L’Ufficio Nazionale per la Pastorale fra i Rom e i Sinti (UNPRES) è l’ultimo anello nella storia della Chiesa Cattolica Italiana con i Sinti e i Rom. Questi sono stati i passaggi fondamentali che lo anno preceduto:
- nel 1952 la Sacra Congregazione Concistoriale prese sotto la sua responsabilità l’azione pastorale di un sacerdote di Reggio Emilia, d. Dino Torreggiani, fondatore di un Istituto secolare, i ‘Servi della Chiesa”, il quale, fin dal 1930, con l’aiuto di collaboratrici dell’Azione Cattolica, si dedicava alla cura spirituale di queste persone. Furono realizzate così l’“Assistenza religiosa agli spettacoli viaggianti ed ai circhi equestri” e la “Missione cattolica degli zingari”.
- Nel 1958 la medesima Congregazione approvò il primo Statuto dello “O.A.S.N.I. (Opera Assistenza Spirituale Nomadi in Italia) e nel 1965 essa venne assunta dalla C.E.I. nella Commissione per le Migrazioni. In questo anno avvennero due fatti significativi per la Chiesa zingara in Italia: una comunità di Piccole sorelle di Gesù andò a vivere in carovana condividendo la vita dei Rom e dei Sinti e per la prima volta a Pomezia, un papa, Paolo VI, si rivolse loro dicendo: “Voi siete nel cuore della Chiesa”.
- Nel 1970, un sacerdote diocesano, d. Mario Riboldi di Milano, mandato dal suo Vescovo ad evangelizzare i Sinti e i Rom, scelse di farlo dall’interno, vivendo con loro. Condividere non fu più solo la scelta legata al carisma di una Congregazione, ma un modo di evangelizzare, ed altri, sacerdoti, religiosi e laici hanno scelto questa via.
SOGGETTI DELL’EVANGELIZZAZIONE
Ambiente privilegiato per l’evangelizzazione è senza dubbio la famiglia. Qui un bambino viene educato ad essere un vero e giusto rom e lo stesso accade alla bambina, qui entrambi imparano la loro dipendenza dal divino e i modi di rapportarsi ad esso, i luoghi preferiti dalla loro parentela per questo incontro e il rispetto, in un certo senso a metà strada fra il divino e l’umano, per i membri della comunità che sono morti.
Atti votivi, pellegrinaggi, benedizioni, maledizioni avvengono in questo contesto che del resto è lo
stesso al quale vengono ricondotte tutte le esperienze vissute fuori dalla comunità per essere veri ficate. Il messaggio evangelico innesta la sua novità su questo impianto antico. Si sintonizza con quegli elementi della vita zingaresca presenti anche nel messaggio stesso, quali la radicalità con cui
viene vissuta ogni situazione (ed il suo contrario) e la precarietà (che rende relativi i momenti belli ed anche quelli brutti).
Sono perciò i genitori, che accolto il messaggio lo ri-esprimono ai loro figli nel trasmettere la Parola, negli atti di culto, nell’insegnamento delle norme di vita per promuovere un cambiamnneto interiore.
Sono sempre i genitori che, dimostrando disponibilità all’ascolto e rispetto per quanto viene trasmesso, rendono credibile il sacerdote o il catechista non-zingaro, mediano e traducono il messaggio nella forma più comprensibile, oppure si dimostrano aperti verso un’altra famiglia o un’altra persona del gruppo che avendo vissuto un’esperienza religiosa più intensa si fa latrice della proposta. I genitori sono comunque i testimoni della fedeltà all’annuncio che hanno a loro volta ricevuto e nei confronti del quale si sono più o meno impegnati.
In modo più lato, anche il gruppo è fonte più attendibile per il rom e questo è uno dei motivi che ha indotto alcuni sacerdoti italiani a postulare la causa di beatifìcazione del gitano spagnolo Céferino
Jimenez Malla, detto “il Pelé”, che avendo concluso con il martirio una vita cristiana esprime un modello per il rom cristiano ed è occasione per una maggior consapevolezza della piena appartenenza di questo popolo alla chiesa cattolica.
La figura dell’Operatore è quella di uomo-ponte tra due culture e due mentalità. La funzione di uomo-ponte postula la piena consapevolezza che il suo è un vero ministero missionario, il quale include:
® la disposizione a “partecipare permanentemente, o almeno con una certa stabilità» alla vita di questo popolo (indicazioni pastorali sulle migrazioni e il turismo 1978) «con il medesimo impulso con cui Cristo, attraverso la sua incarnazione si legò a determinate condizioni sociali, culturali degli uomini con cui visse»(Ad Gentes, n. 10).
® la conoscenza approfondita del gruppo, i responsabili pastorali devono essere «adeguatamente forniti di cognizioni nella stessa lingua e cultura» (indicazioni pastorali sulle migrazioni e il turismo 1978 – cfr. C. D. n. 23) delle persone cui si rivolgono.
L’Azione Pastorale deve tendere a formare dei «gruppi di fedeli che, in possesso del patrimonio culturale della nazione cui appartengono, deve mettere radici nel popolo, da cui germoglino famiglie dotate di spirito evangelico.» (Ad Gentes, 15)
E’ pertanto da preferire un’azione a raggio ridotto, ma approfondita ad un’azione a largo aggio, ma superficiale. Si tenga presente che un’assistenza religiosa saltuaria, in genere richiesta in occasioni particolari quali battesimi e funerali è già prestata dalle singole Chiese locali e che «scopo della evangelizzazione è il cambiamento interiore (…) convertire la coscienza personale e collettiva degli uomini, l’attività nella quale essi sono impegnati, la vita e l’ambiente concreto loro proprio.» (EN, 18).




