L’«Eccomi» di Luca per una vita donata capace di amare sul serio

Molte persone, tra cui tanti giovani, hanno preso parte ieri pomeriggio, sabato 22 aprile, in cattedrale, alla celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Michele Tomasi, con il rito di ordinazione diaconale di Luca Volpato, giovane studente del nostro Seminario.

Un momento di gioia per la sua famiglia, per la famiglia del Seminario, riunita per l’occasione, dal minore ai giovani studenti della Teologia, il rettore, gli educatori e gli insegnanti, alla parrocchia di origine, Ballò di Mirano, insieme a Scaltenigo, e alle comunità nelle quali Luca ha prestato servizio. Una gioia che è della Chiesa tutta. Ed è proprio la Chiesa, la “santa madre Chiesa” a chiedere che un giovane venga ordinato diacono, a suo servizio, a servizio del Signore, e a servizio di tutto il mondo, come ha sottolineato il vescovo nell’omelia, rivolgendosi a Luca.

Pubblichiamo l’omelia del Vescovo:

È sicuramente un momento importante della tua esistenza, caro Luca. Davanti a tutta la comunità hai appena dichiarato il tuo «Eccomi», la tua disponibilità a metterti a servizio, a donare la tua vita agli altri, dopo che la Chiesa ha chiesto che tu venga ordinato diacono.

Sì, carissimo. Sei tu che hai presentato la tua disponibilità, ma è la Chiesa che chiede che tu venga ordinato a suo servizio, a servizio del Signore, a servizio di tutto il mondo.

Ecco un passaggio importante, e vorrei davvero che non si trattasse solamente di una formalità, prevista dal rito, ma che diventasse realtà importante nella vita tua e della nostra Chiesa. E che cosa significa, in concreto, che sia la Chiesa a desiderare che tu diventi diacono?

Certamente questo ha a che fare con il tuo percorso di formazione, incominciato in famiglia, in parrocchia, e proseguito nelle molteplici relazioni in cui hai incontrato il Signore ed il suo Vangelo, con tante persone che hanno dato buona testimonianza di te. Ha a che fare con il contributo degli educatori del Seminario che in questi ultimi anni ti sono stati compagni di strada, che ti hanno aiutato – e lo faranno ancora – a chiarire i contenuti e le conseguenze delle tue scelte, le possibilità dei tuoi talenti, il valore anche dei tuoi limiti e del tuo bisogno di aiuto da parte degli altri.

Ma che sia «la santa Madre Chiesa» che chiede che tu sia ordinato diacono deve voler dire anche qualcosa di altro, di grande e di profondo.

La Madre Chiesa desidera che tu diventi diacono, e lo chiede oggi. È la Chiesa, corpo di Cristo, Popolo di Dio che ha bisogno di chi si metta a servizio, con autenticità ed in pienezza, con tutta la vita, non soltanto per un certo periodo, non solamente con una parte di sé, senza riserve, senza condizioni. È la maternità della Chiesa, non la sua organizzazione, non le sue strutture, non i suoi membri o una qualche idea che la descrive e la rappresenta. La Chiesa Madre, che genera figli, che genera vita nuova, che accoglie nel suo grembo la presenza sempre nuova del Crocifisso Risorto, la Chiesa nella sua forma più bella di spazio di vita in pienezza chiede che tu venga ordinato diacono. Per vivere questa sua dimensione, la Chiesa ha bisogno concretamente di persone che si mettano a servizio, che mostrino a tutti come ci si mette in gioco, che vivano da servi, partendo dall’Eucaristia e dalla Parola di Dio, per incontrare il corpo di Cristo e il Verbo eterno nelle ferite di chi soffre ingiustizia, di chi viene escluso e tradito dalla vita o dai fratelli, di chi ha bisogno di essere visto nella sua dignità, incontrato, accolto e amato.

La Chiesa che vive della Parola di Dio non può fermarsi alle parole, non ai grandi proclami e tanto meno alle chiacchiere.

Non può nemmeno continuare senza posa e senza sosta a «conversare e questionare», come facevano i due discepoli di Emmaus. La Chiesa non ha bisogno di dibattiti, di recriminazioni, di rimpalli sulle responsabilità per quello che non funziona. Non ha bisogno né di «profeti di sventura», né di cassandre, né di facili profeti dell’ovvio. Ha semplicemente bisogno che ci siano simboli viventi, nella realtà della storia, della carne, delle relazioni umane, segni eloquenti di Gesù servo: di un Dio che assume la condizione di servo, di schiavo. La Chiesa chiede questo, chiede che tu, proprio tu, così come sei, lasci le mezze misure, le timidezze, la ricerca di un posto fisso o l’ancoraggio a certezze che non siano il Vangelo di Cristo, la gioia della sua risurrezione, la potenza della sua Croce. La Madre Chiesa, la Chiesa madre amorevole, ti offre di poter prendere il largo, di poter vivere una avventura grande, di allargare sempre di più il tuo cuore e la tua mente, fino a risuonare come un diapason della bellezza della voce di Cristo.

Troppo spesso siamo “stolti e lenti di cuore”, proprio come i due che lasciavano delusi Gerusalemme, per scappare altrove. Stolti, sì, senza cervello, e con un cuore così lento che non riesce ad osare ad amare sul serio.

Siamo in un tempo e siamo persone che credono di sapere tutto e di tutto accogliere, ma che non sanno più far risuonare la semplice, sobria e grandiosa novità delle parole di Vangelo: buona notizia anche per oggi.

Come i discepoli di Emmaus ascoltiamo tanto le Scritture, ma spesso non udiamo davvero la Parola. E abbiamo paura di amare, perché sappiamo che questo amore ci chiederà gesti concreti e rinunce, talvolta faticose, che ci farà male, che ci donerà sempre nuove inquietudini accanto a chi ha bisogno di vita e di speranza, e di giustizia e di dedizione.

Per questo, anche per questo, la Madre Chiesa chiede che tu venga ordinato diacono.

Hai detto il tuo «Eccomi» per una vita donata: ora ti impegnerai nel servizio, alla mensa del Signore e a quella delle povertà che imparerai a vedere e a incontrare; nella preghiera. Che sia sempre ascolto da figlio e fratello, e dialogo di innamorato con Dio Padre amorevole; nel celibato, segno eloquente, fedele e umile di un Regno che sa dare sostegno, compagnia e amore autentico; nell’obbedienza, che diventa fiducia e riprova concreta di una vita plasmata dalla compagnia di concreti e reali fratelli e sorelle.

Chiederai oggi e ogni giorno a quel viandante – che magari anche ti inquieta con il suo racconto ed il suo monito – gli chiederai di fermarsi a casa tua e dei tuoi compagni di viaggio. Lo riconoscerai allo spezzare del pane, del pane alla mensa dell’Eucaristia, del pane della solidarietà e della fraternità.

E saprai dire, e dirai a tutti noi, e insegnerai a tutti noi, con la parola e con l’esempio, a dire con commozione e con gioia: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?

E poi, insieme, partiremo senza indugio.