Il tema di quest’anno della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani ha come riferimento la liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù d’Egitto; la proposta viene dalla regione dei Caraibi, che in questo evento rilegge la propria storia e la presenza del Vangelo nella propria terra.
La proposta di preghiera dai popoli caraibici
La regione caraibica, che è oggi una realtà complessa, è profondamente segnata dal progetto disumanizzante di sfruttamento coloniale: fin dall’inizio la prassi di colonizzazione per interessi mercantili portò alla schiavizzazione, alla decimazione e in alcuni casi allo sterminio delle popolazioni indigene della regione. Seguì poi la schiavitù degli Africani e forme di lavoro servili di persone provenienti dall’India e dalla Cina. In ogni fase di questo processo, i colonizzatori tentarono di privare i popoli soggiogati dei loro diritti inalienabili: la loro identità, la dignità umana, la libertà e la loro autodeterminazione. Durante i cinque secoli di colonialismo e di schiavitù, l’attività missionaria dei cristiani nella regione era generalmente collusa con questi sistemi disumanizzanti e molte volte forniva loro giustificazioni razionali e li rafforzava. Nonostante la Bibbia sia stata usata per giustificare l’assoggettamento di un popolo in catene, una volta giunta nelle mani degli schiavi divenne un’ispirazione e una garanzia che Dio era dalla loro parte e che li avrebbe condotti alla libertà. Oggi i cristiani dei Caraibi vedono la mano di Dio nella fine della schiavitù e l’esperienza dell’opera salvifica di Dio che porta la libertà è seme di unità. Per questo la scelta del testo biblico è ricaduta sul cantico di Mosè e di Miriam (Esodo 15, 1-21), canto di trionfo sull’oppressione. Questo stesso tema è stato trasposto in un inno intitolato “The Right Hand of God” (La mano di Dio), scritto durante un workshop della Conferenza delle chiese dei Caraibi nell’agosto del 1981, che è divenuto un “inno” del Movimento ecumenico nella regione, canto di vittoria e di liberazione che li unisce. La mano di Dio che condusse il popolo fuori dalla schiavitù continua a infondere speranza ai cristiani dei Caraibi. Essi non sono vittime delle circostanze. Nel testimoniare questa comune speranza le chiese lavorano insieme nel servizio a tutte le popolazioni della regione, ma particolarmente ai più vulnerabili; come nelle parole dell’inno: “La mano di Dio semina la terra; essa pianta semi di libertà, speranza e amore”.
La comune fatica contro le ingiustizie
Vogliamo, dunque, accogliere la proposta di preghiera che ricorda a tutti i cristiani che la lotta del bene contro il male è una vera battaglia, la liberazione da ogni schiavitù è un dono proveniente da Dio e la chiamata a ritrovare l’unità passa anche attraverso la comune fatica contro le ingiustizie.
Veglia diocesana e preghiere a Loreggia e a Castelfranco. Il primo gesto per coltivare e costruire l’unità è invocarla dalla “mano potente di Dio” nella preghiera condivisa; oltre alla veglia diocesana, presieduta quest’anno dal vicario generale mons. Adriano Cevolotto, che chiuderà la settimana giovedì 25 gennaio alle ore 20.30 in Cattedrale, si svolgeranno come di consueto altri momenti di preghiera in altri luoghi della diocesi: venerdì 19 gennaio alle 20.45 presso la Chiesa ortodossa romena a Loreggia (via dell’Artigianato 8), mercoledì 24 gennaio alle 20 nella chiesa di San Giacomo a Castelfranco. E poiché il cammino per l’unità richiede continuo dialogo e preghiera, sono stati preparati anche schemi di celebrazione utilizzabili nelle parrocchie nel corso di tutta la settimana (testi nel sito del Vaticano e in quello della Cei, ufficio Ecumenismo), mentre dall’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso vengono offerti gli strumenti per proseguire la preghiera nel corso di tutto l’anno.
(a cura dell’Ufficio diocesano ecumenismo)