“Lavoriamo nell’unità con sapienza e prudenza, radicati nella storia e in questa Chiesa di popolo”

“Grazie per l’impegno costante e fedele, per il continuo lavoro sulla sintonia, per il dibattito, grazie per le competenze che mettete a disposizione, per la vostra passione e l’amore per la Chiesa”: con queste parole il vescovo Michele ha concluso venerdì mattina, 17 dicembre, il suo intervento durante il momento di preghiera in occasione dello scambio degli auguri di Natale, presenti i direttori, i dipendenti, i collaboratori, i volontari degli uffici di Curia, nelle sue articolazioni di piazza Duomo, di Casa Toniolo e della Casa della carità.

Il vicario generale, mons. Giuliano Brugnotto, ha fatto gli auguri al Vescovo a nome di tutti i presenti e ha proposto una riflessione sul Natale, a partire dalla potenza di Dio che si manifesta con la nascita di Gesù Cristo nella povertà di un ricovero per animali. “Celebrando il mistero dell’Incarnazione del Verbo, noi veniamo condotti per mano dagli evangelisti a confidare nella Potenza del Salvatore che rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili.  Accogliere la grazia del Natale è ricevere in dono da Dio la forza per cooperare alla sconfitta delle iniquità presenti nel mondo mediante il servizio quotidiano, nascosto e fedele. Carissimo vescovo Michele – ha detto mons. Brugnotto -, mentre presentiamo il nostro augurio, desideriamo esprimerle il nostro grazie per condurre la nostra chiesa diocesana sulle orme del Salvatore. Con il potere della carità operosa del progetto Sta a noi ci ha permesso di stare vicini a tante famiglie in difficoltà donando loro la forza della speranza di riprendere il cammino in questo tempo di pandemia. Grazie anche per questo nuovo tempo di ascolto nel quale siamo tutti coinvolti dal cammino sinodale. Il Natale ci sollecita ad ascoltare nel silenzio della notte il canto degli angeli che invitano ad adorare il Figlio di Dio nella semplicità di un Bambino che ha il potere di cambiare il mondo”. Il vicario generale ha anche augurato al Vescovo “un totale ristabilimento della salute fisica e la forza di annunciare, quale nostro pastore e guida, la potenza della Luce che vince le tenebre del mondo”.

Il Vescovo ha offerto una meditazione sulle Antifone “della O”, quelle che accompagnano gli ultimi giorni di Avvento, e che vengono intonate all’inizio del Magnificat ogni sera durante i Vespri. Ciascuna invoca il Signore che viene con un titolo diverso (Sapienza, Adonai – Signore, Radice di Jesse, Chiave di Davide, Oriente, Re delle Nazioni, Dio con noi).

“Le antifone ci presentano sette caratteristiche del Signore Gesù che viene – colui che aspettiamo -, dalle quali potremmo imparare alcune caratteristiche del nostro essere Chiesa e in particolare del nostro essere al servizio della Chiesa” ha sottolineato il Vescovo.

Si tratta della sapienza, che ha a che fare con la conoscenza, con il sapore e il gusto della vita, “capace di disporre tutto, anche noi, con soavità e forza, con forza e dolcezza: caratteristiche importanti per persone chiamate a dare orientamento a se stesse e ad altri, a indicare una strada e a volte a porre dei limiti”. Il Vescovo ha ricordato l’importanza di leggere questi tempi come un segno e capire come camminare insieme sulle vie della saggezza, con la prudenza che è “virtù pratica preminente”, la capacità di saper scoprire in tutte le situazioni il bene possibile e le vie per realizzarlo.

Il Signore è guida della casa d’Israele (altra invocazione), è quel bambino debole e fragile, è il Signore che ha parlato nel roveto ardente, che ha liberato il popolo con braccio potente, che agisce nella storia. “Forse lo stile che ci viene chiesto è di essere testimoni e strumenti del potere di Dio con la mitezza del bimbo”.

La radice di Jesse nel testo del profeta Isaia si innalza come un segno per i popoli, e da lì poi nasce un germoglio nuovo. “Essere radicati in una storia, in una Chiesa di popolo, di territorio, è il fondamento per il cammino. E questa radice ci permette anche in tempi difficili di non fuggire, di concederci anche nella frenesia del lavoro la meraviglia di spazi di silenzio, abitato dall’ascolto e dalla contemplazione”.

Il Signore è “chiave“, potere che libera dalle prigionie esistenziali, ha ricordato mons. Tomasi, che ha richiamato un racconto talmudico che parla dei libri della Bibbia come di una serie di stanze – ciascuna con una porta chiusa a chiave -, e invita a viaggiare nella Scrittura per interpretarla, trovando la chiave di ogni porta. “Il Messia è la chiave per tutti noi, qualunque sia il servizio che viviamo. Non sempre quella che ho in mano è la chiave della mia porta. Di fronte a varie porte che costituiscono i nostri servizi, i nostri impegni, le nostre responsabilità, sappiamo che la chiave c’è, ma magari è stata data a qualcun altro”. Ecco, allora, l’invito: “Cerchiamoci, confrontiamo le prospettive, le visioni, la comprensione di Cristo – chiave, scambiamoci le chiavi, invitiamoci alle nostre porte, entriamo in dialogo tra di noi e cerchiamo la chiave, aprendo insieme questi percorsi di liberazione dalla prigionia, per noi dalle nostre paure e diffidenze; e insieme, poi, per un mondo che ha bisogno che quelle porte vengano aperte”.

Il Signore è astro che sorge, oriente, splendore di luce che illumina chi giace nelle tenebre. “Quanto c’è bisogno, in questo tempo, che siamo trasparenti di luce – ha detto il Vescovo – in un mondo che sembra chiudersi sulla solitudine delle persone, sulla paura del futuro, sulla paura dell’altro, del diverso. Cristo è luce limpida, trasparente, per tempi di fatica, di buio, luce che non abbaglia ma rischiara, che indica la strada come lampada sul cammino”.

Il Signore che viene è re delle genti. “Desiderato da sempre, pietra angolare che fa dei due uno, è un operatore potente che risponde ai desideri delle genti. Ci sono dei desideri che dobbiamo saper leggere, saper accogliere e ricondurre a lui. E partendo da questi, collaborare con Lui nel compaginare in maniera ordinata la Chiesa. Questo edificio fatto di pietre vive, costruito sulla pietra angolare che è Cristo, il quale ci riconduce ad unità”.

E in tutto questo il Signore che viene è Emmanuele, Dio con noi, “l’unica speranza di salvezza dei popoli. Lui viene a salvarci, perché lui è il nostro Dio. Il nostro Dio è questo bambino, questa incarnazione, è questa storia, questa fatica quotidiana, è questo cammino di cui magari vediamo solo alcuni passi davanti a noi e che ci conduce alla salvezza; il nostro cammino insieme, di popolo di Dio in cammino nel tempo, unica Curia in più articolazioni e presenze. Grazie – ha concluso il Vescovo – per il vostro impegno costante, fedele, appassionato, per la vostra competenza, per la vostra passione e amore per la Chiesa. Buon Natale!”.

Insieme al personale della Curia c’erano anche i sacerdoti stranieri, studenti, che vivono e operano nelle nostre comunità. “Vorrei che imparassimo a conoscerci come individui e come Chiesa, perché una Chiesa che si apre al mondo diventa sempre più cattolica, bella, ricca, fantasiosa e viva” ha detto il Vescovo salutandoli.

Al termine, i saluti e i ringraziamenti a coloro che in quest’ultimo anno hanno lasciato il loro incarico: don Luca Pizzato, che termina il suo servizio nella formazione del clero; don Adriano Fardin, che ha concluso il suo servizio come economo diocesano; don Matteo Andretto, che ha concluso il suo servizio come segretario del Vescovo; don Federico Gumiero, come responsabile per il servizio del catecumenato; infine, Giovanna Bini della Caritas. Un ricordo commosso è stato rivolto a Muhammed Jawo, operatore Caritas, che è mancato improvvisamente lo scorso settembre.