Memoria dei martiri verso la Pasqua 2023

In preparazione alla Pasqua la Comunità di Sant’Egidio insieme all’Ufficio diocesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso promuovono una veglia di preghiera ecumenica in memoria dei nuovi martiri venerdì 31 marzo alle ore 20,45 a Treviso nella Chiesa di San Martino. La veglia sarà presieduta dal vescovo Michele.

 

Quando Giovanni Paolo II indisse il grande giubileo del 2000 volle creare una commissione “Nuovi Martiri”, che avrebbe dovuto indagare sui martiri cristiani del Ventesimo secolo. La commissione lavorò due anni nei locali della Basilica di San Bartolomeo, raccogliendo circa 12.000 dossier di martiri e testimoni della fede giunti da diocesi di tutto il mondo. Tra i frutti di questo lavoro vi fu anche la preghiera ecumenica svoltasi presso il Colosseo, alla presenza del Papa e di rappresentanti di tutte le principali Chiese cristiane. In quella occasione venne sottolineato come il gran numero di cristiani uccisi o perseguitati nel Novecento fosse un continente ancora da esplorare, un patrimonio condiviso da ogni confessione cristiana.

Il papa si era reso conto che nel sentire comune quando si pensa ai martiri, a coloro che hanno perso la vita per la loro fede in Gesù, si pensa ai primi secoli della chiesa, all’epoca in cui i cristiani non erano liberi di esprimere la loro fede e celebravano nelle catacombe. In realtà forse mai come nel secolo scorso il martirio è stato così attuale.

La Comunità di Sant’Egidio da allora tiene viva la memoria di tanti cristiani che hanno dato la vita per il Vangelo, nei secoli XX e XXI fino ai giorni nostri.

Perché noi di Sant’Egidio abbiamo sentito il fascino per questa memoria? Non perché siamo degli eroi; siamo gente normale, siamo gente anche paurosa; ma perché ci sembra, che in questo tempo senza visioni o con poche visioni, ricordare queste figure è una grande forza.

La memoria è una grande forza; è una forza molto particolare, è una forza debole, ma una forza. Allora pensiamo che ricordare queste figure, studiarle, approfondirle sia un modo per provare a ricostruire un nuovo umanesimo nel nuovo secolo.

Oggi più che mai abbiamo bisogno di testimoni, di uomini e donne che con la loro vita, la loro passione evangelica ci aiutino ad orientarci, ci aiutino a vivere da cristiani oggi, accendano anche in noi l’entusiasmo evangelico, quell’amore evangelico, che spesso è come assopito nella vita di ogni giorno.

I testimoni non sono degli eroi, personaggi diversi da noi, dal nostro tempo, differenti da noi che siamo così incerti, fragili, agitati dalla nostra vita. Il martire non è un uomo che sceglie di morire, il martire non è un uomo sicuro, il martire o il testimone non è un uomo senza paura. Il cristiano è colui che vuole vivere e che lotta per la vita.

Alcune storie ci insegnano che il martire della fede è anche un piccolo uomo, una piccola donna che non scappa davanti alle sue responsabilità, per amore, per umanità, per giustizia, per fede, perché non vuole lasciare le persone che gli sono affidate.

Pensiamo alla figura di Romero. Mons. Oscar Arnulfo Romero è una figura che è diventata anche simbolica. Ma Romero è un uomo che non ha abbandonato la sua gente, malgrado le minacce di morte. Il card. Neves racconta che, durante l’ultima visita a Roma, Romero gli telefonò e gli disse: “Io torno a San Salvador, ma lì mi ammazzano!”. Ecco il testimone: è uno che è tornato, è uno che non se n’è andato.

Un’altro esempio è quello di frère Christian de Chergé. Trappista nell’Algeria degli anni Novanta, ostaggio della violenza, anche lui resta. E i suoi scritti ci dicono la paura che di notte arrivassero gli uomini della guerriglia, l’ascolto dei passi. Viene portato via, viene rapito, assieme ad altri monaci: per 50 giorni è prigioniero. Ed è interessantissima la documentazione della prigionia che è stata ritrovata, perché si vede come Christian de Chergé lottasse con i suoi carcerieri affinché lui e i suoi fratelli continuassero a vivere; discute e spiega loro e dice: “Guardate che se mi ammazzate è un errore per voi”.

Il martire è uno che vuole salvare la sua vita, ma non s’inginocchia. Il martire è qualcuno che non è disposto a rinunciare alla sua umanità, per salvare ad ogni costo la sua vita. C’è in questo una radice profonda di umanesimo che porta a resistere al male.

Vorrei ricordare anche un nostro amico, un ragazzo della Sant’Egidio che viveva in Kivu, in Congo: un paese che ha vissuto dal 1998 al 2002 una guerra terribile che ha causato 5 milioni di morti, una guerra che ha insanguinato in profondità la vita del paese, lasciando un’eredità terribile. Floribert faceva la scuola della pace ai bambini. Era felice di essere stato assunto a 28 anni come direttore della dogana. Era contento di aver trovato lavoro, cosa non facile, e si doveva sposare. Gli venne proposto di far entrare nel paese dal Ruanda, un carico di riso avariato, come avevano sempre accettato di fare tutti i suoi predecessori. Lui, con una naturalezza istintiva, disse di no. Una serie di pressioni, offerte finanziarie importanti: questo ragazzo, con una ingenuità incredibile, resiste finché lo rapiscono e lo uccidono.

Questa vicenda ci parla di persone che nella loro piccolezza, in un angolo di mondo, giovani, esprimono una forza morale incredibile.

I nuovi martiri del XX e XXI secolo dicono che questo è un tempo ancora di martirio, di lotta. In questo nostro tempo, per resistere al male e per resistere alla violenza, possiamo trovare in noi stessi, nella fede, nell’amore, poveri come siamo, uomini comuni come siamo, le energie per resistere.

I martiri sono gente comune. Sono uomini e donne, come noi, spesso della nostra stessa generazione, che non hanno cercato la morte, o si sono buttati in avventure spericolate, mettendo a rischio la vita in maniera avventata. Piuttosto hanno seguito le vie della carità, dell’umanità, dell’amicizia.

Pensiamo a Shabbaz Batthi in Pakistan che, anche da ministro per le minoranze, si adoperava per i più poveri e per i diritti di tutti, non solo dei cristiani. Fu assassinato il 2 marzo del 2011. Aveva scritto: “Mi è stato richiesto di porre fine alla mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo”.

Ma possiamo pensare anche ai “martiri della carità”, come le Suore Poverelle di Bergamo, contagiate dal virus Ebola mentre assistevano i malati o come don Roberto Malgesini, ucciso a Como da un uomo con problemi psichici, mentre si apprestava a distribuire il cibo ai poveri di cui era amico.

Qual è la testimonianza di questi uomini e donne? La forza prima di tutto. Spesso il nostro è un cristianesimo senza forza. San Paolo al termine della prima lettera ai Corinti dice: “Vigilate, siate saldi nella fede, comportatevi da uomini, siate forti”. Cioè il cristianesimo non è una fiacca debolezza; è la religione degli umili, è la comunità dei deboli, dei poveri, ma c’è una forza.

I “nuovi martiri”, queste donne e uomini, innamorati del Vangelo, costituiscono una bussola spirituale per ognuno di noi e per le nostre comunità, ci indicano una strada. Mons. Romero, nell’omelia al funerale di un suo prete ucciso dagli squadroni della morte, diceva: “Il Concilio Vaticano II chiede a tutti i cristiani di essere martiri, ossia di dare la propria vita per i fratelli, ad alcuni lo chiede sino all’effusione del sangue, a tutti con la testimonianza dell’amore”. Noi cristiani abbiamo una missione nel mondo: testimoniare l’amore di Cristo, nella nostra debolezza, nella fragilità della nostra vita, nelle difficoltà ma anche nelle possibilità del nostro tempo. Il nostro è un tempo di piccole passioni e tante volte senza speranza. Non ci sono molti profeti nel nostro tempo così segnato dal conformismo. La nostra vita di cristiani non è esposta a grandi pericoli o minacce nel nostro Paese. Ma in questo tempo materialista o si è spirituali, uomini e donne di preghiera, frequentatori delle Scritture, amanti dei poveri, di quei piccoli che sono anche nelle nostre città, o il cristianesimo è destinato a seccarsi, a essere irrilevante. Non ci sono molti profeti nel nostro tempo, ma ci sono queste donne e uomini, i “nuovi martiri” che ci indicano la via dell’amore cristiano.

(Paola Brugnotto
Comunità S. Egidio di Treviso)

In Allegato la locandina dell’evento