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Russia – Ucraina, la guerra in Europa. Incontro promosso dal GiaveraFestival

Il GiaveraFestival organizza per sabato 12 marzo alle ore 18 presso villa Wassermann – via della Vittoria 180 a Giavera del Montello (TV) un incontro di informazione e approfondimento dal titolo: Russia – Ucraina, la Guerra in Europa. L’intento è comprendere meglio i motivi del conflitto, le partite geopolitiche, i possibili scenari futuri. Interverrà il giornalista Matteo Zola, direttore del quotidiano online East Journal, collaboratore dell’Osservatorio Balcani Caucaso e di Ispi. Ha curato il volume Revolyutsiya – la crisi ucraina da Maidan alla guerra civile (2015) ed è autore di Interno Pankisi – nel Caucaso dietro la trincea del fondamentalismo islamico (2022). “Rientra nelle finalità del Festival” dichiarano gli organizzatori “l’attenzione a quanto accade nel mondo a livello geopolitico, in quanto ha forti e spesso improvvise conseguenze su persone e popoli e sul nostro quotidiano stile di vita. Abbiamo quindi scelto di impegnarci fin da subito nel favorire una migliore informazione e comprensione della situazione, oltre che attivarci con i contatti che da tempo abbiamo con alcune associazioni ucraine presenti sul territorio, in vista di interventi futuri di sostegno alla popolazione in Ucraina e a coloro che già stanno arrivando da noi”.

L’incontro si terrà in presenza, nel rispetto delle attuali normative sanitarie. Necessaria la prenotazione ai numeri: 340 9296048 / 349 3000242.


Ascolto sinodale per il Consiglio pastorale diocesano

Il cammino sinodale, con un intenso momento di ascolto e condivisione, è arrivato anche nel Consiglio pastorale diocesano. L’incontro si è svolto lunedì scorso, 21 febbraio, in casa Toniolo, e per buona parte della serata si è svolto in piccoli gruppi. “In quali occasioni ho vissuto la partecipazione al Cpd come esperienza di Chiesa che cammina insieme? Quali gioie e quali difficoltà ho sperimentato?”. Queste le domande a cui è stato chiesto di rispondere. Interrogativi che hanno fatto camminare il Consiglio allo “stesso passo” degli altri gruppi, organismi, associazioni, realtà parrocchiali che proprio sul “vissuto di Chiesa” si stanno reciprocamente ascoltando in queste settimane. Anche se si trattava di un organismo diocesano particolarmente significativo e per certi aspetti “allenato” al discernimento comunitario, la domanda non era comunque scontata, come è emerso dal confronto nei gruppi.

La sintesi, riportata in assemblea a conclusione della serata, ha messo in evidenza la ricchezza ecclesiale e umana dell’esperienza, senza tacere, però, la domanda di una maggiore incisività dell’organismo, che a volte, secondo quanto emerso, ha sperimento anche fasi di inconcludenza o di discussioni per “addetti ai lavori”, nelle quali a fatica sono entrate la vita dei laici, una lettura su ciò che ci dice la storia, tematiche anche più concrete. Anche a livello metodologico, è stato chiesto che i momenti di incontro in gruppi ristretti abbiano poi un “ritorno” più evidente.

Prima della presentazione della sintesi, il vescovo Michele ha consegnato ai presenti il nuovo statuto del Consiglio pastorale diocesano. Un testo, discusso nei mesi scorsi in modo approfondito, che risente positivamente del “principio sinodale”, di cui si parla nel decreto d’istituzione scritto dal Vescovo.
Mons. Tomasi ha sottolineato, in particolare, l’articolo 2 del nuovo statuto: “Il Cpd, sotto l’autorità del Vescovo, alla luce della Parola di Dio, attento ai segni dei tempi e in ascolto delle varie comunità e realtà diocesane, ha il compito di studiare, valutare e proporre orientamenti e conclusioni operative in relazione al cammino pastorale della Diocesi”. Significativo anche il fatto che i due laici indicati da ciascun vicariato siano eletti dai laici dei Consigli di Collaborazione pastorale. Prevista anche la costituzione di commissioni di approfondimento tematico.

Il Vescovo, durante l’incontro, ha anche introdotto un breve dibattito sulle celebrazioni che nel 2023 saranno dedicate a san Pio X, nel 120° anniversario della sua elezione a papa. Un’occasione, ha sottolineato mons. Tomasi, per approfondire alcune caratteristiche di papa Sarto “pastore”, ma anche per continuare a valorizzare le molte figure di santi e testimoni esemplari di cui la nostra Chiesa è ricca. (Bruno Desidera – La Vita del popolo)

 


Dai Vescovi italiani

“Quando venne la pienezza del tempo (Gal 4,4)” – Messaggio per la Quaresima

“Un invito a una triplice conversione, urgente e importante in questa fase della storia, in particolare per le Chiese che si trovano in Italia: conversione all’ascolto, alla realtà e alla spiritualità”. È il Messaggio dei Vescovi italiani per la Quaresima, che comincia riferendosi alla prima fase del Cammino sinodale, dedicata all’ascolto. Ascolto, innanzitutto, della voce dei bambini, che in questo tempo di pandemia “colpiscono con la loro efficace spontaneità: ‘Non mi ricordo cosa c’era prima del Covid’;  “Arrivano al cuore anche le parole degli adolescenti”, si legge nel messaggio: ‘Sto perdendo gli anni più belli della mia vita’. Le voci degli esperti, poi, “sollecitano alla fiducia nei confronti della scienza, pur rilevando quanto sia fallibile e perfettibile”: “Siamo raggiunti ancora dal grido dei sanitari, che chiedono di essere aiutati con comportamenti responsabili”. Infine – si legge nel messaggio – “risuonano le parole di alcuni parroci, insieme con i loro catechisti e collaboratori pastorali, che vedono diminuite il numero delle attività e la partecipazione del popolo, preoccupati di non riuscire a tornare ai livelli di prima, ma nello stesso tempo consapevoli che non si deve semplicemente sognare un ritorno alla cosiddetta normalità”. “Ascoltare in profondità tutte queste voci anzitutto fa bene alla Chiesa stessa”, la sottolineatura della Cei: “Sentiamo il bisogno di imparare ad ascoltare in modo empatico, interpellati in prima persona ogni volta che un fratello si apre con noi”. L’ascolto, infatti, “trasforma dunque anzitutto chi ascolta, scongiurando il rischio della supponenza e dell’autoreferenzialità”: “Una Chiesa che ascolta è una Chiesa sensibile anche al soffio dello Spirito. Ascolto della Parola di Dio e ascolto dei fratelli e delle sorelle vanno di pari passo. L’ascolto degli ultimi, poi, è nella Chiesa particolarmente prezioso, poiché ripropone lo stile di Gesù, che prestava ascolto ai piccoli, agli ammalati, alle donne, ai peccatori, ai poveri, agli esclusi”.

“L’ancoraggio alla realtà storica caratterizza dunque la fede cristiana”. “Non cediamo alla tentazione di un passato idealizzato o di un’attesa del futuro dal davanzale della finestra”, l’invito: “È invece urgente l’obbedienza al presente, senza lasciarsi vincere dalla paura che paralizza, dai rimpianti o dalle illusioni. L’atteggiamento del cristiano è quello della perseveranza: Questa perseveranza è il comportamento quotidiano del cristiano che sostiene il peso della storia, personale e comunitaria”. “Nei primi mesi della pandemia abbiamo assistito a un sussulto di umanità, che ha favorito la carità e la fraternità”, si ricorda nel messaggio: “Poi questo slancio iniziale è andato via via scemando, cedendo il passo alla stanchezza, alla sfiducia, al fatalismo, alla chiusura in sé stessi, alla colpevolizzazione dell’altro e al disimpegno”. “Ma la fede non è una bacchetta magica”, avvertono i vescovi: “Quando le soluzioni ai problemi richiedono percorsi lunghi, serve pazienza, la pazienza cristiana, che rifugge da scorciatoie semplicistiche e consente di restare saldi nell’impegno per il bene di tutti e non per un vantaggio egoistico o di parte”. “Come comunità cristiana, oltre che come singoli credenti, dobbiamo riappropriarci del tempo presente con pazienza e restando aderenti alla realtà”, la proposta: “Sentiamo quindi urgente il compito ecclesiale di educare alla verità, contribuendo a colmare il divario tra realtà e falsa percezione della realtà. In questo ‘scarto’ tra la realtà e la sua percezione si annida il germe dell’ignoranza, della paura e dell’intolleranza. Ma è questa la realtà che ci è data e che siamo chiamati ad amare con perseveranza”. Di qui l’impegno “a documentarsi con serietà e libertà di mente e a sopportare che ci siano problemi che non possono essere risolti in breve tempo e con poco sforzo”.

“Il Cammino sinodale sta facendo maturare nelle Chiese in Italia un modo nuovo di ascoltare la realtà per giudicarla in modo spirituale e produrre scelte più evangeliche”. È quanto si legge nel Messaggio della Cei per la Quaresima, in cui si fa notare che “lo Spirito non aliena dalla storia: mentre radica nel presente, spinge a cambiarlo in meglio”. “Per il cristiano questo non è semplicemente il tempo segnato dalle restrizioni dovute alla pandemia”, scrivono i vescovi: “È invece un tempo dello Spirito, un tempo di pienezza, perché contiene opportunità di amore creativo che in nessun’altra epoca storica si erano ancora presentate”. “Forse non siamo abbastanza liberi di cuore da riconoscere queste opportunità di amore, perché frenati dalla paura o condizionati da aspettative irrealistiche”, l’esame di coscienza: “Mentre lo Spirito, invece, continua a lavorare come sempre”. ”Lo Spirito domanda al credente di considerare ancora oggi la realtà in chiave pasquale, come ha testimoniato Gesù, e non come la vede il mondo”, si ricorda nel messaggio: “Per il discepolo una sconfitta può essere una vittoria, una perdita una conquista. Cominciare a vivere la Pasqua, che ci attende al termine del tempo di Quaresima, significa considerare la storia nell’ottica dell’amore, anche se questo comporta di portare la croce propria e altrui”.

 

Leggi il Messaggio integrale


“Subito cercammo di partire”: la nuova Lettera pastorale del Vescovo

La nuova Lettera pastorale del nostro Vescovo dal titolo “Subito cercammo di partire…” (At 16,10) è arrivata in questi giorni nelle parrocchie con alcune copie, a disposizione, in particolare, dei membri dei Consigli e degli operatori pastorali. Per raggiungere più persone possibili, comunque, la lettera è già scaricabile da questo sito. La lettera è stata consegnata da mons. Tomasi in anteprima giovedì 6 gennaio, al termine della messa dell’Epifania, ai membri dell’équipe sinodale e ad alcuni rappresentanti delle comunità cattoliche di migranti che animavano la celebrazione.

Un testo che il Vescovo ha scritto in continuità con la lettera dello scorso anno, “Saldi nella speranza”, anche grazie al “filo rosso” del viaggio dell’Apostolo Paolo e dei suoi compagni che avevamo lasciato mentre cercavano di partire per la Macedonia: alle soglie, dunque, della loro ripartenza. Un ripartire che in quest’ultimo anno anche noi abbiamo sentito di poter e dover fare. “Come lui abbiamo iniziato una traversata in tempi difficili, fiduciosi che la via si sarebbe riaperta” scrive il Vescovo. E siamo in ascolto “di parole buone che ci diano orientamento e che ci indichino la strada”. Ma per ascoltare c’è bisogno di silenzio, di tempo, di calma. Un silenzio al quale il Vescovo racconta di essere stato personalmente costretto, quest’estate, a causa del suo infortunio in montagna. Ecco che le “Riflessioni sulle difficoltà e sulla gioia del camminare insieme e sui passi da condividere” – espressione che fa da sottotitolo alla Lettera – sono frutto anche di una “piccola vicenda personale”, con i suoi diversi passaggi: essere bloccati, dipendere dagli altri, accettare l’aiuto, scoprire che si soffre “tutti interi”, corpo e spirito, affidarsi a qualcuno che ti insegna a camminare di nuovo, superare difficoltà e sconforto, godere dei piccoli successi…

“Quella del cammino è una metafora potente per la vita degli uomini e delle donne, di tutti i tempi – scrive il Vescovo -. Gesù è stato nei suoi giorni terreni un grande camminatore, e così tutti i grandi punti di riferimento nella storia della salvezza (Abramo, Mosè, Paolo…). Credo che alcune riflessioni a partire da una mia personalissima «difficoltà di cammino» possano essere di qualche utilità” scrive il Vescovo, che invita a camminare insieme in questo tempo che si apre con il Sinodo dei Vescovi e con il Cammino sinodale delle Chiese in Italia, lasciandoci tutti coinvolgere, perché la Chiesa è un organismo vivente e complesso, che ha bisogno del contributo di tutte le sue componenti per vivere e per funzionare”.


“Nel Natale di Gesù la radice di ogni nostro rinascere”

Per il Natale 2021, vi auguro di diventare voi stessi un augurio di Natale. Un augurio è l’espressione del desiderio che alla persona a cui viene rivolto accada qualcosa di bello (non voglio nemmeno prendere in considerazione auguri di male…). Ci auguriamo, quindi, semplicemente di passare bene la festa del Natale. È già molto, ci sembra quasi difficile da esprimere in tempi così complicati come i nostri, soprattutto se incontriamo persone che in vario modo vivono la precarietà dell’esistenza a causa della malattia, della solitudine, di qualche difficoltà o crisi familiare, sociale, economica. Sentiamo, a partire dalla nostra fede, che quello che si festeggia è veramente importante, e quindi desideriamo che il contenuto celebrato possa riverberarsi sull’esistenza di chi lo festeggia. A volte ci basterebbe un po’ di serenità e di quiete. Ma no, non basta ancora. Allora desideriamo per gli altri che i loro desideri più cari possano realizzarsi in quel giorno. Auguriamo in fondo che accada qualcosa che scaldi il cuore, che dia luce e calore, che regali alla vita un colore e una musica carichi di affetti, di pace, che aprano al sorriso le persone care, soprattutto quelle più provate dalla vita. Poi ci diciamo subito che la pace e la gioia non possono limitarsi ad un giorno solo.

Qualcuno ne trae la conseguenza di rinunciare del tutto agli auguri.

Andiamo invece avanti. Andiamo in profondità del nostro desiderio di bene, per noi e per gli altri. Andiamo alle radici della possibilità di questo bene: il Signore Dio prende parte alla nostra vita, diventa uno di noi, il bambino Gesù, l’uomo vero. Lui prende le nostre parti. Quelle dello scartato, del debole, del piccolo. Quelle di ciascuno di noi, di tutti. Non ci lascia più da soli, ci sostiene, ci accompagna, ci guida. Si dona. Diventa dono. Abbandonato in croce, abbraccia tutti. Risorto è veramente presente, per sempre, e apre la vita all’eternità. Lui si fa Natale, Lui si fa dono, Lui assume e realizza ogni desiderio. Lui è garanzia, fonte e meta di ogni augurio. Se metto il mio desidero di bene per chi riceve i miei auguri nel cuore del Signore Gesù, Lui è caparra di ogni mio augurio. Ed è Lui che raggiunge l’altro nel mio augurio, che non è più soltanto una formula consueta, ma diventa parola vera, che sgorga dal cuore.

E l’augurio non è più nemmeno soltanto parola, ma respiro dell’anima che mette in moto la mia disponibilità, il mio cuore e le mie mani, la mia fantasia e tutto il mio desiderio per vedere realizzato il tuo desiderio di bene.

E troverò il modo, magari semplice e discreto per farmi presente, veramente persona con te, con tutti, affinché ti possa accadere davvero qualcosa di bello, un’emozione, una luce calda, un sorriso nuovo ed insperato.

 

Nel Natale di Gesù di Nazareth, il Cristo, vero Dio e vero uomo, ci sia la radice di ogni nostro rinascere, ci sia il motivo di ogni sorriso, di ogni aiuto, di ogni gesto piccolo o grande di fraternità, ci sia il desiderio che si realizzi ogni desiderio di bene.

Auguro a noi tutti che possiamo diventare un augurio vero, incarnato.

Buon Natale!


Messaggio: gli auguri del Vescovo

“Nel Natale di Gesù la radice di ogni nostro rinascere”

Per il Natale 2021, vi auguro di diventare voi stessi un augurio di Natale. Un augurio è l’espressione del desiderio che alla persona a cui viene rivolto accada qualcosa di bello (non voglio nemmeno prendere in considerazione auguri di male…). Ci auguriamo, quindi, semplicemente di passare bene la festa del Natale. È già molto, ci sembra quasi difficile da esprimere in tempi così complicati come i nostri, soprattutto se incontriamo persone che in vario modo vivono la precarietà dell’esistenza a causa della malattia, della solitudine, di qualche difficoltà o crisi familiare, sociale, economica. Sentiamo, a partire dalla nostra fede, che quello che si festeggia è veramente importante, e quindi desideriamo che il contenuto celebrato possa riverberarsi sull’esistenza di chi lo festeggia. A volte ci basterebbe un po’ di serenità e di quiete. Ma no, non basta ancora. Allora desideriamo per gli altri che i loro desideri più cari possano realizzarsi in quel giorno. Auguriamo in fondo che accada qualcosa che scaldi il cuore, che dia luce e calore, che regali alla vita un colore e una musica carichi di affetti, di pace, che aprano al sorriso le persone care, soprattutto quelle più provate dalla vita. Poi ci diciamo subito che la pace e la gioia non possono limitarsi ad un giorno solo.

Qualcuno ne trae la conseguenza di rinunciare del tutto agli auguri.

Andiamo invece avanti. Andiamo in profondità del nostro desiderio di bene, per noi e per gli altri. Andiamo alle radici della possibilità di questo bene: il Signore Dio prende parte alla nostra vita, diventa uno di noi, il bambino Gesù, l’uomo vero. Lui prende le nostre parti. Quelle dello scartato, del debole, del piccolo. Quelle di ciascuno di noi, di tutti. Non ci lascia più da soli, ci sostiene, ci accompagna, ci guida. Si dona. Diventa dono. Abbandonato in croce, abbraccia tutti. Risorto è veramente presente, per sempre, e apre la vita all’eternità. Lui si fa Natale, Lui si fa dono, Lui assume e realizza ogni desiderio. Lui è garanzia, fonte e meta di ogni augurio. Se metto il mio desidero di bene per chi riceve i miei auguri nel cuore del Signore Gesù, Lui è caparra di ogni mio augurio. Ed è Lui che raggiunge l’altro nel mio augurio, che non è più soltanto una formula consueta, ma diventa parola vera, che sgorga dal cuore.

E l’augurio non è più nemmeno soltanto parola, ma respiro dell’anima che mette in moto la mia disponibilità, il mio cuore e le mie mani, la mia fantasia e tutto il mio desiderio per vedere realizzato il tuo desiderio di bene.

E troverò il modo, magari semplice e discreto per farmi presente, veramente persona con te, con tutti, affinché ti possa accadere davvero qualcosa di bello, un’emozione, una luce calda, un sorriso nuovo ed insperato.

 

Nel Natale di Gesù di Nazareth, il Cristo, vero Dio e vero uomo, ci sia la radice di ogni nostro rinascere, ci sia il motivo di ogni sorriso, di ogni aiuto, di ogni gesto piccolo o grande di fraternità, ci sia il desiderio che si realizzi ogni desiderio di bene.

Auguro a noi tutti che possiamo diventare un augurio vero, incarnato.

Buon Natale!

“Lavoriamo nell’unità con sapienza e prudenza, radicati nella storia e in questa Chiesa di popolo”

“Grazie per l’impegno costante e fedele, per il continuo lavoro sulla sintonia, per il dibattito, grazie per le competenze che mettete a disposizione, per la vostra passione e l’amore per la Chiesa”: con queste parole il vescovo Michele ha concluso venerdì mattina, 17 dicembre, il suo intervento durante il momento di preghiera in occasione dello scambio degli auguri di Natale, presenti i direttori, i dipendenti, i collaboratori, i volontari degli uffici di Curia, nelle sue articolazioni di piazza Duomo, di Casa Toniolo e della Casa della carità.

Il vicario generale, mons. Giuliano Brugnotto, ha fatto gli auguri al Vescovo a nome di tutti i presenti e ha proposto una riflessione sul Natale, a partire dalla potenza di Dio che si manifesta con la nascita di Gesù Cristo nella povertà di un ricovero per animali. “Celebrando il mistero dell’Incarnazione del Verbo, noi veniamo condotti per mano dagli evangelisti a confidare nella Potenza del Salvatore che rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili.  Accogliere la grazia del Natale è ricevere in dono da Dio la forza per cooperare alla sconfitta delle iniquità presenti nel mondo mediante il servizio quotidiano, nascosto e fedele. Carissimo vescovo Michele – ha detto mons. Brugnotto -, mentre presentiamo il nostro augurio, desideriamo esprimerle il nostro grazie per condurre la nostra chiesa diocesana sulle orme del Salvatore. Con il potere della carità operosa del progetto Sta a noi ci ha permesso di stare vicini a tante famiglie in difficoltà donando loro la forza della speranza di riprendere il cammino in questo tempo di pandemia. Grazie anche per questo nuovo tempo di ascolto nel quale siamo tutti coinvolti dal cammino sinodale. Il Natale ci sollecita ad ascoltare nel silenzio della notte il canto degli angeli che invitano ad adorare il Figlio di Dio nella semplicità di un Bambino che ha il potere di cambiare il mondo”. Il vicario generale ha anche augurato al Vescovo “un totale ristabilimento della salute fisica e la forza di annunciare, quale nostro pastore e guida, la potenza della Luce che vince le tenebre del mondo”.

Il Vescovo ha offerto una meditazione sulle Antifone “della O”, quelle che accompagnano gli ultimi giorni di Avvento, e che vengono intonate all’inizio del Magnificat ogni sera durante i Vespri. Ciascuna invoca il Signore che viene con un titolo diverso (Sapienza, Adonai – Signore, Radice di Jesse, Chiave di Davide, Oriente, Re delle Nazioni, Dio con noi).

“Le antifone ci presentano sette caratteristiche del Signore Gesù che viene – colui che aspettiamo -, dalle quali potremmo imparare alcune caratteristiche del nostro essere Chiesa e in particolare del nostro essere al servizio della Chiesa” ha sottolineato il Vescovo.

Si tratta della sapienza, che ha a che fare con la conoscenza, con il sapore e il gusto della vita, “capace di disporre tutto, anche noi, con soavità e forza, con forza e dolcezza: caratteristiche importanti per persone chiamate a dare orientamento a se stesse e ad altri, a indicare una strada e a volte a porre dei limiti”. Il Vescovo ha ricordato l’importanza di leggere questi tempi come un segno e capire come camminare insieme sulle vie della saggezza, con la prudenza che è “virtù pratica preminente”, la capacità di saper scoprire in tutte le situazioni il bene possibile e le vie per realizzarlo.

Il Signore è guida della casa d’Israele (altra invocazione), è quel bambino debole e fragile, è il Signore che ha parlato nel roveto ardente, che ha liberato il popolo con braccio potente, che agisce nella storia. “Forse lo stile che ci viene chiesto è di essere testimoni e strumenti del potere di Dio con la mitezza del bimbo”.

La radice di Jesse nel testo del profeta Isaia si innalza come un segno per i popoli, e da lì poi nasce un germoglio nuovo. “Essere radicati in una storia, in una Chiesa di popolo, di territorio, è il fondamento per il cammino. E questa radice ci permette anche in tempi difficili di non fuggire, di concederci anche nella frenesia del lavoro la meraviglia di spazi di silenzio, abitato dall’ascolto e dalla contemplazione”.

Il Signore è “chiave“, potere che libera dalle prigionie esistenziali, ha ricordato mons. Tomasi, che ha richiamato un racconto talmudico che parla dei libri della Bibbia come di una serie di stanze – ciascuna con una porta chiusa a chiave -, e invita a viaggiare nella Scrittura per interpretarla, trovando la chiave di ogni porta. “Il Messia è la chiave per tutti noi, qualunque sia il servizio che viviamo. Non sempre quella che ho in mano è la chiave della mia porta. Di fronte a varie porte che costituiscono i nostri servizi, i nostri impegni, le nostre responsabilità, sappiamo che la chiave c’è, ma magari è stata data a qualcun altro”. Ecco, allora, l’invito: “Cerchiamoci, confrontiamo le prospettive, le visioni, la comprensione di Cristo – chiave, scambiamoci le chiavi, invitiamoci alle nostre porte, entriamo in dialogo tra di noi e cerchiamo la chiave, aprendo insieme questi percorsi di liberazione dalla prigionia, per noi dalle nostre paure e diffidenze; e insieme, poi, per un mondo che ha bisogno che quelle porte vengano aperte”.

Il Signore è astro che sorge, oriente, splendore di luce che illumina chi giace nelle tenebre. “Quanto c’è bisogno, in questo tempo, che siamo trasparenti di luce – ha detto il Vescovo – in un mondo che sembra chiudersi sulla solitudine delle persone, sulla paura del futuro, sulla paura dell’altro, del diverso. Cristo è luce limpida, trasparente, per tempi di fatica, di buio, luce che non abbaglia ma rischiara, che indica la strada come lampada sul cammino”.

Il Signore che viene è re delle genti. “Desiderato da sempre, pietra angolare che fa dei due uno, è un operatore potente che risponde ai desideri delle genti. Ci sono dei desideri che dobbiamo saper leggere, saper accogliere e ricondurre a lui. E partendo da questi, collaborare con Lui nel compaginare in maniera ordinata la Chiesa. Questo edificio fatto di pietre vive, costruito sulla pietra angolare che è Cristo, il quale ci riconduce ad unità”.

E in tutto questo il Signore che viene è Emmanuele, Dio con noi, “l’unica speranza di salvezza dei popoli. Lui viene a salvarci, perché lui è il nostro Dio. Il nostro Dio è questo bambino, questa incarnazione, è questa storia, questa fatica quotidiana, è questo cammino di cui magari vediamo solo alcuni passi davanti a noi e che ci conduce alla salvezza; il nostro cammino insieme, di popolo di Dio in cammino nel tempo, unica Curia in più articolazioni e presenze. Grazie – ha concluso il Vescovo – per il vostro impegno costante, fedele, appassionato, per la vostra competenza, per la vostra passione e amore per la Chiesa. Buon Natale!”.

Insieme al personale della Curia c’erano anche i sacerdoti stranieri, studenti, che vivono e operano nelle nostre comunità. “Vorrei che imparassimo a conoscerci come individui e come Chiesa, perché una Chiesa che si apre al mondo diventa sempre più cattolica, bella, ricca, fantasiosa e viva” ha detto il Vescovo salutandoli.

Al termine, i saluti e i ringraziamenti a coloro che in quest’ultimo anno hanno lasciato il loro incarico: don Luca Pizzato, che termina il suo servizio nella formazione del clero; don Adriano Fardin, che ha concluso il suo servizio come economo diocesano; don Matteo Andretto, che ha concluso il suo servizio come segretario del Vescovo; don Federico Gumiero, come responsabile per il servizio del catecumenato; infine, Giovanna Bini della Caritas. Un ricordo commosso è stato rivolto a Muhammed Jawo, operatore Caritas, che è mancato improvvisamente lo scorso settembre.

 


Sinodo. Il Papa: “Partecipare tutti è un impegno ecclesiale irrinunciabile”

“Viviamo questo Sinodo nello spirito della preghiera che Gesù ha rivolto accoratamente al Padre per i suoi: ‘Perché tutti siano una sola cosa’. A questo siamo chiamati: all’unità, alla comunione, alla fraternità che nasce dal sentirci abbracciati dall’unico amore di Dio. Tutti, senza distinzioni, e noi Pastori in particolare”. È cominciato con questo invito, il discorso del Papa per il momento di riflessione del processo Sinodale “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”, nell’Aula Nuova del Sinodo sabato 9 ottobre. “Siete venuti da tante strade e Chiese, ciascuno portando nel cuore domande e speranze, e sono certo che lo Spirito ci guiderà e ci darà la grazia di andare avanti insieme, di ascoltarci reciprocamente e di avviare un discernimento del nostro tempo, diventando solidali con le fatiche e i desideri dell’umanità”, il saluto iniziale del Santo Padre all’inizio della mattinata, che è iniziata con un lungo momento di preghiera in silenzio di tutti i presenti. “Nell’unico Popolo di Dio, perciò, camminiamo insieme, per fare l’esperienza di una Chiesa che riceve e vive il dono dell’unità e si apre alla voce dello Spirito”, l’esortazione di Francesco, che si è soffermato sulle tre parole-chiave del Sinodo: comunione, partecipazione, missione. “Comunione e missione sono espressioni teologiche che designano il mistero della Chiesa e di cui è bene fare memoria”, ha detto il Papa, ricordando che il Concilio Vaticano II “ha chiarito che la comunione esprime la natura stessa della Chiesa e, allo stesso tempo, ha affermato che la Chiesa ha ricevuto la missione di annunziare e instaurare in tutte le genti il regno di Cristo e di Dio, e di questo regno costituisce in terra il germe e l’inizio. Due parole attraverso cui la Chiesa contempla e imita la vita della Santissima Trinità, mistero di comunione ad intra e sorgente di missione ad extra”. “Dopo un tempo di riflessioni dottrinali, teologiche e pastorali che caratterizzarono la ricezione del Vaticano II, San Paolo VI volle condensare proprio in queste due parole – comunione e missione – le linee maestre, enunciate dal Concilio”, ha ricordato Francesco citando le parole di Papa Montini nell’Angelus dell’11 ottobre 1970.

“Partecipare tutti: è un impegno ecclesiale irrinunciabile!”. Con questo imperativo il Papa ha spiegato il significato della seconda parola chiave del Sinodo sulla sinodalità: partecipazione. “Chiudendo il Sinodo del 1985, a vent’anni dalla conclusione dell’assise conciliare, anche San Giovanni Paolo II volle ribadire che la natura della Chiesa è la koinonia”, ha ricordato Francesco: “da essa scaturisce la missione di essere segno di intima unione della famiglia umana con Dio”. “Comunione e missione rischiano di restare termini un po’ astratti se non si coltiva una prassi ecclesiale che esprima la concretezza della sinodalità in ogni passo del cammino e dell’operare, promuovendo il reale coinvolgimento di tutti e di ciascuno”, il monito del Papa, secondo il quale “celebrare un Sinodo è sempre bello e importante, ma è veramente proficuo se diventa espressione viva dell’essere Chiesa, di un agire caratterizzato da una partecipazione vera. E questo non per esigenze di stile, ma di fede”. “La partecipazione è un’esigenza della fede battesimale”, ha sottolineato Francesco citando San Paolo: “Il punto di partenza, nel corpo ecclesiale, è questo e nessun altro: il Battesimo. Da esso, nostra sorgente di vita, deriva l’uguale dignità dei figli di Dio, pur nella differenza di ministeri e carismi”. “Per questo, tutti sono chiamati a partecipare alla vita della Chiesa e alla sua missione”, l’appello del Papa: “Se manca una reale partecipazione di tutto il Popolo di Dio, i discorsi sulla comunione rischiano di restare pie intenzioni. Su questo aspetto abbiamo fatto dei passi in avanti, ma si fa ancora una certa fatica e siamo costretti a registrare il disagio e la sofferenza di tanti operatori pastorali, degli organismi di partecipazione delle diocesi e delle parrocchie, delle donne che spesso sono ancora ai margini. Partecipare tutti: è un impegno ecclesiale irrinunciabile!”.


“Transizioni. La sfida della sostenibilità in un mutamento d’epoca” Al via domani sera con una “anteprima” a S. Francesco la 35ª Settimana sociale dei cattolici trevigiani

Un appuntamento in “anteprima”, promosso nell’ambito delle iniziative per il mese del creato, che avrà, tra gli ospiti, il biblista Ermes Ronchi; seguito dalle consuete quattro serate, nella prima delle quali interverrà l’arcivescovo di Bologna, il cardinale Matteo Maria Zuppi. Quindi, il testimone passerà ad altri eventi e ad altri soggetti.

“Transizioni. La sfida della sostenibilità in un mutamento d’epoca” sarà il tema della 35ª Settimana sociale dei cattolici trevigiani. Formula simile a quella dello scorso anno, con gli incontri tenuti in presenza e trasmessi anche in streaming in almeno sette punti della diocesi, oltre che su Youtube. Ma con un’ambizione in più, quella di proporre il “lancio” di un tema che ci accompagnerà per tutto l’anno, grazie al neonato “Network per il bene comune”, una rete capace di creare un calendario di iniziative lungo un intero anno, diffuso nel tempo e nel territorio.

 

I promotori

I promotori della Settimana sociale sono “La vita del popolo”, l’Azione cattolica di Treviso, il Meic (Movimento ecclesiale di iniziativa culturale), l’Ufficio diocesano di Pastorale sociale, con la collaborazione di “Partecipare il presente” e del Collegio Pio X.

 

Il tema

Il tema è legato al momento particolare che stiamo vivendo. “Avvertiamo che la terribile esperienza della pandemia, ancora in corso, accelera e rende più evidente il cambiamento d’epoca che ci troviamo ad affrontare – spiegano i promotori -. Si tratta, allora, di riprendere il cammino, nella consapevolezza di avere, nella Dottrina sociale e nel magistero di papa Francesco, non solo una «bussola», ma anche un contributo di «profezia», rispetto ai tempi nuovi che ci attendono. «Transizioni» ci sembra il titolo più adeguato per descrivere la nostra attuale condizione, il trovarci «sulla faglia» di tale cambiamento d’epoca”.

Tra queste “transizioni”, spicca quella ecologica, che richiede un rinnovato rapporto con il creato. Ecco il motivo della “serata anteprima” di giovedì 30 settembre (20.30), nella chiesa di San Francesco, “Il creato interpella l’uomo”, con il teologo e biblista Ermes Ronchi e altri esperti.

 

Come seguire la Settimana sociale

In presenza: all’auditorium San Pio X. Capienza massima 180 posti, ingresso con il green pass, non è necessaria iscrizione previa.

Sul territorio: la Settimana sociale, potrà essere seguita (con possibilità di interazione e di porre domande, in collegamento diretto con l’auditorium). L’Ac diocesana ha predisposto i seguenti punti: Fonte Alto (Cfp Opera Montegrappa), Castelfranco Veneto (Fraternità Discepole del Vangelo), Casale (Casa del giovane), Scorzè (oratorio), Lovadina (oratorio), Zero Branco (oratorio). A questi punti se ne aggiunge uno ulteriore a Treviso, nella sede Acli. Altri eventuali luoghi saranno comunicati sui siti www.lavitadelpopolo.it, www.actreviso.it, www.networkbenecomune.it.

Da casa: le serate saranno trasmesse sul canale Youtube della Diocesi di Treviso e sui siti diocesani.

 

Il Network per il bene comune

“Transizioni” è, insieme, il titolo della Settimana sociale e del calendario 2021-2022 di “Network per il bene comune” (www.networkbenecomune.it) , che è rete e laboratorio delle esperienze che nel territorio, nella società civile e nella Chiesa, riflettono sulla dimensione del Bene comune, avendo tra i riferimenti la Dottrina sociale.

Aderiscono al “Network”: Azione cattolica, La vita del popolo, Ufficio diocesano di Pastorale sociale, Lavoro, Giustizia, Pace e Salvaguardia del creato, “Partecipare il presente”, Meic, Istituto Toniolo, “Scuola di formazione sociale S. Agnese”, “@Pensatoio socio-politico Quinto e Zero Branco”, “Festa di sguardi – Mirano”, Acli Treviso, Comunità Laudato Si’, Collegio vescovile Pio X, Associazione “Incontri con la Natura per la Salvaguardia del Creato” del Centro Chiavacci, Fondazione Stefanini.

Il calendario di “Network per il Bene comune”, sul comune tema “Transizioni”, anticipato in settembre dagli appuntamenti della rassegna “Il tempo del creato”, prosegue in autunno con gli appuntamenti della Scuola socio-politica “Partecipare il presente”, in febbraio con la “Scuola sociale Sant’Agnese”. Durante l’anno sono previsti ulteriori appuntamenti con le altre realtà aderenti.

 

Il programma

Giovedì 30 settembre. “C’è qualcuno in ascolto? Il creato interpella l’uomo”.

Dialogo con padre Ermes Ronchi, teologo, la botanica Katia Zanatta e l’idrogeologo Nico Dalla Libera. Condurrà il giornalista Umberto Folena. Iscrizioni al Link: https://forms.gle/CBXevvQcexyzGLTg8.

Si tratta di una “serata anteprima”, condivisa con i promotori della rassegna “Il tempo del creato”, tra i quali l’ufficio diocesano di Pastorale sociale e Salvaguardia del Creato.

 

Lunedì 4 ottobre (ore 21). “La Dottrina sociale e la «profezia» di Francesco: “strumenti” per abitare il mutamento d’epoca”.

Introduzione di mons. Michele Tomasi, vescovo di Treviso; relazione del card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna.

Martedì 5 ottobre (ore 20.30). Sostenibilità: sfida e compito necessario per gli attori sociali”.

Relazione di Chiara Mio, docente all’Università Ca’ Foscari e presidente di Friuladria.

Lunedì 11 ottobre (ore 20.30). “L’ambiente in Costituzione e nella progettazione territoriale” (ore 20.30).

Dibattito con Paolo Pileri, docente di Progettazione e Pianificazione urbanistica al Politecnico di Milano, con il senatore Andrea Ferrazzi

Martedì 12 ottobre (20.30). “Il cambiamento demografico che coinvolge lo stato sociale e il lavoro. Situazione, prospettive e strumenti per gestire il fenomeno”.

Relazione di Agar Brugiavini, docente di Economia Politica all’Università Ca’ Foscari di Venezia. Serata a cura di Partecipare il presente.

 


Ascoltiamo il silenzio: l’8 ottobre in Casa della Carità – Prenotazione obbligatoria

Venerdì 8 ottobre alle 20.30 in Casa della Carità, si celebrerà un momento di preghiera per i migranti morti durante il loro viaggio, con la presenza del nostro Vescovo don Michele Tomasi e dell’imam della comunità islamica senegalese del triveneto Aly Youm.

“Perché una veglia di preghiera per i migranti morti? Perché fermarsi a fare silenzio, davanti ad un’urgenza del fare, del rimboccarsi le maniche, del gridare all’ingiustizia? Per fare comunione. Per essere comunità. Per essere Chiesa” come ha detto il Vescovo Michele nell’incontro del 2020 (vedi sotto il discorso completo).

Questo appuntamento porta il nome di “Ascoltiamo il silenzio”. Viaggi della speranza che sono diventati tragedie nella traversata del Mediterraneo, del deserto del Sahara e su molte altre rotte di terra o di mare. Coinvolgono uomini, donne e bambini in fuga dalla fame, dalla guerra, dalle persecuzioni per le quali in molte parti del mondo ancora si muore. Questo momento di preghiera è nato pensando a ciascuno di loro. Anche una sola di queste vite perse in mare, in un viaggio di dolore e disperazione, è una sconfitta per tutti e non può lasciarci indifferenti. Queste morti sono un richiamo alla responsabilità, invito a guardare in faccia alla realtà delle migrazioni mettendo sempre in primo piano la vita di ognuno e il pieno rispetto dei diritti umani. Invochiamo l’aiuto di Dio perché non anneghi nel nostro cuore e nel cuore del mondo la pace fondata sulla giustizia e sul rispetto di ogni persona e di ogni popolo.

L’incontro si svolgerà all’aperto, tra letture, canti e preghiera (in caso di maltempo rimandiamo alla nostra pagina Facebook per aggiornamenti).

I posti sono gratuiti ma limitati e su prenotazione, per garantire il rispetto delle disposizioni di prevenzione dal Covid-19. Trattandosi di un momento di preghiera all’aperto non è richiesto il green passma sono da rispettare tutte misure per il contenimento dei contagi (uso di mascherina, igienizzazione mani, distanziamento). 

Vai al sito di Caritas Tarvisina per saperne di più e per il link alle iscrizioni