Abusi e divorziati risposati. “In molte regioni le Chiese sono profondamente colpite dalla crisi degli abusi”, si denuncia nel testo: ”la cultura del clericalismo e le diverse forme di abuso – sessuale, finanziario, spirituale e di potere erodono la credibilità della Chiesa compromettendo l’efficacia della sua missione”. Nel documento, inoltre, si auspicano “passi concreti per andare incontro alle persone che si sentono escluse dalla Chiesa in ragione della loro affettività e sessualità”, come “divorziati risposati, persone in matrimonio poligamico, persone LGBTQ+”. Altro interrogativo da porsi, “come possiamo essere più aperti e accoglienti verso migranti e rifugiati, minoranze etniche e culturali, comunità indigene che da lungo tempo sono parte della Chiesa ma sono spesso ai margini”, in modo da “testimoniare che la loro presenza è un dono”.
Autorità e primato. L’Instrumentum laboris dà ampio risalto al tema del primato petrino e alla necessità di un “ripensamento dei processi decisionali”, all’insegna di una “sana decentralizzazione” all’interno della Chiesa. “La diversità dei carismi senza l’autorità diventa anarchia, così come il rigore dell’autorità senza la ricchezza dei carismi, dei ministeri, delle vocazioni diventa dittatura”, il monito del documento. “Come sono chiamati a evolvere, in una Chiesa sinodale, il ruolo del vescovo di Roma e l’esercizio del primato?”, una delle sfide da affrontare, tenendo presente che “autorità, responsabilità e ruoli di governo – talvolta indicati sinteticamente con il termine inglese leadership – si declinano in una varietà di forme all’interno della Chiesa”. “Atteggiamento di servizio e non di potere o controllo, trasparenza, incoraggiamento e promozione delle persone, competenza e capacità di visione, di discernimento, di inclusione, di collaborazione e di delega”, le caratteristiche di una Chiesa sinodale missionaria, dove centrale risulta “l’attitudine e la disponibilità all’ascolto”. Di qui la necessità di una formazione specifica a tali competenze “per chi occupa posizioni di responsabilità e autorità, oltre che sull’attivazione di procedure di selezione più partecipative, in particolare per i vescovi”.
Laici e donne. “Dare nuovo slancio alla partecipazione peculiare dei laici all’evangelizzazione nei vari ambiti della vita sociale, culturale, economica, politica”. Anche il tema dei “nuovi ministeri” al servizio della Chiesa trova ampio spazio nel testo: l’obiettivo è quello di “una reale ed effettiva corresponsabilità”, coinvolgendo anche quei fedeli che, “per diverse ragioni, sono ai margini della vita della comunità”. In particolare, nell’Instrumentum laboris si dà voce all’istanza di “un maggiore riconoscimento e promozione della dignità battesimale delle donne”, affinché la “pari dignità” possa “trovare una realizzazione sempre più concreta nella vita della Chiesa anche attraverso relazioni di mutualità, reciprocità e complementarità tra uomini e donne”, combattendo “tutte le forme di discriminazione ed esclusione” e garantendo alle donne “posti di responsabilità e di governo”.
Preti sposati e ambiente digitale. “È possibile aprire una riflessione sulla possibilità di rivedere, almeno in alcune aree, la disciplina sull’accesso al Presbiterato di uomini sposati?”, ci si chiede nel testo, in cui a proposito dei candidati al sacerdozio si auspica “una riforma dei curricula di formazione nei seminari e nelle scuole di teologia”. “L’ambiente digitale ormai modella la vita della società”, si afferma nel documento, in cui si auspica un aggiornamento dei linguaggi e dell’accompagnamento in questo ambiente, attraverso percorsi adeguati. “Come incoraggiare il protagonismo dei giovani, corresponsabili della missione della Chiesa in questo spazio?”, l’altra questione alla quale è urgente rispondere. No alle diverse forme di “colonizzazione culturale”, sì invece all’“opzione preferenziale” per i giovani e per le famiglie, “che li riconosca come soggetti e non oggetti della pastorale”. (