Una preghiera partecipata da numerosi fedeli e dai sacerdoti della città, quella presieduta oggi pomeriggio, 1° novembre, al cimitero maggiore di Treviso dal vescovo, mons. Michele Tomasi.
Di fronte “ai sepolcri della nostra esistenza, là dove le relazioni con le persone care si sono interrotte, a volte dopo una lunga malattia, a volte all’improvviso, a volte di fronte a vite “sazie di giorni”, come dicono le Scritture, a volte di fronte al mistero doloroso di vite giovani o piccole che sono stroncate, siamo qui, con Maria Maddalena, piangenti ai sepolcri, quando il ricordo dei nostri cari si fa più vivo” ha sottolineato il Vescovo, che ha però invitato a fare “l’esperienza che ha fatto Maria Maddalena: quel sepolcro è vuoto e la voce di Cristo la chiama per nome, con amore. Abbiamo chiesto al Signore il dono di questa fede? Possiamo fare quell’incontro? Riusciamo a fare spazio, nella nostra vita quotidiana, presi da mille cose da fare, a quel silenzio nel quale possa risuonare il nostro nome, chiamato con amore dal Dio della vita? Nelle Scritture, nella preghiera comune, nella capacità di guardare con uno sguardo nuovo chi ci sta accanto, nella capacità anche di piangere, perché il distacco rimane doloroso, ma con gli occhi che sanno guardare, attraverso le lacrime, a una luce di alba nuova che risorge assieme a quella voce del risorto. Chiediamo la fede nel Cristo risorto, risorto negli abissi della crudeltà dell’uomo, nella fatica di chi non ha il necessario per questo giorno, in chi è vittima di violenza, di odio, in chi è lasciato solo nell’indifferenza Chiediamo di essere portatori, noi, di quella voce che dice un nome per troppo tempo taciuto e dimenticato, che fa ricordare a persone abbandonate che sono amate, e a noi che siamo chiamati a eternità”.
“Queste tombe che ora benediremo, sappiamo che custodiscono le spoglie mortali dei nostri cari, ma che non li imprigionano, perché loro sono vivi della stessa vita del risorto, vivi nell’amore di Dio, vivi in una gioia, in una luce, in una pace alla quale forse abbiamo smesso di aspirare, ma che è il nostro destino. Riusciamo a consolarci a vicenda con le parole dell’amicizia e della fede? Riusciamo a dirci insieme che, al di là di ogni dolore, ci incontreremo in una gioia che è grande, dolce, tenera, infinita come l’amore di Dio, come l’abbraccio di Maria Santissima, come lo sguardo amico dei santi e delle sante?” la domanda del Vescovo, che ha poi invitato a “proclamare in questo nostro mondo, spesso indifferente, la parola della fede, che è l’unica che serve: Il Signore è veramente risorto e noi con lui saremo dei risorti. E lo siamo assieme a coloro che ci hanno preceduto, nella vita e nella fede”.
Dopo la liturgia della Parola e la riflessione del Vescovo, la benedizione dei sepolcri, con la processione dei sacerdoti e dei fedeli.
Al mattino, in cattedrale, il Vescovo ha celebrato la messa nella solennità di Tutti i santi, ricordando che la carta d’identità dei cristiani sono le Beatitudini. “Diventare santi richiede di fidarsi pienamente del Signore e della sua Parola. Significa amarlo così tanto, da desiderare di vivere così come Lui ci mostra e ci chiede. Le Beatitudini rivelano “il volto del Maestro”, ed esse stesse devono diventare la nostra Carta di identità. Dobbiamo assomigliargli dunque nella vita, nei pensieri, nei desideri, nelle opere – ha messo in luce il Vescovo -. Ed è consolante ricordare che in questo cammino non siamo da soli, e che molti prima di noi lo hanno percorso: sono questi i Santi e le Sante, Cristiani innamorati di Dio, trasformati secondo la misura dell’amore di Cristo. La varietà delle loro esperienze e la molteplicità delle loro storie ci mostrano con evidenza che c’è posto anche per noi: il Signore sta aspettando il frutto dei talenti donati a ciascuno di noi, ci promette beatitudine, felicità, e rende capace ciascuno di noi di amare Dio ed i fratelli secondo le nostre personali capacità”.






