L’esperienza vissuta in questi giorni nella Basilica di san Paolo fuori le mura, per la Prima Assemblea sinodale, è stata unica nel suo genere. Unico è stato questo convenire di delegati, vescovi e invitati da tutte le 226 diocesi d’Italia, accanto alla Presidenza e al Comitato nazionale, ai rappresentanti degli uffici Cei e delle Commissioni episcopali, per pensare e costruire assieme una Chiesa italiana sempre più missionaria e sinodale, avendo come riferimento il Maestro e la sua Parola.
I lavori svolti in questi tre giorni attorno ai tavoli sinodali (suddivisi in 17 tematiche) sono stati molto intensi e sentiti da tutti i partecipanti e porranno un ulteriore tassello al grande lavoro del Cammino sinodale italiano cominciato circa tre anni fa. Quanto emergerà da questi tre giorni di lavoro andrà, infatti, a costituire lo Strumento di lavoro che sarà poi inviato alle Diocesi per continuare il lavoro sulle tematiche, in un percorso che porterà tutta la Chiesa a raggiungere le cosiddette “proposizioni”, ossia proposte concrete, che saranno poi vagliate dai nostri Vescovi, nel maggio 2025, e rese definitive.
La prima Assemblea non è l’ennesimo lavoro di gruppo, riunione o grande evento, ma una vera e propria esperienza ecclesiale di incontro, preghiera, celebrazione, condivisione come non si è mai visto. E’ il proseguo e tappa importante di un processo (parola tanto cara a papa Francesco), che sta tentando, per la prima volta, di ascoltare tutto il Popolo di Dio in Italia in una forma e modalità “sempre aperta”, che continuamente parte e ritorna tra i vari soggetti, livelli ed istituzioni che compongono la nostra Chiesa.
Come membro del Comitato nazionale e giovane, è stato davvero emozionante e sono grata per aver avuto la possibilità di partecipare in maniera così diretta e approfondita ai lavori sinodali, e aver ricevuto una così bella testimonianza di Chiesa: quanti uomini e donne, giovani, adulti, anziani, laici e consacrati, stanno lavorando con impegno e costanza, stanno sognando e sperando una Chiesa sempre più sinodale e missionaria… la Chiesa del terzo millennio! (Ludovica Montesanto)
Testimonianza/2
Camminare insieme per essere Chiesa aperta
Partecipare a questa assemblea sinodale è stata un’esperienza di Chiesa che ha mostrato il volto di una Chiesa bella, che, come ha invitato papa Francesco, cerca di continuare a camminare, di fare Chiesa insieme, di essere Chiesa aperta. In questi giorni abbiamo sperimentato il continuare a camminare nel non sentirci arrivati, nella consapevolezza di non avere le risposte, nel tendere insieme alla meta, il Regno, partendo dalla contemplazione dei piccoli segni di bene, che ci sono e non fanno rumore.
Abbiamo cercato di fare Chiesa insieme, a partire dalla diversità delle nostre provenienze (dal prete operaio di 87 anni al giovane rappresentante lgbt+, dal disabile al religioso di una comunità che sostiene preti in difficoltà, dall’insegnante di religione al sindacalista), pregando insieme l’unico Signore, mettendoci in ascolto dell’unico Spirito, cercando ciò che ci unisce, consapevoli che – come ha detto Erica Tossani – “tenere aperto il dialogo, continuare a stare seduti allo stesso tavolo attraversando gli inevitabili conflitti che emergono e mettendo in discussione le proprie certezze, senza cedere alla facile scorciatoia di far saltare il banco, è forse la più grande profezia che possiamo essere e portare al nostro tempo: un tempo in cui pare che, dinanzi alle differenze, le uniche opzioni possibili siano l’assimilazione, la divisione o la guerra”.
Abbiamo sentito forte l’appello a essere Chiesa aperta, che condivide “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce” (GS 1) di questo nostro mondo, in un tempo segnato da tanti drammi (guerre, violenze, disastri naturali) che, come ha richiamato il card. Zuppi, è “un tempo di deserto spirituale, che è anche un tempo di sete di Dio, del senso ultimo della vita. E nel deserto c’è bisogno, soprattutto, di persone di fede che, con la loro stessa vita, indicano la via verso la Terra promessa e così tengono desta la speranza. Non dobbiamo lamentarci del deserto… non finiremmo più! Piuttosto, dobbiamo fare nostra le sete di Dio e di speranza”. Una Chiesa aperta chiamata a vivere la missione “nello stile della prossimità” – come ha sottolineato mons. Castellucci – che “vive la logica della profondità più che la logica dell’estensione, la cura della qualità più che la smania della quantità, il desiderio della relazione più che il rigore dell’organizzazione” (Lineamenti, 8).
Torniamo a casa con l’invito del card. Zuppi a mettere al centro i poveri (nella felice coincidenza della Giornata del povero) e a vivere “una sobria ebbrezza”: sobrietà da compiacenza, enfasi, protagonismo, ma anche “non aver paura di essere contenti”, alimentare il desiderio di costruire comunità, di “parlare con tutti perché il Vangelo tocca il cuore di tutti”. (sorella Laura Vedelago)
Testimonianza/3
La bellezza di essere popolo profetico
Nel mondo ideale arrivi a un’Assemblea sinodale con un’approfondita preparazione, fatta di studio dei documenti e di preghiera prolungata. Nel mondo reale, ci sono arrivata trafelata per il sommarsi di impegni lavorativi e familiari. L’obbedienza alla vita aveva privato la mia preparazione dei tempi distesi e della tranquillità d’animo che avrei desiderato dedicarvi, ma, ho riflettuto mentre ero in viaggio verso Roma, questo mi ricordava che la fruttuosità della mia partecipazione non dipendeva solo dal mio impegno. Entrando nella basilica di S. Paolo fuori le mura, mi sono venute in mente le parole dell’apostolo: «[Il Signore] mi ha detto: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza […] Quando sono debole, è allora che sono forte”» (2 Cor 12,9-10). Ho, quindi, affrontato i lavori assembleari con un atteggiamento di sereno e fiducioso affidamento. Il clima di sincera accoglienza reciproca, ascolto rispettoso e collaborazione, instaurato fra i partecipanti al tavolo in cui ero inserita, ha giovato molto al confronto su “Discernimento e formazione per la corresponsabilità e per i ministeri dei laici”. Abbiamo constatato un’ampia convergenza in quanto è emerso in quest’ambito nelle rispettive diocesi, e non è stato difficile convergere su proposte e priorità condivise. Solo al ritorno a casa, però, ho cominciato a rendermi conto della straordinarietà dell’evento che ho vissuto. Non si era mai vista prima un’assemblea sinodale delle Chiese in Italia così vasta (quasi 1.000 persone), in cui tutti gli intervenuti partecipassero ai lavori insieme e con le medesime modalità, mettendo in pratica quanto ricordato da mons. Castellucci: “La profezia sinodale non è appannaggio di singoli, ma caratteristica dell’intero Popolo di Dio”. Ed è l’intero popolo di Dio, tramite gli organismi e le forme partecipative che ogni diocesi vorrà attivare, che sarà invitato a intervenire e a esercitare il “senso di fede” sullo Strumento di lavoro elaborato dall’Assemblea. Stiamo davvero andando nella direzione di una “Chiesa che cammina insieme”, e le Assemblee sinodali sono tappe su questa strada. E’ un grande privilegio e una grazia poterne far parte! (Marialuisa Furlan)
Testimonianza/4
L’importanza della triplice conversione: personale, comunitaria e delle strutture
“Pur partecipando ai momenti previsti nella fase narrativa e sapienziale, ho seguito con una certa fatica il Cammino sinodale della Chiesa italiana, almeno agli inizi. Non avevo molta voglia di mettermi ancora in discussione, dopo l’esperienza vissuta anticipatamente nel cammino sinodale di Treviso (2016 – 2018). Inoltre, non capivo come il livello italiano si intersecasse con il Sinodo dei Vescovi promosso da papa Francesco sulla sinodalità. E, soprattutto, la sensazione, condivisa con tanti altri preti e laici, di “mordere l’aria” e di non arrivare da nessuna parte. La partecipazione all’Assemblea sinodale a Roma mi ha aiutato a capire un po’ di più, ad apprezzare il percorso che 226 diocesi italiane, tutte presenti, stanno cercando di fare insieme, sulla scorta di un’intuizione: rendere più missionaria la Chiesa o renderla Chiesa in uscita, come piace a papa Francesco. La ricchezza dell’insieme aiuta a comprenderne l’urgenza, così come appare nell’insistenza di alcuni richiami e nelle testimonianze di chi ha già intrapreso cammini in uscita. Forse l’appello è rivolto alla persuasione che sia proprio questa la strada da percorrere e alle condizioni per poterlo fare: l’ascolto della Parola del Signore che apra all’ascolto degli altri, il dialogo con mondi che non sono solo l’universo ecclesiale, la sinodalità di ministeri e vocazioni. Soprattutto, il triplice livello di conversione personale, comunitario e strutturale che a me sembra l’intuizione più importante del Cammino sinodale e che è l’unico modo perché l’orizzonte diventi processo”. (don Gerardo Giacometti)
Testimonianza/5
Uno sguardo di fiducia e speranza per il futuro del cammino
“Sono tornato sicuramente affaticato, come tutti noi, dai lavori dell’Assemblea, che aveva ritmi impegnativi, ma molto contento, con uno sguardo di fiducia e speranza, su quanto fatto finora e su quello che di bello sta succedendo nella nostra Chiesa. Sono tre le impressioni che mi sono portato via dall’esperienza a Roma. Anzitutto, la sensazione di essere a uno snodo del cammino della Chiesa: essere lì, nella bellissima basilica di San Paolo fuori le mura, mille delegati da tutte le diocesi italiane, a lavorare insieme, uomini e donne, preti, laici, Vescovi, era di grande impatto emotivo. Per me, che ho seguito fin dall’inizio il percorso, anche come referente regionale triveneto dentro il Comitato nazionale, ha rappresentato una ulteriore, importante tappa, sia per guardare a quanto fatto finora, sia rispetto alla prospettiva futura.
La seconda impressione è relativa allo stile con cui abbiamo lavorato e alla sintonia che ha caratterizzato soprattutto la giornata di sabato. Io avevo il compito di facilitatore in un gruppo che approfondiva la scheda sui giovani: l’obiettivo era recepirla e modificarla, affinché potesse entrare nello strumento di lavoro che sarà consegnato alle diocesi. E’ stato un lavoro molto bello ed efficace, pur tra persone che non si conoscevano; la bellezza, infatti, è stata anche la condivisione che abbiamo fatto, tra membri del gruppo, sulla convinzione non solo di aver vissuto un momento di lavoro utile, ma soprattutto di essere stati favoriti dal clima collaborativo che ci ha animato, e questo lo hanno dichiarato anche altri gruppi. Non penso sia stata solo una questione di “fortuna”, piuttosto, sono convinto che quello stile sia dovuto al fatto che in questi anni le persone sono state coinvolte nel cammino sinodale, ci hanno creduto, sono maturate nella dimensione dell’ascolto, del discernimento e delle decisioni da prendere insieme. Tutto questo, per me, è già un frutto dello Spirito e la maturazione di quello stile sinodale che papa Francesco vede come obiettivo del Sinodo dei Vescovi e del Cammino sinodale della Chiesa italiana.
La terza riflessione sorge in me pensando al percorso delle nostre parrocchie e Collaborazioni pastorali: camminare sinodalmente non è fare delle cose in più, ma farle con stile sinodale, ascoltando veramente quello che la nostra realtà ci dice e lavorando insieme per affrontare quelle questioni, ascoltando insieme ciò che ci suggerisce lo Spirito”. (Andrea Pozzobon)