Molti fedeli hanno partecipato, nel pomeriggio di domenica 2 giugno, alla celebrazione eucaristica solenne, presieduta dal Vescovo e concelebrata da numerosi sacerdoti, in particolare dai canonici del Capitolo della cattedrale e dai parroci della città di Treviso. Una celebrazione a cui è seguita la processione con l’ostensione del Santissimo sacramento, dal duomo al tempio di San Nicolò.
Nell’omelia mons. Tomasi, a partire dall’esperienza del popolo di Israele nel deserto, ha messo in luce il valore dell’ascolto autentico, che viene dopo l’obbedienza e la fiducia che spingono ad agire. Così è per la celebrazione eucaristica, un dono immenso, di cui fatichiamo a comprendere appieno il significato. Ecco che noi “celebriamo l’eucaristia, viviamo questo momento, e poi prestiamo ascolto. Viviamo l’esperienza, riceviamo stupiti il dono, e poi ascolteremo quanto in esso il Signore ci dice. E ci dona. E poi ascolteremo quello che cresce in noi, la chiamata alla conversione, l’impulso di amore che ci fa comprendere in modo nuovo il Vangelo che ascoltiamo e che si fa vita vissuta”. “Intanto prendiamo e mangiamo – ha sottolineato il Vescovo -, intanto spezziamo il pane, intanto rendiamo grazie. Solo celebrando l’Eucaristia, solo ricevendo il Corpo di Cristo, solo vivendo quest’esperienza potremo poi prestare ascolto. Perché allora sarà il Signore in noi che ci parlerà, sarà il suo Spirito di vita che ci condurrà alla verità tutta intera”.
L’OMELIA INTEGRALE:
Dopo che Mosè ebbe letto il libro dell’alleanza, dopo che il popolo ebbe offerto il sacrificio in occasione del dono della Parola e della legge al popolo, tutti insieme gli Israeliti dissero «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto».
Sembra sbagliato l’ordine dei verbi, delle azioni: prima si ascolta, e poi si esegue ciò che si è ascoltato, ci verrebbe da dire e da correggere. Certo, se non ho sentito cosa mi dici, come posso fare quanto mi chiedi.
È vero. Eppure – ed è così in occasione di ogni atto autentico di ascolto, e anche di obbedienza: se mi fido che tu mi vuoi bene, che mi conosci e che hai molta più esperienza di me nella vita (o anche solo in un campo ben definito dell’esistenza), allora potrò non avere bisogno di aver compreso bene quanto mi hai detto per fare quanto chiedi, e in fondo neppure di essere convinto che sia vero e che si tratti davvero di una buona idea, e sarò disposto a fare ciò che mi dici.
E poi «presterò ascolto», presterò piena attenzione a quello che mi hai detto, e a quello che con te ho fatto, a quello di cui ho avuto esperienza.
E capirò sempre meglio, e gusterò sempre di più.
E sempre più saprò di aver fatto bene a fidarmi di te, e sentirò, e gusterò sempre di più la tua bontà ed il tuo amore verso di me.
E sarò sempre più disposto a fidarmi di te e di quanto mi dici, anche senza capire.
Così cresce la fiducia amorosa, così assume senso pieno l’ascolto e l’obbedienza, così si arricchisce la mia esperienza.
Così è stato per il popolo di Israele nel deserto. Si sono fidati – pur tra prove, incertezze, tradimenti – e sono cresciuti nella relazione di amore con Dio che li ha liberati dall’Egitto, dall’oppressione.
E così è per noi, di fronte al dono immenso dell’Eucaristia. L’evangelista Marco non lo riporta nel suo racconto, ma ce lo narrano Luca e Paolo nella prima lettera ai Corinzi: il Signore ha detto: “fate questo in memoria di me”, e così ricordiamo, in ogni celebrazione eucaristica.
Celebriamo l’eucaristia, viviamo questo momento e poi prestiamo ascolto. Viviamo l’esperienza, riceviamo stupiti il dono, e poi ascolteremo quanto in esso il Signore ci dice. E ci dona. E poi ascolteremo quello che cresce in noi, la chiamata alla conversione, l’impulso di amore che ci fa comprendere in modo nuovo il Vangelo che ascoltiamo e che si fa vita vissuta.
“Prendete, questo è il mio corpo”. E “questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti”.
Cosa significa questo è il mio corpo, questo è il mio sangue? Per noi sono pane e vino. Possiamo davvero comprendere cosa significhi un dono così, così grande, estremo, totale di Gesù? Darsi come cibo, lasciarsi spezzare, condividere tutto di sé? Come è possibile?
Intanto prendiamo e mangiamo, intanto spezziamo il pane, intanto rendiamo grazie. Solo celebrando l’Eucaristia, solo ricevendo il Corpo di Cristo, solo vivendo quest’esperienza potremo poi prestare ascolto. Perché allora sarà il Signore in noi che ci parlerà, sarà il suo Spirito di vita che ci condurrà alla verità tutta intera. E l’ascolteremo con attenzione più grande, con fiducia più profonda, e l’ascolto susciterà un desiderio più ardente di incontrarlo ancora, di fare quanto ci dice, e di ascoltare ancora e ancora la vitalità della Parola.
E in questo circolo di obbedienza e di ascolto non avremo bisogno di inventare nulla, non dovremo costruire cose particolari, perché con il Signore la vita si trasforma: facciamo, ascoltiamo e poi vivremo in maniera differente, e saremo sempre un po’ di più come è Lui.
La fede nella presenza reale del Signore nell’Eucaristia viene alimentata solamente dalla celebrazione dell’Eucaristia: la fede apre a una fedeltà, nutre e sostiene un’esperienza che ci avvicina alla Parola che ascoltiamo, e che ci permette di comprenderla in modo nuovo.
Compiendo insieme i gesti che la Chiesa ci dona nella celebrazione entriamo nell’abbraccio di amore di Dio per noi. E, abbracciati, ci troviamo uniti tra noi, responsabili per i fratelli e le sorelle, servitori del bene di ogni uomo, custodi del creato.
“Questo è il mio corpo”. “Amate i vostri nemici”. “Perdonate settanta volte sette”. “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. “Date loro voi stessi da mangiare”. “Portate i pesi gli uni degli altri”.
Ecco Parole di vita che sono radicate nel medesimo mistero, che è la vita stessa di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo (assieme a tante, tante altre, a tante che portiamo nella mente e nel cuore, che ci affascinano ma che lasciano anche timorosi, a volte distanti).
Riceviamo queste parole all’interno della Celebrazione eucaristica: eseguiamole prima, e poi prestiamo loro ascolto, attenti a quanto cambia nella vita se le accogliamo e viviamo di conseguenza: mangiamo, amiamo, perdoniamo, condividiamo.
La celebrazione alimenterà la vita e la vita sarà una grande Eucaristia: incontro con il Cristo vivente, comunione con i fratelli e le sorelle, banchetto di gioia condivisa con tutta l’umanità, gioia vera, gioia senza fine.
Solennità del Corpo e Sangue di Cristo
2 giugno 2024
Cattedrale di Treviso
omelia del vescovo Michele Tomasi