Archivio Tag: vescovo Michele Tomasi

“Giovani, sognate la vostra vita!” – messaggio del Vescovo per la Giornata di preghiera per le vocazioni

Parlare di vocazione in questo periodo difficile può sembrare un lusso, o una distrazione, oppure un tentativo di pensare ad altro, almeno per un poco.
Si tratta, invece, di prendersi un poco di tempo, per aiutare voi giovani a pensare a ciò che veramente conta nella vita. Nella vostra vita. Si tratta di considerare che cosa abbia veramente valore, e quale sia il valore vero e pieno della vostra esistenza.
“Lasciate sbocciare i sogni, prendete decisioni” (CV, 143), scrive papa Francesco nell’esortazione Christus vivit pubblicata a conclusione del recente Sinodo dei giovani. Nello stesso passaggio egli scrive anche: “Non passate tutta la vostra vita davanti a uno schermo”. Passaggio quasi profetico, in questo tempo dove ancora di più quasi tutte le nostre relazioni e i contatti con il mondo esterno si svolgono – per chi può – tramite computer. Ma il nostro stare davanti agli schermi – e a maggior ragione quello di voi giovani – è ora più di prima la ricerca di contatti veri, reali, per mezzo dello schermo, al di là dello schermo, in vista di rivedersi, quanto prima, faccia a faccia. Per costruire una realtà bella, affidabile, vivibile, sostenibile, abbiamo bisogno di sogni. Abbiamo bisogno di giovani che sognino la propria vita come la risposta a una chiamata, sentita prima in modo un poco indistinto, poi sempre più chiaramente, nella propria mente, nel proprio cuore. Il Papa coglie qualcosa di molto profondo, di molto vero. Per prendere decisioni, queste devono partire da un sogno. Non da un calcolo “costi – benefici”, dalla valutazione di tutte le conseguenze, dai possibili risultati, dalla considerazione delle sicurezze cui si può arrivare in seguito a una decisione. Tutto questo può servire, forse: ma eventualmente in un secondo momento. Prenderai una decisione importante solo quando avrai sognato qualcosa di bello di cui tu sei protagonista. Tu, e tante altre persone che, grazie a te, riescono a essere felici, a dare senso alla propria vita, a fiorire, a spiccare il volo.
Seguire la propria vocazione non vuol dire che qualcuno da fuori ti dice che cosa devi o non devi fare. Seguire la propria vocazione significa che qualcuno ti aiuta a fidarti di te stesso. A cercare davvero che cosa possa fare della tua esistenza quel capolavoro che in potenza è già e che il Signore ha pensato per te dall’eternità. Lo pensa con te, lo pensa assieme a te. Lo ha pensato creandoti e pensandoti per un compito, un servizio, un bene. Lo pensa come una vita donata e costruita assieme, una vita in cui puoi mettere in gioco quanto di bello e di unico tu stai scoprendo nella tua esistenza, e non solamente per te, ma perché attorno a te ci sia sempre più vita piena, e più amore.
Parlare di vocazione, allora, è necessario. Proprio in questa nostra difficile situazione, perché la vita non si può fermare. Perché abbiamo e avremo bisogno di persone che si trovano al posto che occupano perché hanno risposto a una chiamata, e vivono la loro vita come un dono per sé e per gli altri. In ogni professione, in ogni stato di vita. Perché non possiamo rinunciare a un mondo in cui il bene di tutti viene messo al centro dell’esistenza di ciascuno, dove ogni professione cerca di aiutare gli altri a esserci, e a esserci per gli altri.
Perché abbiamo bisogno di papà e mamme che possano creare spazi di bellezza e di accoglienza per i loro figli, in un servizio reciproco che non può essere a termine.
Perché la Chiesa ha bisogno di vite che scoprano la propria bellezza nel dono di sé all’incontro con il Signore Gesù che, vivo in mezzo a noi, vuole continuare a donarsi, anche attraverso di noi. Attraverso di te. Il Signore ha bisogno di uomini e donne che si consacrino a Lui per amore, semplicemente per amore, e che con Lui siano a disposizione come segno, come strumento, come amici affidabili di tutti, senza secondi fini, senza calcoli, senza condizioni. Pensare alla tua vita come la risposta a una chiamata, a una chiamata del Dio della vita, può portarti a qualcosa cui non avevi ancora pensato, ma che poi scopri essere proprio ciò che sognavi, il senso profondo della tua vita.
Ascolta che cosa ti dice la tua chiamata. Ascolta la tua vocazione. Non è tempo perso, tutt’altro. Il sogno di felicità che c’è nel tuo cuore può realizzarsi, e lo può fare quando la tua vita diventa servizio, diventa dono, quando altre persone possono dire: è proprio bello che tu ci sei. Sei un dono grande. Un dono grande alla società, alla Chiesa, alla vita.
+ Michele, Vescovo


Domenica della Parola

Sarà un giorno speciale, da vivere in modo solenne ma anche semplice, nella condivisione fraterna e nella consapevolezza di “possedere” un dono prezioso: è la Domenica della Parola, voluta da papa Francesco per riscoprire il valore e la centralità delle Sacre Scritture.

Treviso celebra la Giornata, voluta dal Papa, con la “Lettura continuata del Vangelo di Matteo”, a cura di numerose persone: dal Vescovo a personalità del mondo delle Istituzioni, delle Forze dell’Ordine, del mondo imprenditoriale, delle professioni e della cultura, tra cui medici, giornalisti, insegnanti, e poi sacerdoti e religiosi, tutti riuniti per una “staffetta” di lettura che vede al centro la Sacra Scrittura.

I PROMOTORI

A promuovere l’appuntamento sono la Diocesi di Treviso, l’Istituto superiore di Scienze religiose (Issr) “Giovanni Paolo I” – Veneto Orientale e l’associazione “Cattedrale eventi”. L’iniziativa è anche una vera e propria anteprima del Festival biblico che a Treviso di svolgerà con una quindicina di eventi dall’8 al 10 maggio, sul tema “Logos – parlare, pensare, agire”.


Messaggio del Vescovo: A Natale comincia una storia d’amore

Buon Natale! Vorrei salutarvi così, semplicemente. Senza giudizi, senza lezioni a chicchessia, senza prediche. In questo mio primo Natale a Treviso mi piacerebbe guardare negli occhi ciascuno di voi che state leggendo queste righe, sia che ci conosciamo già, almeno un poco, sia che non ci siamo ancora mai visti.

Mi piacerebbe che in questo sguardo poteste leggere fiducia, saldezza, speranza; non tanto le mie, quanto quelle che Dio stesso ci dona.
Mi piacerebbe che quel mio debole sguardo potesse trasmettere il calore che io ricevo dal sapermi amato da Dio che, creatore, si mette in mano alla sua creatura, tanto fiducioso da permetterle di rifiutarlo, di negarne persino l’esistenza, o almeno l’autentica volontà d’amore.

So che non è possibile, ma so anche che non è nemmeno necessario: è Il Signore che volge a noi il suo sguardo: è lui che ci guarda e che ci vede. Vede la nostra vita, la nostra fatica. Vede lo sforzo talvolta sovrumano di tanti per continuare a vivere e a prendersi cura, nonostante tutto, di molte altrui fragilità, pur avendo essi a loro volta bisogno di aiuto e sostegno.

Buon Natale: che la nascita del Signore Gesù Cristo sia buona per te, che ti porti bene. Così vorrei che poteste accogliere questo saluto.

Ma per tanti questo augurio rischia di incontrare solamente una pena, magari grande, antica o improvvisa, resa se possibile più acuta e lancinante dal clima festivo che quasi impone serenità e un anelito di pace che fa sentire invece inadeguati o soli, se confrontati con il limite del dolore e della morte. Penso a chi ha perso in modo improvviso una persona cara, a chi porta il peso della malattia e della solitudine, a chi in molti modi si sente scartato, abbandonato, tradito; a chi non riesce più a sperimentare fiducia e calore umano. Penso a chi non trova un posto per vivere, per sostare, per respirare in pace e in sicurezza.

Da solo non riesco a trovare le parole che possano risolvere queste e altre situazioni, o che almeno riescano a riaprire orizzonti. Non ho nemmeno da offrire a ciascuno quello sguardo di fiducia e speranza che vorrei, per quanto disarmato e impotente.

Guardo però quel bambino; lo vedo e credo che lui è Dio. In lui vedo che Dio è proprio così, indifeso, vicino, disponibile, infinito amore che mi chiama a concentrare tutta la mia vita, e anche tutta la storia del mondo in quella silenziosa presenza, in quel suo sguardo, in quella disarmata e disarmante piccolezza.

Lascio allora parlare la fede della Chiesa, le parole che chiamo a stampella della mia finitezza e del mio limite: “Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo” (credo Niceno-Costantinopolitano).

Noi ripetiamo queste parole ogni domenica nell’atto di fede celebrando insieme l’Eucaristia.
Sono parole su cui forse ci soffermiamo poco e che recitiamo senza più inciamparci sopra o senza sentire il bisogno di trattenere il respiro per la meraviglia, ormai anche senza più nemmeno protestare di fronte all’inaudito, senza piangere o cantare per la gratitudine o senza rimanere attoniti per l’inaspettata tenerezza di Dio che insieme sconvolge e riconcilia chi grida il proprio dolore.
Per noi uomini, e per la nostra salvezza: Gesù viene per noi, quello che Gesù fa lo fa per noi, quello che lui è lo è per noi.
Le parole della fede mi fanno riconoscere che quando Gesù pensava, valutava, decideva, agiva, lo faceva pensando a me e a noi, al mio e al nostro bene, che quando egli cresceva in sapienza e grazia lo faceva lasciandosi guidare dal suo amore per me, per noi, dal suo desiderio universale di salvezza. Ogni suo passo – andare da una parte o dall’altra, in Giudea o in Galilea, a casa dei peccatori o verso Gerusalemme, raccontare una parabola o guarire un malato, accettare la croce o rotolare la pietra dal sepolcro – tutto ciò che ha riempito la sua vita è stato determinato dalla sua intenzione di vita per me, per noi, per ogni uomo. Se lui è cresciuto ed è diventato adulto, se nella continua preghiera rivolta al Padre ha vissuto seguendo la sua chiamata; se egli è divenuto il maestro, il pastore, se ha umanizzato meravigliosamente la sua esistenza – vero uomo, vero Dio; tutto questo è avvenuto per me e per noi, per tutti, e lo ha vissuto desiderando il nostro bene, la nostra gioia. A Natale incomincia questa storia d’amore: Lui cresce per far crescere me, lui vive per far vivere me, lui mi ama per far amare me. Lui viene per me, per noi, per tutti.

E allora, semplicemente, a tutti voi: buon Natale.

+ Michele Tomasi

vescovo di Treviso

 

LA NATIVITA’ DI GESU’ DEL PADOVANINO

L’immagine è il quadro della copertina della “Vita del popolo” di Natale. Si tratta della “Natività di Gesù” di Alessandro Varotari, detto il Padovanino, conservata nella chiesa di San Teonisto a Treviso.
I volti di Maria e Giuseppe risplendono illuminati da una luce intensa che squarcia la profondità della notte. Maria solleva, con la mano sinistra, un panno bianco e mostra il bambino Gesù, che giace sul fieno: è lui la fonte della luce, quella luce che splende nell’oscurità della stalla e che le tenebre non riescono a soffocare, vincere, nascondere. Dietro a loro immancabili l’asino e il bue, mai citati dai Vangeli dell’infanzia, ripresi invece da un versetto del profeta Isaia (Is 1,3) ambientano la scena della natività e, allo stesso tempo, seguendo la lettura proposta dai padri della Chiesa, simboleggiano il popolo ebraico e i pagani che riconoscono e adorano il loro Signore. Sullo sfondo in lontananza notiamo un riverbero di quella stessa luce. È l’angelo che annuncia ai pastori la nascita del Salvatore, destandoli dal loro torpore e invitandoli a mettersi in cammino verso la mangiatoia di Betlemme. Domani Giuseppe e Maria inizieranno con il loro figlio un lungo e faticoso cammino, ma oggi i loro volti sono estatici, rapiti dalla gioia di questa nascita, di questa nuova luce, nella contemplazione del mistero di Dio che si fa bambino. (don Luca Vialetto)