Archivio Tag: Marie Malherbe

Venite all’acqua: ascoltate e vivrete.

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni.

E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba.

E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

 

Immagine: M. Malherbe, “Battesimo di Gesù” ,Vienna 2018


Affinché diventino essi stessi come “fiamme viventi”!

Sequenza
Vieni, Santo Spirito,
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce.

Vieni, padre dei poveri,
vieni, datore dei doni,
vieni, luce dei cuori.

Consolatore perfetto,
ospite dolce dell’anima,
dolcissimo sollievo.

Nella fatica, riposo,
nella calura, riparo,
nel pianto, conforto.

O luce beatissima,
invadi nell’intimo
il cuore dei tuoi fedeli.

Senza la tua forza,
nulla è nell’uomo,
nulla senza colpa.

Lava ciò che è sórdido,
bagna ciò che è árido,
sana ciò che sánguina.

Piega ciò che è rigido,
scalda ciò che è gelido,
drizza ciò che è sviato.

Dona ai tuoi fedeli,
che solo in te confidano
i tuoi santi doni.

Dona virtù e premio,
dona morte santa,
dona gioia eterna.

 

Immagine: Marie Malherbe “Fiamme viventi”, 2020, Collezione privata, Vienna


ASCENSIONE DEL SIGNORE

Dal Vangelo secondo Matteo 28, 16-20

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Immagine: Marie Malherbe “Ascensione del Signore” Collezione privata, 2020 Vienna


IL BUON PASTORE

“Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime”.1Pt 2,25

Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse:
«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».

 

Immagine: Marie Malherbe, Il Buon Pastore, 2020 Collezione privata, Treviso


DALLA PAURA ALLA SPERANZA. Domenica della Palme 2020

Una riflessione di carattere antropologico su quanto sta avvenendo. Ci sentiamo insicuri, per questo ansiosi e impauriti. Poi non vediamo la minaccia. Non sappiamo dove sia il pericolo. Non ci è chiaro da chi ci dobbiamo difendere. Non ci sentiamo sicuri neanche a casa nostra. Ma quando il tempo interiore ha presente e passato, ma non avvenire solo la speranza, che è apertura al futuro, ci può salvare (don Donato Pavone).

 

Siamo ancora qui, così, in stand by, nell’attesa che qualcosa di buono succeda, che i dati lascino intravvedere un barlume di speranza. I sacrifici che stiamo facendo ci sembrano inutili. Non vediamo una fine, figuriamoci se ne riusciamo a cogliere il fine. Siamo sospesi tra la voglia che tutto passi presto, per noi, per i nostri affetti più cari, per gli altri e il timore che tutto questo non abbia fine, almeno in tempi brevi. E l’ansia cresce, al di là degli sforzi per contenerla. Chi non intravede ora una fine e un fine a ciò che vive rischia il disorientamento, la perdita di motivazione, l’incapacità di stare nella situazione con disponibilità, pazienza e fiducia… leggi testo integrale https://www.lavitadelpopolo.it/Opinioni-e-Commenti/Dalla-paura-alla-speranza?fbclid=IwAR0Y2K5GlhrBvLlnBoq3P_MQIKyARMKE4eMu7EXYAftlFjJroRGO_qPqqIg

Immagine: Marie Malherbe, Domenica delle Palme 2020, Collezione privata, Vienna.

 


La samaritana al pozzo. Domenica 15 marzo 2020

Prima Lettura

Dacci acqua da bere. Dal libro dell’Èsodo
Es 17,3-7

In quei giorni, il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua; il popolo mormorò contro Mosè e disse: «Perché ci hai fatto salire dall’Egitto per far morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?». Allora Mosè gridò al Signore, dicendo: «Che cosa farò io per questo popolo? Ancora un poco e mi lapideranno!». Il Signore disse a Mosè: «Passa davanti al popolo e prendi con te alcuni anziani d’Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo, e va’! Ecco, io starò davanti a te là sulla roccia, sull’Oreb; tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà». Mosè fece così, sotto gli occhi degli anziani d’Israele. E chiamò quel luogo Massa e Merìba, a causa della protesta degli Israeliti e perché misero alla prova il Signore, dicendo: «Il Signore è in mezzo a noi sì o no?».

Parola di Dio

Salmo Responsoriale
Dal Sal 94 (95)

R. Ascoltate oggi la voce del Signore: non indurite il vostro cuore.Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia. R.

Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce. R.

Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere». R.

Seconda Lettura

L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato.Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Rm 5,1-2.5-8

Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.

Parola di Dio

Acclamazione al Vangelo

Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

Signore, tu sei veramente il salvatore del mondo;
dammi dell’acqua viva, perché io non abbia più sete. (Cfr. Gv 4,42.15)

Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

Vangelo

Sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna.

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 4,5-42

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna -, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: Io non ho marito. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica». Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo». Parola del Signore. Forma breve: Gv 4, 5-15.19b-26.39a.40-42 Dal Vangelo secondo Giovanni In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna -, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua. Vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». Molti Samaritani di quella città credettero in lui. E quando giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Parola del Signore

Marie Malherbe “Dammi da bere” 2015, Collezione privata, Treviso

 


CANTICO IN ARTE (Mostra annullata causa pandemia da Covid-19)

CATTEDRALE TREVISO EVENTI ARTE E CULTURA PRESENTA:

Come la Sposa e lo Sposo – stanno i lavori di Marie Malherbe per Shir ha Shirim, il Cantico dei Cantici. Opere incandescenti per mille duecentocinquanta parole ebraiche d’inusitata carnalità, frutti rotondi e colorati fioritura assoluta. Marie Malherbe usa, nel suo procedere (tanto luminoso da sfiorare l’oscurità), la chiave prima, fondamentale, dei versi. Non è lieve il Cantico dei Cantici, perché L’Amore è duro / Come la Morte. Del mistero Marie coglie invece la pace dichiarata, l’affido totale, la meraviglia. Come il Cantico, le sue opere si svelano in tappe successive: ai nostri occhi, all’anima, alla mente che tutto ordina, la più coraggiosa – allo spirito (Francesca Brandes – Critica d’arte).

Il Cantico dei Cantici si rivela per il mondo di oggi una potente Scuola dell’Amore e della Ginnastica del Desiderio. Un mondo che di essi parla, canta e scrive in infiniti modi, sottolineandone, però soprattutto, l’impulso consumistico verso la sessualità e il piacere immediato. Impulsi che denotano uno sguardo superficiale e assolutamente miope sull’integrale bellezza della persona, in particolare della Donna (Italo Rui).

 

DOMENICA 1 MARZO Chiesa S. Lucia ore 17.00 Vernissage.
Marie Malherbe presenta il nuovo allestimento. Lettura integrale del Cantico dei Cantici accompagnata dalla musica dell’Ensemble Epiphonus.

MERCOLEDÌ 4 MARZO Chiesa S. Lucia ore 18.30 Introduzione e commento al Cantico dei Cantici. Dott. Laura Bernardi Discepola del Vangelo, biblista.

MERCOLEDÌ 11 MARZO Chiesa S. Gregorio ore 20.30 “Cultura che uccide il femminile” Dott. Elviana Luban – psicologa psicoterapeuta collaboratrice del Centro della Famiglia.

INGRESSO LIBERO

Chiesa S. Lucia – Via S. Vito, 8 – Treviso
Chiesa S. Gregorio – Vicolo S. Gregorio, 7 – Treviso

INFO: 340 8569477

eventi.cattedrale@diocesitreviso.it

www.diocesitv.it/eventiartecultura/


Il Cantico dei Cantici visto da Marie Malherbe

Inaugurazione Mostra ‘SONG OF SONGS’ Domenica 7 luglio ore 19,00 Cannareggio 1145 CAMPO GHETTO VECCHIO – VENEZIA

L’ultima chiave

Beato chi comprende e canta i cantici delle Sacre Scritture!

Ma più beato chi canta e comprende il Cantico dei Cantici …

Origene di Alessandria

Tra una Shin e una Mem, che quasi si sfiorano – come la Sposa e lo Sposo – stanno i lavori di Marie Malherbe per Shir ha Shirim, il Cantico dei Cantici. Opere incandescenti per mille duecentocinquanta parole ebraiche d’inusitata carnalità, frutti rotondi e colorati, fioritura assoluta. Pieno è il ventre dell’amata, della passione che tutta si canta, del trasporto, della libera naturalità che Marie esprime, al suo modo dolcissimo e ieratico.

Lo specchio degli sguardi, la forza dell’elemento femminile, il tripudio della natura che accompagna i versi fa posto, tuttavia – al di là dell’equilibrio estetico – al Nascosto, all’inesprimibile. Nell’ordine del Giardino s’intravvede, ad uno sguardo appena più prolungato, un’onda di assoluto che lascia attoniti, di fronte a tanta verità. Non è lieve il Cantico dei Cantici, perché l’Amore è duro / Come la Morte. Profuma senza limiti, kol rashé besamim, nardo e zafferano, canna aromatica e incenso, ma è duro, forte, roccioso. Anche la materia di Marie, come esposta ad una luce accecante, iperdefinita nella consistenza, non lascia spazio al dubbio. È una dichiarazione d’intenti che cela, nel suo nucleo più profondo, un tesoro. Forse temibile, come si teme l’impeto vitale, il coraggio di dichiarare quell’amore totale, onnicomprensivo.

Marie Malherbe usa, nel suo procedere (tanto luminoso da sfiorare l’oscurità), la chiave prima, fondamentale, dei versi. Parla il linguaggio tenero degli innamorati, quel dodî lî wa’anî lô (il mio amato è mio e io sono sua): trentun volte è ripetuto nel Cantico, dodî, mio amato. Quasi un’eco a cacciare le tenebre, ogni notte, ogni perdita. È il rito della pura reciprocità che i versi celebrano, e l’artista accompagna con tenerezza. Vi siano profumi e libagioni per i due amanti-amati; vi siano monili, abbondanza, in un turbine circolare che li avvolge come un abbraccio e fa ruotare la visione in un’ebbrezza di tinte sontuose.

L’immagine amorosa è sospesa in un sogno, in un Presente senza ombre, in cui il tempo non è destinato a trascorrere. L’intesa perfetta della bipolarità sessuale è vista, innanzitutto, come immagine di Dio, realtà “molto buona e bella”, come sostiene Genesi 1, 27 e 31. Tondo è il ventre fertile della donna, tondi i seni, alti e pieni. Tuttavia, laddove i versi rivelano un piano di lettura differente, l’artista ci fa scorgere altro oltre la materia “molto buona e bella”. Tramite le sue opere, cogliamo il fascino assoluto della bellezza, l’armonia del reale che desidera, ed è talora un desiderio sconosciuto, inatteso. Più grande dei sensi, più complesso dell’immediatezza.

Ciò che stupisce, nel sogno lucido di Malherbe, è l’abbandono dell’oggettività. Oltre l’esegesi (che pure è puntuale), oltre lo studio della simbologia pittorica, oltre la mimesi raffinata che fa parte da sempre della struttura intellettuale di quest’artista, quello che ci tocca è la trasfigurazione delle parole, la scelta della chiave giusta per accedere al mistero. E il mistero è comunione, amore al di là del desiderio, epifania improvvisa del senso di tutte le cose. Anche durezza, certo, anche dolore, che mai ci si aspetterebbe in quel giardino di delizie in cui Marie pone le sue creature. Anche la morte, come grande incognita dei destini.

Marie Malherbe conosce quell’Oltre in cui l’amore sensuale tra un uomo e una donna si trasforma nel seme dell’amore – eterno e perfetto, questo sì capace di trascendere la morte – con cui Dio accoglie gli esseri viventi. È una trasmutazione simbolica fondamentale per comprendere anche la sospensione onirica del Cantico: amore di carne, amore d’anima, amore di fede che tutto supera e contiene allo stesso tempo.

Per questo Shir ha Shirim, che letteralmente significa “Il più alto fra i Cantici”, con valore rafforzativo, oltre a far parte del Libro dei Libri, è divenuto anche un testo fondamentale per la mistica cristiana: ce lo ricordano i Pensieri sull’amore di Dio di Santa Teresa d’Avila e, soprattutto, il Cantico spirituale di San Giovanni della Croce. Lo grida l’Estasi di Santa Teresa del Bernini, nella chiesa romana di Santa Maria della Vittoria, in cui la vergine amante si abbandona alla sua passione incandescente per Dio. Del mistero Marie coglie invece la pace dichiarata, l’affido totale, la meraviglia. Come il Cantico, le sue opere si svelano in tappe successive: ai nostri occhi, all’anima, alla mente che tutto ordina. Per lasciare l’ultima chiave – la più intima, la più coraggiosa – allo spirito.

Francesca Brandes