San Liberale ci insegna a portare con noi l’essenziale, segno e germe di speranza

“Mi sono trovato spesso a riflettere durante l’anno trascorso sulla vicenda di questi cristiani che, in periodo di crisi acuta e di fronte al pericolo incombente portano con sé, tra le poche cose che avevano potuto salvare, le reliquie di questo cristiano, Liberale, forse morto da non tantissimo tempo”. Ha riflettuto così il vescovo Michele Tomasi sull’arrivo delle spoglie di Liberale da Altino a Treviso durante la celebrazione presieduta in cattedrale per la solennità del patrono della città di Treviso e della diocesi.

Una celebrazione alla quale hanno preso parte numerosi sacerdoti e fedeli laici, in particolare gli adulti dell’Azione cattolica.

Un cammino non lunghissimo, da Altino a Treviso, nel quale probabilmente si mescolavano dolore e speranza, “in questo piccolo esodo che ha spinto quei nostri antichi fratelli e sorelle a mettersi in moto e a portare con sé proprio le reliquie che riposano nella cripta della Cattedrale e che abbiamo portato qui davanti all’altare per la celebrazione della solennità odierna. Desiderare di avere con sé questo compagno di viaggio – ha ricordato il Vescovo – è stata una scelta notevole, per una fuga in cui era di vitale importanza essere leggeri e spediti e che richiedeva di portare con sé l’essenziale”.

La storia non ci ha lasciato tante informazioni provate e certe su Liberale, “ma il fatto che noi ora siamo qui, raccolti attorno all’altare e alle sue reliquie, ci dice tanto sulla lunga devozione che ha portato a riconoscerlo patrono di Treviso, di Castelfranco e di tutta la Diocesi. Ci dice tanto della fede di quei suoi «compagni di viaggio» che si sono assunti il peso delle sue spoglie mortali per portare con sé la gratitudine di una testimonianza di fede, e un legame di comunità che non li lasciasse orfani e soli. Per loro era importante avere con sé i segni che ricordassero loro la sua presenza, la sua vicinanza e la sua protezione. Era importante camminare con lui. Non un martire, non un vescovo, ma un laico, un uomo forte che ha vissuto testimoniando la sua fede, e un cristiano che ha visto in Gesù Cristo la presenza reale di Dio onnipotente nella storia degli uomini”. Ai tempi di Liberale – ha ricordato mons. Tomasi – testimoniare la fede della Chiesa significava riconoscere che quell’uomo Gesù – il cui racconto era stato portato anche in queste terre dai successori degli Apostoli e narrato nei Vangeli e nelle Scritture della Chiesa – era veramente Figlio di Dio.

“Nel momento della difficoltà e della prova estrema questi cristiani hanno mostrato a che cosa essi non volevano rinunciare, e hanno consegnato alla Chiesa nascente di Treviso – ha sottolineato il Vescovo – un fondamento importante, attorno al quale la comunità cristiana di generazione in generazione ha vissuto e trasmesso la fede e ha continuato a radunarsi e a ritrovarsi. Fino ad oggi, fino a noi. I compagni di strada di San Liberale che lo hanno portato sino a noi hanno sentito nella sua vita intera un annuncio e soprattutto un appello al quale hanno saputo rispondere. Sono loro che oggi pongono a noi una domanda: «Chiesa di Treviso, che cosa porti con te, nel momento della crisi, della difficoltà e della prova? Per te, cos’è davvero importante? Qual è la fede a cui non vuoi, a cui non puoi rinunciare?».

“Nella fuga, allora, essi hanno portato con sé queste reliquie: avevano dunque una speranza che giustificava una fatica, e questa speranza era legata alla loro fede nel Dio che si è fatto carico della storia. Hanno creduto contro le evidenze del loro tempo, e noi viviamo ancora oggi della testimonianza della loro fede. E noi? Qual è l’essenziale che ci portiamo con noi? A cosa non è disposta a rinunciare la Chiesa di Cristo che è in Treviso?” si è chiesto il Vescovo, che ha chiesto a San Liberale di “darci questa fede, che sia poi luce per una speranza forte: alimenta in noi la fede che Dio continua a farsi carico della nostra storia in cui Gesù Cristo, il Crocifisso Risorto continua anche oggi a essere presente con noi e per noi, che continua a «sporcarsi le mani», a donarsi senza riserve. Aiutaci a capire che, come San Tommaso, possiamo anche noi toccare la carne del Risorto ogni volta che ci facciamo carico delle piaghe del Crocifisso nel piccolo, nel povero, nel sofferente, nello smarrito, in chi è impaurito e solo. Insegnaci a stare nella nostra vicenda senza fughe, senza recriminazioni, senza egoismi. Senza nostalgie di tempi che furono o illusioni su tempi che saranno”. E pensando alle prove, alle “vie di fuga individuali o di piccolo gruppo” che potrebbero aprirsi, l’invito del Vescovo a essere per ogni uomo e donna che si trovano imprigionati nella paura, “nostri compagni di viaggio, quella voce amica, serena e forte che dice: “Non farti del male, siamo tutti qui”. Siamo qui, tutti e non vogliamo che nessuno venga dimenticato, che nessuno resti indietro”.

Al termine della celebrazione c’è stata la consegna da parte del Vescovo al sindaco di Treviso e presidente Anci del Veneto, Mario Conte, e al prefetto Maria Rosaria Laganà, del progetto diocesano per il fondo di comunità a favore di famiglie e imprese.

“Il nostro tempo chiede di camminare leggeri, di portare con noi l’essenziale. Un «essenziale» che sia segno e germe di speranza. Ripartiamo da qui e portiamo con noi il segno della speranza e della cura, ascoltiamo l’appello che la nostra vicenda ci rivolge: alla solidarietà, alla responsabilità, all’identità vera e profonda delle nostre comunità – ha detto il Vescovo accompagnando la consegna -. Ripartiamo da qui e tessiamo reti di amicizia e di solidarietà per il bene di tutti, perché chi ha bisogno sia accolto ed aiutato e chi può contribuire al bene degli altri lo possa fare con animo lieto. In questo senso abbiamo proposto l’iniziativa “Sta a noi. Per un patto di comunità”, una rete di ascolto e di aiuto nella comunità per la comunità. Per continuare a camminare insieme, in umiltà, amicizia e servizio reciproco, prendendo con noi quello che veramente conta”.