L’Assemblea ha votato le scelte per un “nuovo corso” della nostra Chiesa

Quanto avviene questa sera non è tanto una conclusione, ma è semplicemente un inizio. Vorremmo aiutare la nostra Chiesa a collocarsi ai “blocchi di partenza” per un percorso futuro”. Le parole del vescovo, mons. Gianfranco Agostino Gardin, offrono il senso complessivo del Cammino Sinodale 2017, che si è concluso venerdì 17 novembre con la quarta e ultima Assemblea. Seguirà, il 15 dicembre a San Nicolò, la consegna dei frutti di tale Cammino a tutta la Diocesi.
L’Assemblea Sinodale del 17 novembre era chiamata a delle scelte per il futuro della nostra Chiesa. In particolare, si trattava di confermare quella che è stata individuata come scelta chiave (cioè l’apertura di una “stagione nuova” e il radicamento del metodo “sinodale” nei vari Consigli di partecipazione ecclesiale), e di scegliere, tra due opzioni, una concretizzazione per dare fiato e spessore alle tre situazioni in precedenza individuate come prioritarie: le fatiche e le risorse delle famiglie, la fede vissuta nella quotidianità della vita, i poveri e le nostre comunità cristiane. L’Assemblea, attraverso la votazione, ha confermato a grandissima maggioranza la scelta chiave. Ed ha poi dato un indirizzo, in qualche caso al “fotofinish”, in merito alle situazioni. Nell’articolo a fondo pagina appare il testo di ogni proposizione votata.
Prima della votazione c’era stato l’intervento del Vescovo, cui aveva fatto seguito un momento di dibattito e “dichiarazioni di voto”. Molti interventi sono stati orientati a “stimolare” la nostra Chiesa sulla dimensione della missionarietà, a “sintonizzarla” sulla celebre espressione di papa Francesco: essere “Chiesa in uscita”.

“Questa è soltanto un’aurora”
Mons. Gardin ha, come accennato, posizionato il Cammino Sinodale come una prima tappa di un lungo processo, non nascondendo al tempo stesso un’ambizione: quella di imprimere un “nuovo corso” alla nostra Chiesa. Più volte, durante l’intervento, sono state richiamate le celebri parole riferite al Concilio Vaticano II: “Tantum aurora est!” (“Questa è soltanto un’aurora”).
Il Vescovo ha poi spiegato: “Per restare all’immagine dell’aurora, credo che dobbiamo guardarci da un duplice rischio: che non sia solo un’aurora boreale, fantasmagorica nei colori, ma dove il sole non si alza nel cielo; che non sia neppure – secondo rischio – un’aurora del solstizio d’inverno nei paesi del Nord, in cui il sole tramonta poche ore dopo essere sorto. Ci sarà chiesta una tenace perseveranza, fatta di concretezza, realismo, ma anche di reale fiducia nello Spirito. Vogliamo che lo stupore e l’entusiasmo dei due di Emmaus che hanno incontrato il Risorto non si attenui o, peggio, non si spenga”. E, riferendosi all’immagine evangelica della casa costruita sulla roccia ha proseguito: “Vogliamo costruire sulla roccia «mettendo in pratica», cioè mettendo mano alle prassi della nostra Chiesa e delle nostre comunità”.

Una Chiesa capace di ascoltare
Mons. Gardin ha poi spiegato l’importanza e l’urgenza della scelta chiave, dedicata ai vari Consigli, utilizzando alcuni passi di un recente libro del teologo Giuliano Zanchi. Vi si legge tra l’altro: “Solo una Chiesa in cui ci si ascolta diventa capace di ascoltare”. Pertanto, “riattivare quella attitudine specifica del popolo di Dio era stato uno degli impegni della riforma conciliare, che non si era limitata a generiche espressioni di principio, ma aveva sollecitato l’introduzione di reali pratiche di ascolto, formalizzate nell’invenzione di nuovi organismi di partecipazione alla vita pastorale della Chiesa. La nascita dei vari consigli pastorali, introdotti a diversi livelli dell’organigramma ecclesiastico, voleva tradurre in pratiche concrete quegli auspici di una corresponsabilità più allargata nella vita della Chiesa. A distanza di tanti anni tutti concordano nel constatare il fallimento, almeno nelle sue ambizioni più alte, di quel progetto di un ascolto istituito. I consigli pastorali diocesani e parrocchiali sono rimasti luoghi di una consultazione puramente formale, mai veramente efficaci nel produrre un ripensamento comunitario della vita pastorale, salvo rarissime eccezioni che non hanno mai avuto la forza di divenire una profezia. (…) L’organizzazione delle curie (…) ha finito per assorbire direttamente quella funzione di discernimento e di impostazione che dovrebbe provenire da un intreccio di relazioni dentro la Chiesa molto più composito e articolato”.
Scrive ancora Zanchi, a proposito della “sinodalità” più volte evocata da papa Francesco: “Favorire e organizzare un vero ascolto nella Chiesa è un compito che viene messo alla prova dagli strumenti concreti messi in campo per renderlo effettivo. La storia ci dirà se in futuro ne saremo capaci. Il presente ci dice che è necessario”.

Cambiamenti per un “nuovo corso”
Nell’ultima parte dell’intervento il Vescovo ha spiegato il senso delle altre scelte che stavano per essere votate: “Chi leggesse solo le scelte ultime del nostro Cammino Sinodale come sono formulate nelle schede consegnate, potrebbe reagire dicendo: «Tutto qua? E ci voleva tanto lavoro?!». Ma si tenga conto (e eventualmente si dica ad altri) che… tantum aurora est. Noi siamo mossi dalla volontà di imprimere – passi l’espressione presuntuosa – un “nuovo corso” alla nostra Chiesa, sulla spinta di Evangelii Gaudium (come, del resto, intendevano fare anche i Sinodi diocesani del passato); ma siamo consapevoli che quanto verrà scelto questa sera non è e non sarà ‘il’ nuovo corso, o ‘il’ cambiamento: vuole essere più modestamente ‘un’ cambiamento, forse modesto. Si tratta del primo cambiamento, convinti che si dovrà continuare, che ce ne vorranno altri. Ma tutti, il primo e i successivi, da condurre con pazienza e con una costanza che dovremo sempre invocare dal Signore Risorto”.
Per questo, “rifletteremo se sarà il caso di parlare di un Cammino Sinodale 2018 (e successivi…). Dovremo comunque applicarci – non certo semplicemente ripetendo, bensì valorizzando l’esperienza di quest’anno – ad un lavoro sinodale ancora proteso a far crescere la nostra Chiesa nella capacità di porre Gesù Cristo al centro della sua vita e di impegnarsi nella cura della fede degli adulti”.
Bruno Desidera