Le comunità del Seminario stanno accompagnando quattro diaconi all’ordinazione presbiterale. Il vescovo Michele ha ammesso i diaconi don Mattia Agostini da Massanzago, don Matteo Bettiol da Casale, don Riccardo Marchiori da Spinea e don Fabio Toscan da Padernello, al presbiterato. La celebrazione si terrà il 26 giugno con inizio alle ore 16 nel Tempio di San Nicolò. Per significare la dimensione diocesana di questo evento, le ordinazioni solitamente avvenivano in Cattedrale, sede della cattedra del Vescovo, principio di unità nella chiesa locale. Invece, a causa delle restrizioni sanitarie ancora in vigore, anche quest’anno si terranno nella chiesa che è capace di ospitare il numero più elevato di persone.
Preti nel tempo della rinascita
Questi quattro giovani diventano preti nei primi passi di ripresa dopo le chiusure dovute alla pandemia che ha investito il mondo intero. Per noi cristiani gli eventi della storia non sono ciclici come le stagioni. La storia ha conosciuto il suo compimento nella pasqua del Signore e va verso la destinazione finale che è il regno dei cieli. Pertanto se la pandemia ha smascherato la nostra vulnerabilità e le “false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità” (Papa Francesco), non possiamo immaginare che il superamento di questo tempo difficile sia “tornare a come eravamo prima”. Per essere interpretato alla luce dei segni dei tempi, come lo Spirito ci fa intuire, questo tempo sembra debba essere riconosciuto come “rinascita”. Vale più che mai per noi l’invito rivolto da Gesù a Nicodemo: “Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare il regno di Dio” (Gv 1,5).
Quattro nuovi preti chiamati a camminare nel popolo di Dio, vivendo e servendo la chiesa e il mondo in un tempo di rinascita dall’alto. Questa prospettiva è tutt’altro che deprimente. Alcuni potrebbero dire che questi giovani diventano preti quando “le parrocchie sono in crisi”, “i ragazzi e i giovani sono lontani dalla chiesa”, “i preti in diminuzione”, “cresce la complessità del ministero” e molte altre affermazioni da “profeti di sventura”. Questi sono frammenti di verità perché dicono alcuni aspetti. Ma dove è incamminata la storia salvata dal mistero luminoso della pasqua di Gesù? Solo la risposta a questa domanda è in grado di orientare le scelte dei singoli e delle comunità. Se è vero che questo è un tempo di “rinascita”, diventare preti in queste circostanze è motivo di grande speranza.
Generati preti per essere “generativi”
Sembra paradossale, ma questi quattro giovani celibi saranno investiti di un ministero che li renderà generativi. Infatti sono chiamati a realizzare la “paternità sacerdotale”. Lo potranno fare perché hanno compiuto un lungo cammino per scoprire che sono figli amati dal Padre nel Figlio Suo. L’iniziazione cristiana in famiglia e il tempo del Seminario hanno permesso a ciascuno di riconoscersi figlio: fragile, con delle ferite, con errori compiuti, ma figlio custodito dalle mani affidabili del Dio di Gesù Cristo.
Dal giorno dell’ordinazione inizierà per loro, come dovrebbe essere accaduto ad ogni prete, un itinerario nel quale matura giorno dopo giorno la dimensione della paternità. Come per San Giuseppe, anche per il prete la paternità è il prendersi cura delle persone che gli sono affidate. E sarà una cura speciale: trasmettere la vita, quella del Vangelo, che ci rende figli di Dio e membra vive del corpo di Cristo. Padri che accompagnano i ragazzi e i giovani ad ascoltare i desideri e le grandi domande che portano nel cuore; si prendono cura degli anziani, delle coppie che cercano di costruire una famiglia, dei poveri che tendono la mano per essere riscattati dalla loro condizione.
In una società carente di figure paterne, le cui conseguenze più evidenti sono il venir meno dell’appartenenza e della fraternità, quattro nuovi preti-padri sono una “promessa” bella, per la chiesa e per il mondo.
don Giuliano Brugnotto
rettore
(intervento uscito nella “Vita del popolo” del 20 giugno 2021)