“Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!»” (Lc 24, 36). Così il Vangelo di Luca ci racconta il primo incontro di Gesù risorto con tutti i suoi discepoli, gli Undici e gli altri che si trovavano con loro. E’ un saluto, è una formula, certo, che dice però l’atteggiamento profondo di Gesù quando incontra i suoi. Egli si fa riconoscere e vuole vincere il loro stupore, vuole che lo possano riconoscere e incontrare senza paura. Loro infatti sono spaventati, pensano di vedere un fantasma, ma Lui si fa riconoscere e non augura altro che «pace».
Gesù riconcilia a sé i suoi. Non li rimprovera perché lo hanno rinnegato e abbandonato, perché non sono stati capaci di vegliare al suo fianco o perché non hanno fatto nulla per difenderlo. Gesù si mostra loro pienamente benevolente, assolutamente amico. Si presenta in tutta gratuità, non chiede nulla se non di essere riconosciuto, creduto e accolto. La sua è immediata e incondizionata presenza di riconciliazione e di pace.
Anche il Vangelo di Giovanni racconta dell’incontro e del saluto, che qui ricorre addirittura due volte, in rapida successione. La seconda volta, addirittura, il saluto diviene un compito rivolto ai discepoli: “Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi»” (Gv 20,21). L’atteggiamento così disarmante di benevolenza diventa l’invito a essere come lui, a lasciarsi trasformare da questa relazione del tutto nuova di perdono e di pace.
Il saluto che introduce un incontro riconciliato e riconciliante inaugura il nuovo stile di vita dei discepoli, accolti da Gesù nella sua esperienza di vittoria contro la morte: ecco l’unica vera vittoria che genera pace autentica.
Il Risorto conferma il suo stile e il suo insegnamento di quando camminava per le strade di Galilea e di Giudea e compiva le opere del Padre suo: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9).
Il Risorto dona pace e introduce in una comunità rinnovata che vive quasi una nuova creazione, nella quale è possibile vivere da fratelli amati.
Gesù Risorto ci viene incontro anche oggi, in questo nostro tempo in cui pace, riconciliazione e perdono sembrano parole vuote, rese irrilevanti dall’aggressività e dalla violenza che si diffondono a tutti i livelli della vita, da quelli più familiari e intimi a quelli delle grandi vicende internazionali.
Non lasciamoci prendere dallo sconforto e dalla rassegnazione, e continuiamo a chiedere con fede ostinata al Signore Risorto che faccia di noi degli operatori di pace.
La giustizia – che è e che rimane esigenza che non potremo mai trascurare – si raggiunge solamente se ci saranno donne e uomini disposti a donare qualcosa di sé per testimoniare la forza di Cristo: siamo chiamati a non lasciarci vincere dal male, e anzi a vincere il male con il bene (cfr. Rm 12,21).
Possiamo farlo nelle nostre famiglie, nel vicinato, nelle nostre comunità cristiane e nei luoghi della vita e del lavoro. Possiamo farlo nell’impegno per il bene comune, prendendoci cura dei fratelli e delle sorelle più soli, poveri e trascurati. Possiamo farlo prendendoci cura del creato, assumendo stili di vita più attenti e responsabili. Possiamo farlo da artigiani della pace, come ci chiede spesso di fare papa Francesco, per poter mostrare anche ai grandi della storia vie che permettano loro di uscire dalle secche del conflitto in cui stanno facendo arenare il nostro tempo.
L’anno scorso avevo scandito gli auguri di Pasqua sulla lettura dell’enciclica di papa Giovanni XXIII “Pacem in terris”, e auguravo a tutti noi di poter costruire l’edificio della pace sui quattro pilastri indicati allora dal Papa: “la verità, la giustizia, l’amore e la libertà”. Continuiamo su questa strada, senza stancarci, anche se il nostro mondo ha sperimentato in questi ultimi mesi conflitti ancora più violenti, che sembrano quasi inevitabili e si vedono poche e fragili prospettive di miglioramento.
L’augurio per la Pasqua di quest’anno è di continuare a credere nella presenza del Risorto, e alla missione che Lui ci affida. Il fondamento non sono le nostre forze, ma la sua presenza, la sua vittoria sul male e sulla morte, il suo amore per noi e per tutta l’umanità. Chiediamo al Risorto il dono della Speranza, il suo coraggio contro il male e la luce della sua Parola. Amiamo il suo modo di vivere, di parlare, di agire, di incontrare le persone e di annunciare l’amore del Padre. Possiamo trovare tutto questo nel Vangelo, e amando e conoscendo sempre meglio la Parola di Dio saremo capaci di vivere come Lui, di amare come Lui.
Per questo Lui ci invia, e, vivente in eterno, non ci lascia mai soli.
Buona Pasqua, di speranza e di pace, a tutti voi.
Michele Tomasi, Vescovo di Treviso