Chiesa di San Gregorio Magno

Chiesa di San Gregorio Magno

Chiesa di San Gregorio Magno

Sorge nel cuore della città, alle spalle di piazza dei Signori, il carrubio medievale, già dall’XI e XII secolo la piazza cardine della vita pubblica cittadina. Un’area che corrispondeva con molta probabilità all’antico foro della Tarvisium romana, centro vitale dei commerci e nodale crocevia urbanistico di cardo e decumano.

La fondazione di questo tempio secondo lo storico Carlo Agnoletti «facilmente risale all’epoca longobarda». Non si esclude la possibilità che la chiesa avesse avuto origine tra l’ VIII secolo quando Treviso era ancora un ducato longobardo o nei successivi IX o X secolo ed è in quei secoli che si diffuse  il culto del pontefice benedettino Gregorio Magno ( Gregorio 1°  590 – 604 d.C.) al quale la chiesa è dedicata.

Furono i monaci benedettini a diffondere il  culto di questo santo papa e dottore della Chiesa e non si può escludere che anche San Gregorio di Treviso avesse avuto dei legami con questo ambiente monastico.

La data più antica che segna l’esistenza della nostra chiesa è il 1146, quando in un atto stipulato dal vescovo Gregorio di Treviso viene citato tra i fidati testimoni presenti alla stipula: “prete Bernardo di San Gregorio”.

Nel 1184, la chiesa è indicata nella bolla di papa Lucio III tra i possessi del vescovo di Treviso e nel 1312, sarà ceduta dal vescovo al Capitolo.

A testimonianza di queste note storiche si sono preservate nell’edificio delle tracce architettoniche proprio di epoca romanica: sono le monofore presenti nella parte alta della parete destra della navata. Questo tipo di apertura veniva impiegato già sul finire del secolo XI.

Altri elementi della fabbrica più antica sono le nicchie venute alla luce nel recente restauro sulle pareti dell’aula, si tratta di armarium seu sacrarium, una sorta di armadietto a muro in cui venivano riposti  e chiusi a chiave calice, patena o altri oggetti liturgici.

Ancora, un’indagine sotto il pavimento attuale ha rivelato la presenza di un precedente livello fatto in mattonelle di cotto messe in cultello, secondo una tecnica utilizzata a Treviso già dalla fine del XIII secolo per lastricare strade e piazze.

Un’antica pergamena del 1359 conserva un raro inventario antico dei beni mobili della chiesa. Essa è ben fornita di tutto ciò che serviva per il culto e le celebrazioni, con beni preziosi quali manoscritti miniati e un paramento liturgico decorato con  leoni, l’animale araldico per eccellenza carico di significati simbolici anche in ambito cristiano.

Chiesa e canonica nel 1416 erano «totaliter derupte et devastate», tanto che si temeva il crollo totale degli edifici, ma già dieci anni dopo l’edificio era di nuovo agibile considerando il fatto che vi si riuniva il collegio dei medici.

I recentissimi restauri hanno messo in luce una preziosa testimonianza di questo ripristino quattrocentesco. Si tratta del lacerto di affresco in presbiterio raffigurante l’Arcangelo Gabriele, il dipinto più antico rimasto a documentare la primitiva decorazione parietale della zona presbiteriale.

A partire dal XVI secolo la ricostruzione delle vicende della chiesa si può avvalere della preziosa fonte degli atti delle visite pastorali che, seguendo i passi del vescovo in visita al luogo sacro, passano in rassegna altari, suppellettili, sacrestia, casa canonica, cimitero, e in più danno notizie sulle scuole di arti e mestieri, sulle confraternite religiose che nella chiesa si riunivano, oltre che sul suo patrimonio economico.

Il ‘cuore’ della parrocchia si polarizzava sulla Contrada barberiorum (ora Barberia) vera estensione della vitalità, commerciale ed artigiana, della vicinissima maggiore piazza cittadina la piazza dei signori.

Nel corso del Cinquecento, viene fatto il soffitto a capriate con tavelle dipinte e il fregio affrescato sulla parte alta della navata con girali vegetali e sfingi alate, di gusto antiquario tipico dello stile definito “lombardesco” o “bramantesco”.

La scuola dei merciai a fine Cinquecento (1594-95) provvide al rinnovo del loro altare di San Silvestro che ornarono con una nuova pala commissionata al famoso pittore Ludovico Pozzoserrato, raffigurante San Silvestro I papa e i santi Liberale, Benedetto XI papa, Biagio e Girolamo Dottore della Chiesa, oggi conservata nel Duomo di Treviso nella cappella del Santissimo Sacramento.

Sempre in Duomo, nella sacrestia dei canonici, è presente un’altra pala ugualmente attribuita allo stesso pittore fiammingo raffigurante la Presentazione di Gesù al tempioche in San Gregorio ornava l’altare della scuola dei fornai.

All’inizio del Seicento (1620 circa) è datata la pala posta sull’altare maggiore, con San Gregorio Magno di Jacopo Palma il Giovane, grande protagonista della pittura sacra veneziana tardomanierista. Il santo patrono della chiesa, mirabilmente dipinto in atteggiamento benedicente, si presenta ai fedeli quale mediatore, rappresentante divino e dispensatore di grazie; è assistito da un angelo e illuminato dalla colomba dello Spirito Santo.

L’altare maggiore è più tardo rispetto al dipinto. Venne infatti costruito alla metà del Settecento. Sul timpano stanno le statue delle Virtù Teologali (Fede, Speranza e Carità). L’affresco sulla  volta soprastante, campeggia il Simbolo della Santissima Trinità  Il dipinto, molto rovinato, è un raro esempio a Treviso di decorazione rococò in ambito sacro, opera del pittore ornatista e figurista Domenico Fossati (Venezia 1743-1785).

Lo storico trevigiano Nicolò Cima a fine Seicento, definì la chiesa quantunque di non molta grandezza, è delle più vaghe e più belle Chiese che si veggano nella Città”.

Sulle pareti laterali del presbiterio due tele del bellunese Agostino Ridolfi che vi raffigurò, negli anni ottanta del XII° secolo, due episodi evangelici: Il figliol prodigo accolto dal padre e Il buon samaritano. Allo stesso pittore spetta l’ovale con l’Assunzione di Maria Vergine, sospeso al soffitto della navata in occasione del recente restauro, riproponendone  la posizione che il dipinto aveva fino al 1949, quando il controsoffitto sul quale era inserito (come documentato da una foto d’archivio) fu abbattuto all’indomani della seconda guerra mondiale con l’intervento di Mario Botter per riportare in luce il soffitto cinquecentesco a capriate.

L’altare a sinistra del maggiore é dedicato alla Madonna del Carmine. Tra il 1660 e il 1686 era mantenuto dall’omonima pia confraternita. Dopo l’allontanamento della confraternita l’altare era curato dalla scuola del Santissimo potendo contare sulle elemosine della scuola degli orefici fondata in quell’anno staccandosi dai merciai. Dal 1809 con l’introduzione di nuove devozioni l’altare venne dedicato all’Immacolata Concezione.

La statua barocca della Madonna con il Bambino è stata assegnata dallo storico dell’arte Giorgio Fossaluzza con un’inedita attribuzione a Giacomo Piazzetta. Lo scultore del tardo Seicento , nativo di Pederobba e attivo a Venezia, famoso per le sue pregevoli sculture lignee, per quelle in marmo è documentato quale autore di altre due rarissime opere che si ritrovano nella chiesa di San Michele in Isola a Venezia e nell’oratorio privato di una villa presso Feltre.

L’altare a destra del maggiore era originariamente dedicato a San Carlo. Aveva la pala, ora appesa a parete, che raffigura San Carlo Borromeo in adorazione del Crocifisso ha l’apparizione della Madonna con il Bambino dipinta dal trevigiano Ascanio Spineda entro il 1647.

L’altare di San Carlo, nel 1661 venne affidato alla cura della scuola dei “confusi”  che riuniva un insieme eterogeneo di arti, come quelle dei cartari, cestari molinari, moletta (affila coltelli), tamiseri, verieri, librai. Un secolo dopo, nel 1748, viene assegnato alla confraternita della Morte, che vi fa collocare una nuova pala raffigurante il Transito di san Giuseppe con san Carlo, dipinta da Gaspare Diziani. È il dipinto che ancor oggi orna l’altare, ma al posto della figura di san Carlo ha, sovrapposti,  i santi Filippo Neri e Agata.

Il dipinto del trevigiano Giacomo Bravo raffigurante Sant’Agata (1606), oggi appeso sulla parete destra della navata.

Il dipinto posto sulla stessa parete con San Lorenzo martire è opera molto interessante di tardo Cinquecento, attribuita agli eredi di Paolo Veronese che da un modello del grande maestro derivano direttamente la figura del santo.

Il prezioso organo del 1769, opera numero 52 di Gaetano Callido, è collocato nella rinnovata cantoria ottocentesca.

Avevano la loro sede in San Gregorio si riunivano le associazioni di arti e mestieri (osti, merciai, fornai, confusi, orefici) e le pie confraternite del Santissimo Sacramento, della Madonna del Carmine, della Morte.

Questi appunti di storia e arte ci svelano un tempio di particolare affascinante complessità, sul quale il corso della storia ha impresso, una sopra l’altra le sue impronte, lievi e pesanti. I ‘segni dell’uomo’ uno sopra l’altro dall’alto Medioevo ad oggi hanno dato forma ad una sorta di opera aperta disponibile ad essere ammirata, letta, interpretata, ‘usata’; un ambiente da rivivere con la consapevolezza di proseguire in quel luogo speciale, senza soluzione di  continuità, un millenario percorso di fede, cultura, bellezza nell’oggi e per il futuro.

Vicolo San Gregorio 7, 31100 Treviso, Veneto Italia