anche gli altri sacerdoti che accompagnano spiritualmente le diverse comunità.

Don Bruno Baratto, direttore dell’ufficio per la Pastorale delle migrazioni, ha letto all’inizio della celebrazione il messaggio di vicinanza che tutte le comunità nei giorni scorsi hanno rivolto alla comunità ucraina, così duramente provata.

Il Vescovo Michele, nell’omelia, ha messo in luce il segno di umanità rappresentato dalla presenza di tante persone, “perché in ogni situazione di vita, se fondiamo la vita su Cristo, troviamo la vera amicizia e la vera solidarietà. E in particolare i fratelli e le sorelle che vengono da lontano sanno quanto ci sia bisogno di una presenza, anche silenziosa, e di una preghiera”. Quella preghiera che a tanti potrebbe sembrare inutile, ma che proprio nel Vangelo di questa seconda domenica di Quaresima si dimostra come il luogo di incontro con il Padre: “Mentre Gesù è in preghiera sul monte, in silenzio, in dialogo con suo Padre – ha ricordato il Vescovo – manifesta la bellezza e la profondità della sua divinità attraverso la sua stupenda umanità. Mentre inizia il suo cammino verso il dono di sé sulla croce, lì manifesta la sua piena divinità, la bellezza della sua vita; è trasfigurato, solo perché sa accettare fino in fondo di essere anche il volto sfigurato, senza splendore né bellezza”. “Il volto dell’uomo è davvero sfigurato – ha aggiunto mons. Tomasi – è sfigurata la  giustizia, è sfigurato l’onore, quando per affrontare questioni politiche si usa la guerra, quando chi paga, per interessi più o meno nascosti o lontani, sono i bambini, gli anziani, i deboli, le famiglie separate, le prospettive di vita, davvero sfigurate”.

“Io non sono un politico – ha sottolineato il Vescovo -, ma so che c’è il peccato nel mondo, quel peccato che ha inchiodato il Signore sulla croce, quel peccato che martoria i popoli attaccati, i poveri dimenticati, i piccoli violati perché molti – san Paolo nella seconda lettura lo dice agli abitanti di Filippi con le lacrime agli occhi, e lo diciamo anche noi oggi – ‘si comportano da nemici della croce di Cristo. Ma la loro sorte finale sarà la perdizione’. Ma viene un giudizio – per me, per noi, per tutti -. E questo giudizio – ha ribadito con forza il Vescovo – è adesso. Lo reclamano l’onore, l’umanità, la giustizia. Io non posso far altro che ripetere il grido di papa Francesco: in nome di Dio, fermate la guerra, le guerre, fermate l’inutile sofferenza che non porta nulla se non altro odio e altra violenza”. Ma ecco il significato profondo della preghiera per la pace: “Adesso essere in preghiera per la pace significa credere che il Signore, il crocifisso, lo sfigurato, ha vinto la morte ed è risorto, e significa credere che la preghiera è potente, ci unisce al Cielo e tra di noi, dona frutti di conversione, può toccare il cuore dei peccatori, il cuore di chi ha in mano le sorti della guerra, e il cuore di tutti noi che abbiamo in mano le sorti della pace, perché siamo chiamati noi a essere operatori di pace, per essere eredi del Regno, perché siamo figli di Dio”. Ecco, allora, l’invito a pregare anche perché, nell’impegno e nella lotta per la giustizia non si lasci spazio all’odio. “Non permettiamo al maligno di sfigurare il nostro volto, la nostra anima, il nostro cuore, con la cicatrice dell’odio – l’appello del Vescovo Michele -. Indignati, certamente, impegnati a chiedere giustizia e ad aiutare chi è nel bisogno e nella prova, certo, ma mai preda dell’odio. Perché Dio è il Dio della pace perché è amore, amore crocifisso, ma amore risorto”. Infine, l’invito del Vescovo, rivolto a ciascuno: “Viviamo la nostra vita come un’offerta gradita al Signore per il dono della pace. Rimaniamo saldi nel Signore, roccia di salvezza, fondamento di vita, e rimaniamo uniti tra di noi, nella solidarietà, operatori e operatrici di pace, tutti, nelle mani di Dio giusto, e perché giusto, misericordioso”.

Insieme al coro ucraino hanno animato la celebrazione anche il coro della parrocchia di San Nicolò e quello della comunità africana francofona.

 


Gli organismi di partecipazione, luoghi di sinodalità: una pubblicazione per accompagnare il rinnovo dei Consigli

Quest’anno la nostra Chiesa diocesana è chiamata a vivere il rinnovo di alcuni organismi di partecipazione e corresponsabilità sia diocesani – il Consiglio pastorale diocesano e il Consiglio diocesano per gli affari economici – sia parrocchiali, e cioè i Consigli pastorali e i Consigli per gli affari economici.

Per favorire e accompagnare questo passaggio, in un momento speciale per la Chiesa, impegnata nel Sinodo, la nostra Diocesi pubblica per le edizioni San Liberale – collana “Strumenti pastorali” – un testo ricco di interventi e documenti sul tema. Si intitola “LUOGHI DI SINODALITÀ. Cammino sinodale e organismi di partecipazione nelle parrocchie e nelle collaborazioni pastorali” (che pubblichiamo in allegato).

“È un tempo non facile per tutti – spiega il Vicario generale, mons. Giuliano Brugnotto nel capitolo “Rinnovare i consigli – Innovare gli organismi” -. Da due anni stiamo vivendo l’esperienza della pandemia, che sta mettendo a dura prova le relazioni, le comunità cristiane, le strutture sanitarie e il mondo della scuola e del lavoro. Il Vescovo, nella sua lettera pastorale, ci ha rivolto un forte invito a riprendere il cammino non considerando la pandemia come un incidente di percorso, bensì reimparando, come fanno i bambini, a fare i primi passi incerti, ma in modo nuovo. La novità ci viene offerta da un’indicazione di papa Francesco. Vogliamo cogliere questa occasione nel tempo propizio del cammino sinodale voluto dal Papa per tutta la Chiesa. Sottolineando l’importanza degli organismi parrocchiali, il Vescovo ha invitato le comunità a non assolvere semplicemente un adempimento burocratico – sottolinea mons. Brugnotto -, piuttosto a concretizzare la «scelta chiave del Cammino sinodale diocesano che chiedeva di avviare “un rinnovamento dei vari Consigli (Consiglio Pastorale Diocesano, Consiglio della Collaborazione Pastorale, Consiglio Pastorale Parrocchiale, Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici), affinché diventassero sempre più luoghi di sinodalità e corresponsabilità, scuole di ascolto e di discernimento, promotori e animatori di comunità che sappiano passare dalla ‘autopreservazione’ all’‘uscita’ (EG 27)”. In una Diocesi grande e complessa come la nostra i rapporti e le relazioni dirette, personali e di vicinato, possono essere vissuti come partecipazione alla vita dell’unica Chiesa solamente se stabiliamo una fitta rete di relazioni fra di noi, una rete che sia anche strutturata in maniera da far arrivare a tutti le comunicazioni importanti, in tutte le direzioni: dal Vescovo ai sacerdoti e ai fedeli, da questi al Vescovo; sarà bene che si intensifichino anche le comunicazioni e gli scambi delle comunità e dei fedeli tra loro. Gli organismi di partecipazione a tutti i livelli sono i nodi di questa grande rete, che non dovrebbe escludere nessuno. Per viverli bene servono disponibilità, capacità di ascolto e dialogo, impegno, costanza, fantasia. Invito quanti più possibile di voi a lasciarsi coinvolgere e a prendervi parte con generosità» (M. Tomasi, … Subito cercammo di partire… (At 16,10), Trevi- so 2022, pp. 32-33)”.

Il Vescovo, nelle prime pagine suggerisce un’icona biblica per comprendere il valore e il senso del “consigliare nella Chiesa”. “Per riflettere sul significato della partecipazione ai Consigli nella Chiesa – scrive mons. Tomasi -, suggerisco la meditazione dell’episodio della chiamata a profeta rivolta a Samuele da parte del Signore. Mi riferisco a questo conosciutissimo brano del primo libro di Samuele, perché in esso possiamo scorgere alcuni tratti e modalità del consigliare, richiesti ai membri degli organismi di partecipazione della Chiesa cattolica e della nostra Diocesi, coinvolti in un più ampio processo di discernimento ecclesiale”.

Un brano esemplare, dal quale “possiamo cogliere quali siano il significato profondo, l’importanza e la grazia associati al ministero del consigliare, e comprendere anche come e perché questo venga considerato un dono dello Spirito Santo – sottolinea il Vescovo -. Lo Spirito di Dio aiuta infatti i fedeli ad orientarsi all’agire, nella comune ricerca delle ragioni a riguardo delle decisioni e degli orientamenti da assumere. La ricerca dei dati relativi alle questioni da affrontare, la loro comprensione ampia quanto possibile, l’identificazione dei valori che nelle situazioni è possibile e desiderabile realizzare, tutto questo si svolge attraverso l’ascolto reciproco, a tutti i livelli, nelle attività dei consigli, da parte di persone disposte a prendersi cura delle situazioni, accogliendole alla luce della Parola di Dio come occasioni di bene possibile, di solidarietà, di fraternità”. Il frutto dell’opera di un consiglio – aggiunge – può essere l’indicazione di un orientamento da seguire per essere fedeli alla missione evangelizzatrice della Chiesa nelle concrete situazioni date di volta in volta”. Cogliamo, allora, quanto sia “preziosa la ricerca comunitaria del consiglio opportuno da dare: difficilmente una persona da sola può assommare in sé tutte queste caratteristiche, che invece possiamo sperare di ritrovare in un gruppo coeso e solidale di persone che dialoghino tra loro”.

Tra i contributi di riflessione sono riportati l’intervista a Paola Bignardi, a cura di Bruno Desidera (“La Chiesa ha bisogno di laici “laici”, sostantivo e aggettivo”) e l’intervento di don Stefano Didonè (“Tempo di reale corresponsabilità – Il lievito dei laici nella Chiesa sinodale”), entrambi apparsi nella “Vita del popolo” lo scorso dicembre. Seguono alcuni capitoli dedicati al significato e al ruolo dei Consigli e alle indicazioni per il loro rinnovo, a cura del Vescovo, del Vicario generale e del Cancelliere vescovile, mons. Fabio Franchetto.

Un capitolo importante è anche quello dedicato al “Tempo di ascolto sinodale dei Consigli parrocchiali”, che inquadra quanto i nostri Consigli, a tutti i livelli, stanno vivendo proprio in questo periodo. Infine, un approfondimento teologico – pastorale, affidato a don Giovanni Giuffrida: “Respirare insieme” – La corresponsabilità ecclesiale nella diversità dei ministeri e dei carismi.

 

 


Messa per la pace delle comunità cattoliche di migranti insieme con il vescovo Michele

Il Consiglio Pastorale diocesano delle Comunità cattoliche di migranti propone, domenica 13 marzo alle 18.30 nel tempio di San Nicolò, una celebrazione eucaristica con il vescovo Michele per continuare a pregare per la pace. E’ un modo per rimanere vicini prima di tutto alla comunità ucraina greco-cattolica di rito bizantino presente da molti anni a Treviso, e per rinnovare la solidarietà anche con tante altre popolazioni coinvolte in conflitti rapidamente “dimenticati” dai media e dalla nostra attenzione. Si è scelto di chiedere ospitalità alla messa domenicale serale della parrocchia di S. Nicolò, luogo di riferimento per la comunità ucraina greco-cattolica, come occasione di coinvolgimento ideale anche di tutte le comunità parrocchiali della Diocesi, molte delle quali si stanno impegnando sia nella preghiera sia nell’accoglienza di profughi ucraini sia di iniziative di solidarietà.

Il Consiglio Pastorale diocesano delle Comunità cattoliche di migranti


Russia – Ucraina, la guerra in Europa. Incontro promosso dal GiaveraFestival

Il GiaveraFestival organizza per sabato 12 marzo alle ore 18 presso villa Wassermann – via della Vittoria 180 a Giavera del Montello (TV) un incontro di informazione e approfondimento dal titolo: Russia – Ucraina, la Guerra in Europa. L’intento è comprendere meglio i motivi del conflitto, le partite geopolitiche, i possibili scenari futuri. Interverrà il giornalista Matteo Zola, direttore del quotidiano online East Journal, collaboratore dell’Osservatorio Balcani Caucaso e di Ispi. Ha curato il volume Revolyutsiya – la crisi ucraina da Maidan alla guerra civile (2015) ed è autore di Interno Pankisi – nel Caucaso dietro la trincea del fondamentalismo islamico (2022). “Rientra nelle finalità del Festival” dichiarano gli organizzatori “l’attenzione a quanto accade nel mondo a livello geopolitico, in quanto ha forti e spesso improvvise conseguenze su persone e popoli e sul nostro quotidiano stile di vita. Abbiamo quindi scelto di impegnarci fin da subito nel favorire una migliore informazione e comprensione della situazione, oltre che attivarci con i contatti che da tempo abbiamo con alcune associazioni ucraine presenti sul territorio, in vista di interventi futuri di sostegno alla popolazione in Ucraina e a coloro che già stanno arrivando da noi”.

L’incontro si terrà in presenza, nel rispetto delle attuali normative sanitarie. Necessaria la prenotazione ai numeri: 340 9296048 / 349 3000242.


Ascolto sinodale per il Consiglio pastorale diocesano

Il cammino sinodale, con un intenso momento di ascolto e condivisione, è arrivato anche nel Consiglio pastorale diocesano. L’incontro si è svolto lunedì scorso, 21 febbraio, in casa Toniolo, e per buona parte della serata si è svolto in piccoli gruppi. “In quali occasioni ho vissuto la partecipazione al Cpd come esperienza di Chiesa che cammina insieme? Quali gioie e quali difficoltà ho sperimentato?”. Queste le domande a cui è stato chiesto di rispondere. Interrogativi che hanno fatto camminare il Consiglio allo “stesso passo” degli altri gruppi, organismi, associazioni, realtà parrocchiali che proprio sul “vissuto di Chiesa” si stanno reciprocamente ascoltando in queste settimane. Anche se si trattava di un organismo diocesano particolarmente significativo e per certi aspetti “allenato” al discernimento comunitario, la domanda non era comunque scontata, come è emerso dal confronto nei gruppi.

La sintesi, riportata in assemblea a conclusione della serata, ha messo in evidenza la ricchezza ecclesiale e umana dell’esperienza, senza tacere, però, la domanda di una maggiore incisività dell’organismo, che a volte, secondo quanto emerso, ha sperimento anche fasi di inconcludenza o di discussioni per “addetti ai lavori”, nelle quali a fatica sono entrate la vita dei laici, una lettura su ciò che ci dice la storia, tematiche anche più concrete. Anche a livello metodologico, è stato chiesto che i momenti di incontro in gruppi ristretti abbiano poi un “ritorno” più evidente.

Prima della presentazione della sintesi, il vescovo Michele ha consegnato ai presenti il nuovo statuto del Consiglio pastorale diocesano. Un testo, discusso nei mesi scorsi in modo approfondito, che risente positivamente del “principio sinodale”, di cui si parla nel decreto d’istituzione scritto dal Vescovo.
Mons. Tomasi ha sottolineato, in particolare, l’articolo 2 del nuovo statuto: “Il Cpd, sotto l’autorità del Vescovo, alla luce della Parola di Dio, attento ai segni dei tempi e in ascolto delle varie comunità e realtà diocesane, ha il compito di studiare, valutare e proporre orientamenti e conclusioni operative in relazione al cammino pastorale della Diocesi”. Significativo anche il fatto che i due laici indicati da ciascun vicariato siano eletti dai laici dei Consigli di Collaborazione pastorale. Prevista anche la costituzione di commissioni di approfondimento tematico.

Il Vescovo, durante l’incontro, ha anche introdotto un breve dibattito sulle celebrazioni che nel 2023 saranno dedicate a san Pio X, nel 120° anniversario della sua elezione a papa. Un’occasione, ha sottolineato mons. Tomasi, per approfondire alcune caratteristiche di papa Sarto “pastore”, ma anche per continuare a valorizzare le molte figure di santi e testimoni esemplari di cui la nostra Chiesa è ricca. (Bruno Desidera – La Vita del popolo)

 


Dai Vescovi italiani

“Quando venne la pienezza del tempo (Gal 4,4)” – Messaggio per la Quaresima

“Un invito a una triplice conversione, urgente e importante in questa fase della storia, in particolare per le Chiese che si trovano in Italia: conversione all’ascolto, alla realtà e alla spiritualità”. È il Messaggio dei Vescovi italiani per la Quaresima, che comincia riferendosi alla prima fase del Cammino sinodale, dedicata all’ascolto. Ascolto, innanzitutto, della voce dei bambini, che in questo tempo di pandemia “colpiscono con la loro efficace spontaneità: ‘Non mi ricordo cosa c’era prima del Covid’;  “Arrivano al cuore anche le parole degli adolescenti”, si legge nel messaggio: ‘Sto perdendo gli anni più belli della mia vita’. Le voci degli esperti, poi, “sollecitano alla fiducia nei confronti della scienza, pur rilevando quanto sia fallibile e perfettibile”: “Siamo raggiunti ancora dal grido dei sanitari, che chiedono di essere aiutati con comportamenti responsabili”. Infine – si legge nel messaggio – “risuonano le parole di alcuni parroci, insieme con i loro catechisti e collaboratori pastorali, che vedono diminuite il numero delle attività e la partecipazione del popolo, preoccupati di non riuscire a tornare ai livelli di prima, ma nello stesso tempo consapevoli che non si deve semplicemente sognare un ritorno alla cosiddetta normalità”. “Ascoltare in profondità tutte queste voci anzitutto fa bene alla Chiesa stessa”, la sottolineatura della Cei: “Sentiamo il bisogno di imparare ad ascoltare in modo empatico, interpellati in prima persona ogni volta che un fratello si apre con noi”. L’ascolto, infatti, “trasforma dunque anzitutto chi ascolta, scongiurando il rischio della supponenza e dell’autoreferenzialità”: “Una Chiesa che ascolta è una Chiesa sensibile anche al soffio dello Spirito. Ascolto della Parola di Dio e ascolto dei fratelli e delle sorelle vanno di pari passo. L’ascolto degli ultimi, poi, è nella Chiesa particolarmente prezioso, poiché ripropone lo stile di Gesù, che prestava ascolto ai piccoli, agli ammalati, alle donne, ai peccatori, ai poveri, agli esclusi”.

“L’ancoraggio alla realtà storica caratterizza dunque la fede cristiana”. “Non cediamo alla tentazione di un passato idealizzato o di un’attesa del futuro dal davanzale della finestra”, l’invito: “È invece urgente l’obbedienza al presente, senza lasciarsi vincere dalla paura che paralizza, dai rimpianti o dalle illusioni. L’atteggiamento del cristiano è quello della perseveranza: Questa perseveranza è il comportamento quotidiano del cristiano che sostiene il peso della storia, personale e comunitaria”. “Nei primi mesi della pandemia abbiamo assistito a un sussulto di umanità, che ha favorito la carità e la fraternità”, si ricorda nel messaggio: “Poi questo slancio iniziale è andato via via scemando, cedendo il passo alla stanchezza, alla sfiducia, al fatalismo, alla chiusura in sé stessi, alla colpevolizzazione dell’altro e al disimpegno”. “Ma la fede non è una bacchetta magica”, avvertono i vescovi: “Quando le soluzioni ai problemi richiedono percorsi lunghi, serve pazienza, la pazienza cristiana, che rifugge da scorciatoie semplicistiche e consente di restare saldi nell’impegno per il bene di tutti e non per un vantaggio egoistico o di parte”. “Come comunità cristiana, oltre che come singoli credenti, dobbiamo riappropriarci del tempo presente con pazienza e restando aderenti alla realtà”, la proposta: “Sentiamo quindi urgente il compito ecclesiale di educare alla verità, contribuendo a colmare il divario tra realtà e falsa percezione della realtà. In questo ‘scarto’ tra la realtà e la sua percezione si annida il germe dell’ignoranza, della paura e dell’intolleranza. Ma è questa la realtà che ci è data e che siamo chiamati ad amare con perseveranza”. Di qui l’impegno “a documentarsi con serietà e libertà di mente e a sopportare che ci siano problemi che non possono essere risolti in breve tempo e con poco sforzo”.

“Il Cammino sinodale sta facendo maturare nelle Chiese in Italia un modo nuovo di ascoltare la realtà per giudicarla in modo spirituale e produrre scelte più evangeliche”. È quanto si legge nel Messaggio della Cei per la Quaresima, in cui si fa notare che “lo Spirito non aliena dalla storia: mentre radica nel presente, spinge a cambiarlo in meglio”. “Per il cristiano questo non è semplicemente il tempo segnato dalle restrizioni dovute alla pandemia”, scrivono i vescovi: “È invece un tempo dello Spirito, un tempo di pienezza, perché contiene opportunità di amore creativo che in nessun’altra epoca storica si erano ancora presentate”. “Forse non siamo abbastanza liberi di cuore da riconoscere queste opportunità di amore, perché frenati dalla paura o condizionati da aspettative irrealistiche”, l’esame di coscienza: “Mentre lo Spirito, invece, continua a lavorare come sempre”. ”Lo Spirito domanda al credente di considerare ancora oggi la realtà in chiave pasquale, come ha testimoniato Gesù, e non come la vede il mondo”, si ricorda nel messaggio: “Per il discepolo una sconfitta può essere una vittoria, una perdita una conquista. Cominciare a vivere la Pasqua, che ci attende al termine del tempo di Quaresima, significa considerare la storia nell’ottica dell’amore, anche se questo comporta di portare la croce propria e altrui”.

 

Leggi il Messaggio integrale


“Subito cercammo di partire”: la nuova Lettera pastorale del Vescovo

La nuova Lettera pastorale del nostro Vescovo dal titolo “Subito cercammo di partire…” (At 16,10) è arrivata in questi giorni nelle parrocchie con alcune copie, a disposizione, in particolare, dei membri dei Consigli e degli operatori pastorali. Per raggiungere più persone possibili, comunque, la lettera è già scaricabile da questo sito. La lettera è stata consegnata da mons. Tomasi in anteprima giovedì 6 gennaio, al termine della messa dell’Epifania, ai membri dell’équipe sinodale e ad alcuni rappresentanti delle comunità cattoliche di migranti che animavano la celebrazione.

Un testo che il Vescovo ha scritto in continuità con la lettera dello scorso anno, “Saldi nella speranza”, anche grazie al “filo rosso” del viaggio dell’Apostolo Paolo e dei suoi compagni che avevamo lasciato mentre cercavano di partire per la Macedonia: alle soglie, dunque, della loro ripartenza. Un ripartire che in quest’ultimo anno anche noi abbiamo sentito di poter e dover fare. “Come lui abbiamo iniziato una traversata in tempi difficili, fiduciosi che la via si sarebbe riaperta” scrive il Vescovo. E siamo in ascolto “di parole buone che ci diano orientamento e che ci indichino la strada”. Ma per ascoltare c’è bisogno di silenzio, di tempo, di calma. Un silenzio al quale il Vescovo racconta di essere stato personalmente costretto, quest’estate, a causa del suo infortunio in montagna. Ecco che le “Riflessioni sulle difficoltà e sulla gioia del camminare insieme e sui passi da condividere” – espressione che fa da sottotitolo alla Lettera – sono frutto anche di una “piccola vicenda personale”, con i suoi diversi passaggi: essere bloccati, dipendere dagli altri, accettare l’aiuto, scoprire che si soffre “tutti interi”, corpo e spirito, affidarsi a qualcuno che ti insegna a camminare di nuovo, superare difficoltà e sconforto, godere dei piccoli successi…

“Quella del cammino è una metafora potente per la vita degli uomini e delle donne, di tutti i tempi – scrive il Vescovo -. Gesù è stato nei suoi giorni terreni un grande camminatore, e così tutti i grandi punti di riferimento nella storia della salvezza (Abramo, Mosè, Paolo…). Credo che alcune riflessioni a partire da una mia personalissima «difficoltà di cammino» possano essere di qualche utilità” scrive il Vescovo, che invita a camminare insieme in questo tempo che si apre con il Sinodo dei Vescovi e con il Cammino sinodale delle Chiese in Italia, lasciandoci tutti coinvolgere, perché la Chiesa è un organismo vivente e complesso, che ha bisogno del contributo di tutte le sue componenti per vivere e per funzionare”.


“Nel Natale di Gesù la radice di ogni nostro rinascere”

Per il Natale 2021, vi auguro di diventare voi stessi un augurio di Natale. Un augurio è l’espressione del desiderio che alla persona a cui viene rivolto accada qualcosa di bello (non voglio nemmeno prendere in considerazione auguri di male…). Ci auguriamo, quindi, semplicemente di passare bene la festa del Natale. È già molto, ci sembra quasi difficile da esprimere in tempi così complicati come i nostri, soprattutto se incontriamo persone che in vario modo vivono la precarietà dell’esistenza a causa della malattia, della solitudine, di qualche difficoltà o crisi familiare, sociale, economica. Sentiamo, a partire dalla nostra fede, che quello che si festeggia è veramente importante, e quindi desideriamo che il contenuto celebrato possa riverberarsi sull’esistenza di chi lo festeggia. A volte ci basterebbe un po’ di serenità e di quiete. Ma no, non basta ancora. Allora desideriamo per gli altri che i loro desideri più cari possano realizzarsi in quel giorno. Auguriamo in fondo che accada qualcosa che scaldi il cuore, che dia luce e calore, che regali alla vita un colore e una musica carichi di affetti, di pace, che aprano al sorriso le persone care, soprattutto quelle più provate dalla vita. Poi ci diciamo subito che la pace e la gioia non possono limitarsi ad un giorno solo.

Qualcuno ne trae la conseguenza di rinunciare del tutto agli auguri.

Andiamo invece avanti. Andiamo in profondità del nostro desiderio di bene, per noi e per gli altri. Andiamo alle radici della possibilità di questo bene: il Signore Dio prende parte alla nostra vita, diventa uno di noi, il bambino Gesù, l’uomo vero. Lui prende le nostre parti. Quelle dello scartato, del debole, del piccolo. Quelle di ciascuno di noi, di tutti. Non ci lascia più da soli, ci sostiene, ci accompagna, ci guida. Si dona. Diventa dono. Abbandonato in croce, abbraccia tutti. Risorto è veramente presente, per sempre, e apre la vita all’eternità. Lui si fa Natale, Lui si fa dono, Lui assume e realizza ogni desiderio. Lui è garanzia, fonte e meta di ogni augurio. Se metto il mio desidero di bene per chi riceve i miei auguri nel cuore del Signore Gesù, Lui è caparra di ogni mio augurio. Ed è Lui che raggiunge l’altro nel mio augurio, che non è più soltanto una formula consueta, ma diventa parola vera, che sgorga dal cuore.

E l’augurio non è più nemmeno soltanto parola, ma respiro dell’anima che mette in moto la mia disponibilità, il mio cuore e le mie mani, la mia fantasia e tutto il mio desiderio per vedere realizzato il tuo desiderio di bene.

E troverò il modo, magari semplice e discreto per farmi presente, veramente persona con te, con tutti, affinché ti possa accadere davvero qualcosa di bello, un’emozione, una luce calda, un sorriso nuovo ed insperato.

 

Nel Natale di Gesù di Nazareth, il Cristo, vero Dio e vero uomo, ci sia la radice di ogni nostro rinascere, ci sia il motivo di ogni sorriso, di ogni aiuto, di ogni gesto piccolo o grande di fraternità, ci sia il desiderio che si realizzi ogni desiderio di bene.

Auguro a noi tutti che possiamo diventare un augurio vero, incarnato.

Buon Natale!